Scorie e rifiuti radioattivi, Fareambiente: «Assente una campagna di informazione»
La nota del coordinatore regionale Benedetto Miscioscia
giovedì 7 gennaio 2021
Sarà stato per caso la coincidenza dell'avvio nel mese di ottobre del procedimento di infrazione dell'UE nei confronti dell'Italia per la mancata realizzazione di un deposito nazionale per lo stoccaggio delle scorie e rifiuti radioattivi per la maggior parte provenienti da usi civili e sanitari, a spingere i Ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico a dare il via libera alla SOGIN (Società statale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi), in occasione della festa della Befana, a portarci in regalo, con il nuovo anno, la pubblicazione della Cnapi ovvero la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale delle scorie e rifiuti radioattivi?
Una mossa che ha destato sorpresa, tenuto conto che tale Carta pare sia rimasta incomprensibilmente chiusa nei cassetti dei Ministeri dall'anno 2015. Insomma 5 anni per tirarla fuori, tutta d'un tratto, senza preventive discussioni e soprattutto senza interlocuzione con i territori interessati, generando le immaginabili e legittime contrarietà. Una pubblicazione stante la modalità e i tempi con la quale si è concretizzata, che ci induce a sollevare legittimi sospetti sulla reale volontà di realizzare di tale deposito. La questione non è di poco conto se si considera che l'Italia è rimasta ultima in Europa, colpevolmente in ritardo rispetto alla Direttiva EURATOM 2011/70 e rischia anche di pagarne le conseguenze con pesanti sanzioni economiche. Insomma, oltre al danno anche la beffa delle sanzioni tanto per non farci mancare niente.
La questione merita certamente una attenta riflessione per comprendere se vi sono certezze sulla piena rispondenza delle aree individuate nella Carta Nazionale dal punto di vista geomorfologico oltre che dei requisiti tecnici oggettivi richiesti e fissati dalla Guida tecnica emanata dall'ISPRA, il cui controllo è affidato all'ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione). Al riguardo, Fareambiente Puglia in sintonia con la Presidenza Nazionale, evidenzia che l'improvvisa pubblicazione della Carta dopo 5 anni, senza una legittima preventiva quanto doverosa campagna di informazione e coinvolgimento delle comunità interessate è irricevibile. Per tale ragione, si chiede al Governo di ritirare la proposta anche alla luce delle perplessità sollevate dal Ministro della salute Speranza per le aree individuate in Basilicata.
La domanda allora è legittima: se per il ministro Speranza sono da escludersi dal Piano le aree della Basilicata in quanto ubicate in zona sismica 2, perché la stessa cosa non dovrebbe valere per le altre regioni compresa la Puglia con i siti individuati in due comuni a confine con la Regione Basilicata e per giunta con i territori ricadenti in parte nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia? La questione è di metodo e anche in questo caso andrebbe chiarito il ruolo in capo alla SOGIN in questo procedimento, soprattutto perché parliamo di una società pubblica emanazione dello Stato. Non si comprendono le ragioni per le quali non siano state programmate mirate campagne di informazione e di coinvolgimento della popolazione, partendo appunto dalla natura geomorfologica dei territori individuati, per sviluppare quella necessaria cultura energetico/ambientale sul processo che generano tali scorie fino allo stoccaggio in sicurezza, facendo chiarezza anche sulle modalità seguite attualmente per lo stoccaggio e la custodia di tali rifiuti.
Fareambiente, così come annunciato a livello nazionale, si attiverà affinchè anche attraverso interpelli parlamentari, venga fatta chiarezza circa la modalità con la quale è stata elaborata la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e se sono state avviate preventive specifiche campagne di coinvolgimento delle comunità dei territori interessati, per una corretta ed adeguata informazione in materia di produzione e stoccaggio in sicurezza dei rifiuti radioattivi rinvenienti principalmente dalle attività civili e sanitarie.
Fareambiente è, e rimane, per l'eco sostenibilità ambientale ma con l'obiettivo di voler contribuire a promuovere idonee campagne informative adeguate per ricercare le migliori soluzioni tecniche e scientifiche idonee per la risoluzione di un annoso e gravoso problema, seguendo, però, un percorso democraticamente condiviso.
Una mossa che ha destato sorpresa, tenuto conto che tale Carta pare sia rimasta incomprensibilmente chiusa nei cassetti dei Ministeri dall'anno 2015. Insomma 5 anni per tirarla fuori, tutta d'un tratto, senza preventive discussioni e soprattutto senza interlocuzione con i territori interessati, generando le immaginabili e legittime contrarietà. Una pubblicazione stante la modalità e i tempi con la quale si è concretizzata, che ci induce a sollevare legittimi sospetti sulla reale volontà di realizzare di tale deposito. La questione non è di poco conto se si considera che l'Italia è rimasta ultima in Europa, colpevolmente in ritardo rispetto alla Direttiva EURATOM 2011/70 e rischia anche di pagarne le conseguenze con pesanti sanzioni economiche. Insomma, oltre al danno anche la beffa delle sanzioni tanto per non farci mancare niente.
La questione merita certamente una attenta riflessione per comprendere se vi sono certezze sulla piena rispondenza delle aree individuate nella Carta Nazionale dal punto di vista geomorfologico oltre che dei requisiti tecnici oggettivi richiesti e fissati dalla Guida tecnica emanata dall'ISPRA, il cui controllo è affidato all'ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione). Al riguardo, Fareambiente Puglia in sintonia con la Presidenza Nazionale, evidenzia che l'improvvisa pubblicazione della Carta dopo 5 anni, senza una legittima preventiva quanto doverosa campagna di informazione e coinvolgimento delle comunità interessate è irricevibile. Per tale ragione, si chiede al Governo di ritirare la proposta anche alla luce delle perplessità sollevate dal Ministro della salute Speranza per le aree individuate in Basilicata.
La domanda allora è legittima: se per il ministro Speranza sono da escludersi dal Piano le aree della Basilicata in quanto ubicate in zona sismica 2, perché la stessa cosa non dovrebbe valere per le altre regioni compresa la Puglia con i siti individuati in due comuni a confine con la Regione Basilicata e per giunta con i territori ricadenti in parte nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia? La questione è di metodo e anche in questo caso andrebbe chiarito il ruolo in capo alla SOGIN in questo procedimento, soprattutto perché parliamo di una società pubblica emanazione dello Stato. Non si comprendono le ragioni per le quali non siano state programmate mirate campagne di informazione e di coinvolgimento della popolazione, partendo appunto dalla natura geomorfologica dei territori individuati, per sviluppare quella necessaria cultura energetico/ambientale sul processo che generano tali scorie fino allo stoccaggio in sicurezza, facendo chiarezza anche sulle modalità seguite attualmente per lo stoccaggio e la custodia di tali rifiuti.
Fareambiente, così come annunciato a livello nazionale, si attiverà affinchè anche attraverso interpelli parlamentari, venga fatta chiarezza circa la modalità con la quale è stata elaborata la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e se sono state avviate preventive specifiche campagne di coinvolgimento delle comunità dei territori interessati, per una corretta ed adeguata informazione in materia di produzione e stoccaggio in sicurezza dei rifiuti radioattivi rinvenienti principalmente dalle attività civili e sanitarie.
Fareambiente è, e rimane, per l'eco sostenibilità ambientale ma con l'obiettivo di voler contribuire a promuovere idonee campagne informative adeguate per ricercare le migliori soluzioni tecniche e scientifiche idonee per la risoluzione di un annoso e gravoso problema, seguendo, però, un percorso democraticamente condiviso.