​Omosessualità e cattolicesimo: due mondi compatibili?

Lettera aperta alla Diocesi di Michele Antolini e di Marcello Filograsso, membri dell’Arcigay Bat. Il testo integrale

martedì 6 agosto 2013 10.52
«Egregie Eccellenze ed egregi parroci, catechisti ed educatori operanti sul territorio della provincia di Barletta – Andria – Trani, l'occasione di questa lettera nasce alla luce delle parole di papa Francesco in occasione della conferenza stampa di chiusura della Giornata Mondiale della Gioventù: "Chi sono io per giudicare un gay?". I predecessori di Francesco forse non hanno avuto la fortuna di divulgare davanti alle televisioni e ai giornali di tutto il mondo questo pensiero, ma pensiamo agli effetti benefici che quella frase potrebbe avere su quei genitori che non riescono ad accettare i propri figli all'indomani del loro coming out. Il fenomeno non ha l'eco mediatica che meriterebbe, ma sono davvero tanti i ragazzi vittime di ostilità e nel peggiore dei casi maltrattati e cacciati di casa per via del loro orientamento sessuale.

Naturalmente, la violenza psicologica e fisica nei confronti della comunità lgbtqi è molto più presente al di fuori del nucleo familiare di appartenenza. L'omofobia non ha mai smesso di mietere vittime sul territorio nazionale. Allo stato attuale non esiste una legge capace di tutelare tale minoranza socio-culturale, diversamente da quanto accade per le minoranze religiose, etniche e linguistiche, tutelate invece dalla legge Reale-Mancino. Il ddl contro l'omofobia non più discusso questo mese nella sua stesura originaria prevedeva l'estensione di tale legge anche ai reati di stampo omofobo, ovvero con l'applicazione dell'art.3 sarebbe scattata un'aggravante. In parole povere, chi si fosse trovato ad aggredire un omosessuale avrebbe dovuto effettuare i lavori socialmente utili previsti per chi malmena un ebreo, un Testimone di Geova, un senegalese, un sardofono (ovvero chi parla il sardo). Oltre al carcere, si intende. Per ragioni prettamente di natura politica questa proposta di estensione è stata cassata, ma dal momento che il ddl verrà ridiscusso e approvato (?) ad agosto o settembre è ancora tutto in alto mare.

Per fermare questa scia di sangue basterebbe poco, ma sorprendentemente in un Paese civile come l'Italia si registra una contrarietà all'approvazione di questa legge, per diversi motivi. Ci sono onorevoli dichiaratamente cattolici che terrorizzano il proprio elettorato di riferimento paventando il rischio di un reato di opinione nel caso in cui questa legge venisse approvata. Ci sono politici che dichiarano il timore di finire in carcere qualora dovessero dire "Sono contrario ai matrimoni gay". In realtà non c'è nulla di più falso: l'omofobia non consiste nel pronunciarsi contrari ai matrimoni e alle adozioni gay. Questa casistica rientra nella semplice libertà di espressione.

Ci accusano del fatto che questa legge ci porterà piano piano alle adozioni gay. Ci sentiamo di respingere anche questa accusa. Questa è una battaglia per i diritti umani, non una strategia politica. Qualora dovessimo agire così saremmo degli sciacalli. E Arcigay non fa battaglie sulla pelle di chi si trova a quest'ora su un letto d'ospedale. Non neghiamo che raramente si sia costruito un dialogo con le istituzioni ecclesiastiche, ma è giunto il momento di gettare un ponte anche con chi la pensa diversamente da noi, di confrontarci su un tema sul quale occorreva fare chiarezza. In quanto rappresentanti della Chiesa cattolica sulla nostra provincia, vi chiediamo di vigilare su eventuali comportamenti che ledano la dignità dell'individuo.

Crediamo inoltre che un dialogo con la Chiesa sia doveroso, in quanto tutti noi non viviamo in una immaginaria "Città dei Gay" e ci confrontiamo nella vita di tutti i giorni anche con i cattolici e gli uomini di Chiesa che abbiamo modo di frequentare per amicizia. Ebbene, da alcune di queste interrelazioni emerge spesso la contrarietà ai matrimoni gay in quanto i fedeli non vorrebbero mai che due omosessuali si potessero sposare in parrocchia. In compenso, emerge un favore pressoché unanime a eventuali matrimoni gay celebrati in Comune e alle unioni civili. Cogliamo l'occasione per chiarire: Arcigay non chiede la concessione di un sacramento per le coppie dello stesso sesso, bensì il riconoscimento del matrimonio civile in uno Stato laico.

Sarebbe davvero bello avere delle occasioni di confronto con le istituzioni della Chiesa, da cui abbiamo potuto trarre i natali. Molti non lo sanno, ma la nostra associazione è stata fondata nel 1980 da don Marco Bisceglia allo scopo di tutelare i diritti della comunità. Quel che ci preme dire è che Arcigay non combatte la Chiesa perché contraria ai matrimoni gay, né mai le dichiarerà guerra. Arcigay combatte la discriminazione e l'odio nei confronti della comunità lgbtqi, vuole diffondere una cultura della conoscenza e della pace. La guerra si fa all'ignoranza, non alle persone».