Referendum, Cgil Bat: tante buone ragioni per dire “#iovotoNO”
«Più che una riforma uno spot pubblicitario». Deleonardis torna sulla sede negata al sindacato
lunedì 28 novembre 2016
11.09
Una tavola rotonda per arrivare informati all'appuntamento con le urne del prossimo 4 dicembre e dire consapevolmente "no" all'approvazione della riforma costituzionale sulla quale sono chiamati ad esprimersi i cittadini italiani. Non una ma tante buone ragioni a sostegno di questa tesi portate all'attenzione dei presenti nell'incontro, "#iovotoNo per difendere Costituzione, democrazia, lavoro e regionalismo", promosso dalla Cgil di Barletta – Andria – Trani, al quale hanno partecipato il prof. Ugo Villani, docente di Diritto internazionale all'Università "A. Moro" di Bari, l'on Enzo Lavarra, già europarlamentare Pse, Carmine Doronzo per il direttivo Anpi Bat e Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia.
Ad introdurre i lavori della tavola rotonda il segretario generale della Cgil Bat, Giuseppe Deleonardis, il quale ha dato il via alla discussione elencando le ragioni della Cgil per le quali votare no al referendum, tra le altre per esempio il fatto che «il Parlamento pensato nella riforma non svolgerà più il suo ruolo, ma a decidere tempi e modi delle leggi sarà il Governo mettendo a rischio la democrazia che è sancita nel primo articolo della nostra Costituzione nel quale di dice che l'Italia è una Repubblica Parlamentare. Con la riforma, invece, aumenteranno i poteri del presidente del Consiglio». Non solo, inevitabile nelle parole di Deleonardis anche un accenno all'episodio increscioso accaduto alla vigilia della tavola rotonda, «il fatto che il presidente del Future Center non ci abbia concesso la sede – ha detto Deleonardis – è una cosa sconcertante, specchio dei tempi che stiamo vivendo, che non possiamo accettare per questo penseremo seriamente alla nostra presenza ancora in futuro in questa associazione».
Per il prof. Ugo Villani «la riforma promette tante cose belle che nel merito poi non ci sono. Innanzitutto, non condivido la riforma del sistema bicamerale perché la configurazione del Senato non corrisponde a ciò che pure si dice e cioè un Senato che sia manifestazione delle autonomia locali in quanto sarà composto da un sindaco per Regione e da consiglieri regionali dunque non penso che ciascuna Regione abbia una voce unitaria nel Senato oltre al fatto che è grave l'eliminazione del voto diretto, infatti non saremo noi ad eleggere i senatori, questa è l'unica certezza. Ciò che più mi preoccupa è la cosiddetta 'clausola di supremazia' in virtù della quale lo Stato può intervenire in tutte le materie di competenza regionale ogni volta che c'è un interesse nazionale».
«Attribuire alla Costituzione italiana la lentezza decisionale e dunque il rallentamento nella risoluzione dei problemi è una menzogna», chiarisce l'on. Enzo Lavarra. «La riforma così come è stata pensata si presenta come un testo farraginoso ed inconcludente che ci tiene tutti impegnati da un anno quando invece si poteva impiegare questo tempo che affrontare molti altri problemi del Paese. Bastava una legge ordinaria per dimezzare le indennità parlamentari e invece no, si pensa ad una riforma che in realtà accentra tutto nelle mani del capo del Governo».
Dello stesso parere anche Carmine Doronzo per il quale «il rischio reale è che se dovesse vincere il sì, insieme alla legge elettorale, il risultato sarà solo ed esclusivamente un accentramento del potere nelle mani del capo del Governo, un vulnus al sistema democratico di rappresentanza. L'Anpi non interviene mai a gamba tesa nel dibattito politico ma in una situazione come questa la nostra associazione non ha potuto rimanere in silenzio ma è scesa in campo per la difesa della Costituzione da ogni stravolgimento che rimetta in discussione i principi ed i valori».
«Siamo convinti – conclude il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo – che bisogna votare no perché è una riforma assolutamente sbagliata che non dà risposte ai problemi reali che in effetti ci sono. Non ci soddisfa affatto, un motivo si tutti: è una riforma che riduce di molto gli spazi di partecipazione, i cittadini non potranno più far scelte che attengono ai territori per esempio in ambito sanitario, turistico, energetico. E poi i tagli ai costi della politica si possono fare in tanti modi, questa riforma non fa tagli veri in quanto si paventano 500 mln di risparmi ma se fanno solo 50 perché si risparmia solo sui costi dei senatori che non saranno più rieletti ma l'apparato rimane invariato. Si mortifica solo il ruolo di una Camera che è quella del Senato».
Ad introdurre i lavori della tavola rotonda il segretario generale della Cgil Bat, Giuseppe Deleonardis, il quale ha dato il via alla discussione elencando le ragioni della Cgil per le quali votare no al referendum, tra le altre per esempio il fatto che «il Parlamento pensato nella riforma non svolgerà più il suo ruolo, ma a decidere tempi e modi delle leggi sarà il Governo mettendo a rischio la democrazia che è sancita nel primo articolo della nostra Costituzione nel quale di dice che l'Italia è una Repubblica Parlamentare. Con la riforma, invece, aumenteranno i poteri del presidente del Consiglio». Non solo, inevitabile nelle parole di Deleonardis anche un accenno all'episodio increscioso accaduto alla vigilia della tavola rotonda, «il fatto che il presidente del Future Center non ci abbia concesso la sede – ha detto Deleonardis – è una cosa sconcertante, specchio dei tempi che stiamo vivendo, che non possiamo accettare per questo penseremo seriamente alla nostra presenza ancora in futuro in questa associazione».
Per il prof. Ugo Villani «la riforma promette tante cose belle che nel merito poi non ci sono. Innanzitutto, non condivido la riforma del sistema bicamerale perché la configurazione del Senato non corrisponde a ciò che pure si dice e cioè un Senato che sia manifestazione delle autonomia locali in quanto sarà composto da un sindaco per Regione e da consiglieri regionali dunque non penso che ciascuna Regione abbia una voce unitaria nel Senato oltre al fatto che è grave l'eliminazione del voto diretto, infatti non saremo noi ad eleggere i senatori, questa è l'unica certezza. Ciò che più mi preoccupa è la cosiddetta 'clausola di supremazia' in virtù della quale lo Stato può intervenire in tutte le materie di competenza regionale ogni volta che c'è un interesse nazionale».
«Attribuire alla Costituzione italiana la lentezza decisionale e dunque il rallentamento nella risoluzione dei problemi è una menzogna», chiarisce l'on. Enzo Lavarra. «La riforma così come è stata pensata si presenta come un testo farraginoso ed inconcludente che ci tiene tutti impegnati da un anno quando invece si poteva impiegare questo tempo che affrontare molti altri problemi del Paese. Bastava una legge ordinaria per dimezzare le indennità parlamentari e invece no, si pensa ad una riforma che in realtà accentra tutto nelle mani del capo del Governo».
Dello stesso parere anche Carmine Doronzo per il quale «il rischio reale è che se dovesse vincere il sì, insieme alla legge elettorale, il risultato sarà solo ed esclusivamente un accentramento del potere nelle mani del capo del Governo, un vulnus al sistema democratico di rappresentanza. L'Anpi non interviene mai a gamba tesa nel dibattito politico ma in una situazione come questa la nostra associazione non ha potuto rimanere in silenzio ma è scesa in campo per la difesa della Costituzione da ogni stravolgimento che rimetta in discussione i principi ed i valori».
«Siamo convinti – conclude il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo – che bisogna votare no perché è una riforma assolutamente sbagliata che non dà risposte ai problemi reali che in effetti ci sono. Non ci soddisfa affatto, un motivo si tutti: è una riforma che riduce di molto gli spazi di partecipazione, i cittadini non potranno più far scelte che attengono ai territori per esempio in ambito sanitario, turistico, energetico. E poi i tagli ai costi della politica si possono fare in tanti modi, questa riforma non fa tagli veri in quanto si paventano 500 mln di risparmi ma se fanno solo 50 perché si risparmia solo sui costi dei senatori che non saranno più rieletti ma l'apparato rimane invariato. Si mortifica solo il ruolo di una Camera che è quella del Senato».