"Sconcertante lungaggine giudiziaria" per la morte dell'operaio andriese Antonio Carpini

L'uomo, il 3 marzo 2012 cadde dall'impalcatura mentre lavorava alla realizzazione del termovalorizzatore di Torino

giovedì 22 marzo 2018
"Non ci spiegano il perché di questa lungaggine giudiziaria". E' il civile ma amaro sfogo di Fabio Carpini, fratello di Antonio, operaio capo-squadra andriese deceduto il 3 marzo 2012 mentre stava lavorando alla realizzazione del termovalorizzatore di Torino. Cadde nel vuoto, senza imbracatura, secondo quanto ricostruito, per un'erronea manovra del gruista (dipendente di un'impresa diversa da quella per cui lavorava l'operaio andriese) che avrebbe mal interpretato un'indicazione di Carpini.

Che non fu l'unica vittima di quegli imponenti lavori che interessarono più imprese. Pochi giorni dopo, il 31 marzo dello stesso anno, un altro operaio cadde nel vuoto morendo sul colpo. Si chiamava Cosimo Di Muro, canosino e cadde da quaranta metri d'altezza mentre era impegnato nella realizzazione di un collegamento pedonale. L'incidente si verificò a causa dell'improvviso distacco di una piattaforma dal muro. I due incidenti furono oggetto di un'unica indagine da parte della Procura della Repubblica di Torino, che ha impiegato cinque anni per chiuderla, notificando l'avviso di chiusura inchiesta lo scorso Luglio contestando, a vario titolo, i reati di omicidio colposo, inosservanza di prescrizioni in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro e lesioni personali.

L'incidente in cui rimase coinvolto De Muro provocò, infatti, anche il ferimento di due colleghi. "Sino alla scorsa settimana, a cui risale la nostra ultima richiesta – continua Fabio Carpini – la Procura di Torino non aveva chiesto il processo per nessuno; nonostante siano trascorsi altri 8 mesi dalla chiusura dell'inchiesta. Ci chiediamo il perché della sconcertante lunghezza del procedimento penale; ancora una volta non abbiamo avuto risposte", chiosa Carpini.