Officina S. Domenico: da oltre sei secoli luogo di cultura e innovazione al servizio della comunità
L'ing. Riccardo Ruotolo, illustra il bando "Luoghi Comuni" in programma questa mattina in occasione dell' open day
lunedì 29 giugno 2020
17.29
E' in programma questa mattina, lunedì 29 giugno 2020, dalle ore 10.00 alle ore 12.00, l'open day dedicato all'illustrazione dell'avviso pubblico regionale "Luoghi Comuni" e alla presentazione della struttura dell'Officina San Domenico.
Ecco un prezioso contributo dell' ing. Riccardo Ruotolo, storico locale che ringraziamo vivamente, che illustra la vocazione del luogo "Officina San Domenico", corredato da una originale documentazione fotografica storica.
________
Quando dieci anni or sono la Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune di Andria ing. Santola Quacquarelli mi diede l'incarico di Collaudatore delle opere di riqualificazione dell'Officina a San Domenico, fui particolarmente contento perché avrei potuto continuare ad approfondire i miei studi sul luogo, iniziati quando nella seconda metà degli anni Settanta ero Direttore tecnico dell'Impresa edile Calvi Antonio che effettuò il radicale restauro del Campanile di San Domenico.
E' questo dell'Officina un luogo molto caro agli andriesi, ricco di storia e di innovazioni in cui si è condensata nei secoli la cultura, la politica, il desiderio di libertà, la scienza, la scuola, il teatro e tante altre iniziative, tutte al servizio della Comunità.
Era il 1398 quando Donna Sveva Orsini, vedova di Francesco I del Balzo, Duca di Andria, mise a disposizione della nostra città una grande proprietà del ducato, ubicata nel centro storico della città, perché fossero su di essa costruiti una Chiesa ed un Monastero per i Frati Predicatori di San Domenico di Gusman. Il Papa Bonifacio IX di buon grado approvò il desiderio di Donna Sveva Orsini e diede il suo benestare per "la fondazione e costruzione di un luogo per uso ed abitazione dei Frati Domenicani, con la Chiesa, il campanile, la campana, il cimitero, il chiostro, il dormitorio, il refettorio, le case e le Officine necessarie" come si legge nel Documento Pontificio del 25 marzo 1398, riportato dallo storico andriese Mons. Emanuele Merra nella sua pregevole opera "Monografie Andriesi" – vol. II dell'anno 1906. Il toponimo "Officina" compare già nel 1398.
Alla fine del Trecento ebbe inizio la costruzione della Chiesa di San Domenico e del Monastero, proprio in questo luogo dove ora sorge quella che noi andriesi chiamiamo "Officina a San Domenico" riprendendo il toponimo antico.
Il Duca Francesco II del Balzo, uomo molto pio, nativo di Andria, nella metà del Quattrocento, al completamento dell'intera opera, si adoperò per arricchire il Monastero dotandolo di molti beni, tanto che gli stessi Frati Domenicani lo chiamarono fondatore e così scrissero sulla sua cassa funebre "Hic jacet corpus Serenissimi Ducis Domini Francisci de Baucio fundatoris huius Conventus m. 1482 aet. 72".
I Frati Domenicani, discepoli di colui che fu definito da Dante nell'undicesimo canto del Paradiso "per sapienza in terra fue di cherubica luce uno splendore", fecero del Monastero il centro culturale domenicano più importante della Puglia, capace di gareggiare "in sapienza" con gli analoghi studi dei Francescani, degli Agostiniani e dei Cassinesi: il fulcro della loro attività di studio era il Chiostro, e il Monastero di San Domenico ne aveva due (nella foto planimetrica -1-, le strutture del Monastero con i due Chiostri e della Chiesa di San Domenico sono evidenziate in rosso e sovrapposte alla planimetria della città).
Nel Monastero fu fondato "lo studio della Provincia di San Tommaso di Puglia" è in esso si tennero corsi di filosofia e di teologia, e nei Chiostri si studiavano anche le scienze; molti erano i Frati Domenicani formatisi nel Monastero di Andria che giravano per tutta la Puglia perché le loro prediche erano molto apprezzate e richieste.
L'attuale campanile della Chiesa, invece, fu costruito nel periodo 1765 – 1769.
Nel Chiostro grande, dove si svolgevano abitualmente gli incontri dei Frati per disquisire di filosofia e teologia, nel maggio 1799 fu convocato il "pubblico e generale Parlamento" della città di Andria che, dopo oltre 300 anni, sull'onda della rivoluzione giacobina, elesse democraticamente sia il Sindaco della città nella persona di Ferdinando Spagnoletti, sia i pubblici ufficiali e i magistrati civici; nello stesso Chiostro, il 29 giugno dell'anno 1800 si radunò un'altra volta il Parlamento, composto da ben 677 capi famiglia, per eleggere il nuovo Sindaco nella persona di Francesco Barletta.
Il Chiostro grande divenne la "Sala Consiliare della città", il parlamento cittadino.
Grande era la biblioteca del Monastero e conteneva tutte le opere di pregevole fattura di "San Tommaso d'Aquino, di S. Agostino e degli altri Padri e Dottori della Chiesa" come riferisce Mons. Emanuele Merra.
A partire dal 1809, quando Gioacchino Murat soppresse tutti gli ordini religiosi, la grande biblioteca come pure tutto il Monastero furono depredati, tanto che, come riferisce il Merra, i fogli dei libri vennero usati dai salumai per incartare la merce.
Per tutto l'Ottocento il Monastero a poco a poco andò in decadenza e rovina per mancanza di manutenzione e per l'uso improprio dei suoi locali; riferisce il Merra che "in un'orrida notte del 1891, un'acqua torrenziale prima, ed una forte nevicata di poi, ridussero il Monastero in un mucchio lagrimevole di macerie!"
*
Trascorsero pochi anni dopo quel funesto 1891 e questo luogo tornò a vivere, fornendo alla città di Andria un servizio di grandissima utilità e innovazione, al servizio dell'intera cittadinanza.
Un cittadino andriese, giovane ingegnere, progettò per Andria una "Officina elettrica", vinse la gara e costruì proprio in questo luogo l'intera Officina "elegantissima nella semplicità e nella correttezza delle linee", completa di tre settori: nel primo furono alloggiati i due trasformatori del gas, marca Dowson, ciascuno di 200 cavalli; il gas a mezzo di un condotto sotterraneo arrivava a tre motori; i motori a gas, di marca Korting, occupavano il secondo settore costituito da un grande salone, proprio quello in cui il 29 giugno 2020 si terrà l'open day per illustrare il bando "Luoghi Comuni" cui questa struttura intende partecipare; agli alberi di ciascun motore era accoppiata una dinamo a 8 poli, capace di rendere 190 amperes a 250 volts; nella terza parte era collocata una batteria di 134 elementi, del tipo Tudor, disposti in quattro file. Un vero e proprio gioiello tecnologico (la foto -2- è il disegno originale, allegato al contratto, della dinamo installata nell'Officina).
L'ingegnere Labroca progettò anche tutta la rete elettrica cittadina, disegnò i pali con le lampade ed anche le mensole (la foto -3- è l'originale dei disegni, come allegato al contratto di appalto). Tutto questo fu realizzato dal giovane ingegnere in soli sedici mesi: altri tempi!
Alla presenza del vescovo di Andria Mons. Galdi, della madrina Angelina Marchio-Ceci moglie del Sindaco, del giovane Sindaco Pasquale Marchio con tutti i Consiglieri, del dotto Mons. Emanuele Merra che tenne il discorso commemorativo, di tutti gli operai ed una folla numerosa di cittadini, la sera del 18 luglio 1897 la città di Andria fu illuminata per la prima volta dalla corrente elettrica.
Dal discorso che fece l'ing. Nicola Labroca, cito questo passo significativo: "Non avendo altra ricchezza che il lavoro, non potevo che col lavoro esprimere i miei sentimenti. Ora la mia opera è compiuta, ed ho l'orgoglio di poter affermare che quella stessa serietà di propositi, quella stessa lealtà, quella stessa onestà d'intendimenti che mi animarono nel presentare la mia proposta, mi hanno sempre animato nella esecuzione e nel compimenti dell'opera. Quest'opera deve segnare per la nostra città l'inizio di un'era nuova di miglioramento materiale e morale, io per il primo dico che essa non è tutto, e poiché abbiamo già la luce, ripeterò anch'io le sole ultime parole di Goethe: Più luce"
Mons. Emanuele Merra così concluse il suo discorso commemorativo: "Ricordando la benedizione di quel Dio, che nel principio dei tempi affacciandosi sul caos disse: Si faccia la luce, e la luce fu, io dico Fiat lux et facta est lux"
La grande innovazione generata da questo luogo fu fonte di grande sviluppo per la città di Andria e di sincera gratitudine verso gli amministratori che la vollero.
*
Quando nella terza decade del Novecento la città aveva quasi raddoppiato le sue attività agricole e commerciali e l'abitato era enormemente cresciuto, l'energia elettrica che l'Officina poteva produrre divenne del tutto insufficiente. A livello nazionale si erano già progettate le linee di trasporto dell'energia e le singole centrali ubicate in città furono destinate a scomparire.
Anche la nostra officina elettrica fu abbandonata e poi smantellata.
Il luogo però, continuò ad essere utilizzato dall'amministrazione comunale come "luogo di cultura al servizio del popolo": l'intera Officina fu trasformata in scuola elementare, e tale rimase fin dopo la seconda guerra mondiale (le foto -4 e 5- ritraggono il prospetto dell'Officina trasformata in scuola elementare; la foto -6- ritrae una pagella scolastica rilasciata dalla scuola il cui indirizzo era Piazza Pincerna) .
Il destino di questo luogo, come "luogo di cultura e innovazione", fu segnato indelebilmente a partire dal 1398.
Dopo la guerra, con il piano di ricostruzione che permeò tutta l'Italia, si costruirono nuove scuole, con criteri più moderni e più confacenti alle esigenze scolastiche, per cui furono abbandonati i luoghi che erano stati riattati ad essere scuole; anche la scuola ubicata nell'ex "Officina a San Domenico" fu smantellata ed il luogo fu per lungo tempo nuovamente abbandonato.
Negli anni sessanta, il Comune concesse l'uso dell'ex officina alla Parrocchia di San Domenico che la trasformò in centro ricreativo e culturale nello stesso tempo, perché realizzò nella grande sala in fondo alla struttura, un teatro.
E' rimasta ancor oggi nella mente dei parrocchiani le grandi rappresentazioni teatrali della settimana santa che su tenevano nel teatro dell'Officina. E il teatro non era frequentato solo dai parrocchiani perché alle rappresentazioni di tutta la storia del martirio di Cristo assistevano tutti i cittadini andriesi tanto che, come riferisce la gente del posto, in alcuni anni era necessario prenotarsi (foto -8- una scena della Passione di Cristo rappresentata nel teatro dell'Officina). L'Officina era rinata come luogo di cultura.
Poi, a seguito dello spopolamento del centro storico, la parrocchia di San Domenico fu abolita e i locali dell'Officina furono nuovamente abbandonati e rimasero tali fino a tutto il primo decennio di questo ventunesimo secolo.
Il Comune di Andria, in linea con i principi statutari e programmatici, ha fermamente voluto nell'anno 2006 il recupero dell'ex Officina e a tale scopo ha presentato una sua proposta progettuale, attingendo al cofinanziamento della Regione Puglia nell'ambito dei fondi europei per l'attuazione del piano "Bollenti Spiriti", il tutto volto alla "rivitalizzazione economica e sociale urbana con particolare riferimento alle politiche in favore della popolazione giovanile", come si è espressa in una deliberazione l'ingegnere Santola Quacquarelli, Dirigente del Settore Lavori pubblici.
La Regione Puglia accolse la proposta presentata dal Comune e cofinanziò l'opera.
Ottenute le necessarie autorizzazioni, l'ing. Quacquarelli con determina del 22 aprile 2009 aggiudicò i lavori e nel marzo 2013 fu inaugurata la nuova funzione assunta dall'ex Officina, tirata fuori dal degrado in cui era caduta per l'ennesima volta e per l'ennesima volta rifatta e messa al servizio della comunità (foto -9 e 10- inaugurazione del 2013).
Il compianto professore e giornalista Michele Palumbo così scriveva sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 20 marzo 2013: "L'Officina ora diviene un luogo che ospiterà la fantasia, la creatività, l'impegno dei giovani andriesi. Questo è uno spazio per l'aggregazione, per la realizzazione delle idee, per la produzione della cultura".
Con la ristrutturazione dell'ex Officina elettrica è stato possibile realizzare i seguenti spazi: un laboratorio informatico linguistico, un laboratorio polifunzionale arti figurative, un laboratorio musicale e teatrale, una sala incisione. Una sala mixer e regia, un centro di ascolto e una grande sala polifunzionale idonea per incontri e spettacoli, munita di un soppalco esteso quasi quanto la stessa sala.
Con il recupero dell'Officina, Andria si è riappropriata di uno spazio vitale per la crescita culturale della città e, soprattutto, del grande centro storico che possiede.
Per oltre 600 anni questo è stato un luogo di cultura e innovazione: non possiamo che augurare ad esso una ancor più lunga vita.
Ecco un prezioso contributo dell' ing. Riccardo Ruotolo, storico locale che ringraziamo vivamente, che illustra la vocazione del luogo "Officina San Domenico", corredato da una originale documentazione fotografica storica.
________
Quando dieci anni or sono la Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune di Andria ing. Santola Quacquarelli mi diede l'incarico di Collaudatore delle opere di riqualificazione dell'Officina a San Domenico, fui particolarmente contento perché avrei potuto continuare ad approfondire i miei studi sul luogo, iniziati quando nella seconda metà degli anni Settanta ero Direttore tecnico dell'Impresa edile Calvi Antonio che effettuò il radicale restauro del Campanile di San Domenico.
E' questo dell'Officina un luogo molto caro agli andriesi, ricco di storia e di innovazioni in cui si è condensata nei secoli la cultura, la politica, il desiderio di libertà, la scienza, la scuola, il teatro e tante altre iniziative, tutte al servizio della Comunità.
Era il 1398 quando Donna Sveva Orsini, vedova di Francesco I del Balzo, Duca di Andria, mise a disposizione della nostra città una grande proprietà del ducato, ubicata nel centro storico della città, perché fossero su di essa costruiti una Chiesa ed un Monastero per i Frati Predicatori di San Domenico di Gusman. Il Papa Bonifacio IX di buon grado approvò il desiderio di Donna Sveva Orsini e diede il suo benestare per "la fondazione e costruzione di un luogo per uso ed abitazione dei Frati Domenicani, con la Chiesa, il campanile, la campana, il cimitero, il chiostro, il dormitorio, il refettorio, le case e le Officine necessarie" come si legge nel Documento Pontificio del 25 marzo 1398, riportato dallo storico andriese Mons. Emanuele Merra nella sua pregevole opera "Monografie Andriesi" – vol. II dell'anno 1906. Il toponimo "Officina" compare già nel 1398.
Alla fine del Trecento ebbe inizio la costruzione della Chiesa di San Domenico e del Monastero, proprio in questo luogo dove ora sorge quella che noi andriesi chiamiamo "Officina a San Domenico" riprendendo il toponimo antico.
Il Duca Francesco II del Balzo, uomo molto pio, nativo di Andria, nella metà del Quattrocento, al completamento dell'intera opera, si adoperò per arricchire il Monastero dotandolo di molti beni, tanto che gli stessi Frati Domenicani lo chiamarono fondatore e così scrissero sulla sua cassa funebre "Hic jacet corpus Serenissimi Ducis Domini Francisci de Baucio fundatoris huius Conventus m. 1482 aet. 72".
I Frati Domenicani, discepoli di colui che fu definito da Dante nell'undicesimo canto del Paradiso "per sapienza in terra fue di cherubica luce uno splendore", fecero del Monastero il centro culturale domenicano più importante della Puglia, capace di gareggiare "in sapienza" con gli analoghi studi dei Francescani, degli Agostiniani e dei Cassinesi: il fulcro della loro attività di studio era il Chiostro, e il Monastero di San Domenico ne aveva due (nella foto planimetrica -1-, le strutture del Monastero con i due Chiostri e della Chiesa di San Domenico sono evidenziate in rosso e sovrapposte alla planimetria della città).
Nel Monastero fu fondato "lo studio della Provincia di San Tommaso di Puglia" è in esso si tennero corsi di filosofia e di teologia, e nei Chiostri si studiavano anche le scienze; molti erano i Frati Domenicani formatisi nel Monastero di Andria che giravano per tutta la Puglia perché le loro prediche erano molto apprezzate e richieste.
L'attuale campanile della Chiesa, invece, fu costruito nel periodo 1765 – 1769.
Nel Chiostro grande, dove si svolgevano abitualmente gli incontri dei Frati per disquisire di filosofia e teologia, nel maggio 1799 fu convocato il "pubblico e generale Parlamento" della città di Andria che, dopo oltre 300 anni, sull'onda della rivoluzione giacobina, elesse democraticamente sia il Sindaco della città nella persona di Ferdinando Spagnoletti, sia i pubblici ufficiali e i magistrati civici; nello stesso Chiostro, il 29 giugno dell'anno 1800 si radunò un'altra volta il Parlamento, composto da ben 677 capi famiglia, per eleggere il nuovo Sindaco nella persona di Francesco Barletta.
Il Chiostro grande divenne la "Sala Consiliare della città", il parlamento cittadino.
Grande era la biblioteca del Monastero e conteneva tutte le opere di pregevole fattura di "San Tommaso d'Aquino, di S. Agostino e degli altri Padri e Dottori della Chiesa" come riferisce Mons. Emanuele Merra.
A partire dal 1809, quando Gioacchino Murat soppresse tutti gli ordini religiosi, la grande biblioteca come pure tutto il Monastero furono depredati, tanto che, come riferisce il Merra, i fogli dei libri vennero usati dai salumai per incartare la merce.
Per tutto l'Ottocento il Monastero a poco a poco andò in decadenza e rovina per mancanza di manutenzione e per l'uso improprio dei suoi locali; riferisce il Merra che "in un'orrida notte del 1891, un'acqua torrenziale prima, ed una forte nevicata di poi, ridussero il Monastero in un mucchio lagrimevole di macerie!"
*
Trascorsero pochi anni dopo quel funesto 1891 e questo luogo tornò a vivere, fornendo alla città di Andria un servizio di grandissima utilità e innovazione, al servizio dell'intera cittadinanza.
Un cittadino andriese, giovane ingegnere, progettò per Andria una "Officina elettrica", vinse la gara e costruì proprio in questo luogo l'intera Officina "elegantissima nella semplicità e nella correttezza delle linee", completa di tre settori: nel primo furono alloggiati i due trasformatori del gas, marca Dowson, ciascuno di 200 cavalli; il gas a mezzo di un condotto sotterraneo arrivava a tre motori; i motori a gas, di marca Korting, occupavano il secondo settore costituito da un grande salone, proprio quello in cui il 29 giugno 2020 si terrà l'open day per illustrare il bando "Luoghi Comuni" cui questa struttura intende partecipare; agli alberi di ciascun motore era accoppiata una dinamo a 8 poli, capace di rendere 190 amperes a 250 volts; nella terza parte era collocata una batteria di 134 elementi, del tipo Tudor, disposti in quattro file. Un vero e proprio gioiello tecnologico (la foto -2- è il disegno originale, allegato al contratto, della dinamo installata nell'Officina).
L'ingegnere Labroca progettò anche tutta la rete elettrica cittadina, disegnò i pali con le lampade ed anche le mensole (la foto -3- è l'originale dei disegni, come allegato al contratto di appalto). Tutto questo fu realizzato dal giovane ingegnere in soli sedici mesi: altri tempi!
Alla presenza del vescovo di Andria Mons. Galdi, della madrina Angelina Marchio-Ceci moglie del Sindaco, del giovane Sindaco Pasquale Marchio con tutti i Consiglieri, del dotto Mons. Emanuele Merra che tenne il discorso commemorativo, di tutti gli operai ed una folla numerosa di cittadini, la sera del 18 luglio 1897 la città di Andria fu illuminata per la prima volta dalla corrente elettrica.
Dal discorso che fece l'ing. Nicola Labroca, cito questo passo significativo: "Non avendo altra ricchezza che il lavoro, non potevo che col lavoro esprimere i miei sentimenti. Ora la mia opera è compiuta, ed ho l'orgoglio di poter affermare che quella stessa serietà di propositi, quella stessa lealtà, quella stessa onestà d'intendimenti che mi animarono nel presentare la mia proposta, mi hanno sempre animato nella esecuzione e nel compimenti dell'opera. Quest'opera deve segnare per la nostra città l'inizio di un'era nuova di miglioramento materiale e morale, io per il primo dico che essa non è tutto, e poiché abbiamo già la luce, ripeterò anch'io le sole ultime parole di Goethe: Più luce"
Mons. Emanuele Merra così concluse il suo discorso commemorativo: "Ricordando la benedizione di quel Dio, che nel principio dei tempi affacciandosi sul caos disse: Si faccia la luce, e la luce fu, io dico Fiat lux et facta est lux"
La grande innovazione generata da questo luogo fu fonte di grande sviluppo per la città di Andria e di sincera gratitudine verso gli amministratori che la vollero.
*
Quando nella terza decade del Novecento la città aveva quasi raddoppiato le sue attività agricole e commerciali e l'abitato era enormemente cresciuto, l'energia elettrica che l'Officina poteva produrre divenne del tutto insufficiente. A livello nazionale si erano già progettate le linee di trasporto dell'energia e le singole centrali ubicate in città furono destinate a scomparire.
Anche la nostra officina elettrica fu abbandonata e poi smantellata.
Il luogo però, continuò ad essere utilizzato dall'amministrazione comunale come "luogo di cultura al servizio del popolo": l'intera Officina fu trasformata in scuola elementare, e tale rimase fin dopo la seconda guerra mondiale (le foto -4 e 5- ritraggono il prospetto dell'Officina trasformata in scuola elementare; la foto -6- ritrae una pagella scolastica rilasciata dalla scuola il cui indirizzo era Piazza Pincerna) .
Il destino di questo luogo, come "luogo di cultura e innovazione", fu segnato indelebilmente a partire dal 1398.
Dopo la guerra, con il piano di ricostruzione che permeò tutta l'Italia, si costruirono nuove scuole, con criteri più moderni e più confacenti alle esigenze scolastiche, per cui furono abbandonati i luoghi che erano stati riattati ad essere scuole; anche la scuola ubicata nell'ex "Officina a San Domenico" fu smantellata ed il luogo fu per lungo tempo nuovamente abbandonato.
Negli anni sessanta, il Comune concesse l'uso dell'ex officina alla Parrocchia di San Domenico che la trasformò in centro ricreativo e culturale nello stesso tempo, perché realizzò nella grande sala in fondo alla struttura, un teatro.
E' rimasta ancor oggi nella mente dei parrocchiani le grandi rappresentazioni teatrali della settimana santa che su tenevano nel teatro dell'Officina. E il teatro non era frequentato solo dai parrocchiani perché alle rappresentazioni di tutta la storia del martirio di Cristo assistevano tutti i cittadini andriesi tanto che, come riferisce la gente del posto, in alcuni anni era necessario prenotarsi (foto -8- una scena della Passione di Cristo rappresentata nel teatro dell'Officina). L'Officina era rinata come luogo di cultura.
Poi, a seguito dello spopolamento del centro storico, la parrocchia di San Domenico fu abolita e i locali dell'Officina furono nuovamente abbandonati e rimasero tali fino a tutto il primo decennio di questo ventunesimo secolo.
Il Comune di Andria, in linea con i principi statutari e programmatici, ha fermamente voluto nell'anno 2006 il recupero dell'ex Officina e a tale scopo ha presentato una sua proposta progettuale, attingendo al cofinanziamento della Regione Puglia nell'ambito dei fondi europei per l'attuazione del piano "Bollenti Spiriti", il tutto volto alla "rivitalizzazione economica e sociale urbana con particolare riferimento alle politiche in favore della popolazione giovanile", come si è espressa in una deliberazione l'ingegnere Santola Quacquarelli, Dirigente del Settore Lavori pubblici.
La Regione Puglia accolse la proposta presentata dal Comune e cofinanziò l'opera.
Ottenute le necessarie autorizzazioni, l'ing. Quacquarelli con determina del 22 aprile 2009 aggiudicò i lavori e nel marzo 2013 fu inaugurata la nuova funzione assunta dall'ex Officina, tirata fuori dal degrado in cui era caduta per l'ennesima volta e per l'ennesima volta rifatta e messa al servizio della comunità (foto -9 e 10- inaugurazione del 2013).
Il compianto professore e giornalista Michele Palumbo così scriveva sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 20 marzo 2013: "L'Officina ora diviene un luogo che ospiterà la fantasia, la creatività, l'impegno dei giovani andriesi. Questo è uno spazio per l'aggregazione, per la realizzazione delle idee, per la produzione della cultura".
Con la ristrutturazione dell'ex Officina elettrica è stato possibile realizzare i seguenti spazi: un laboratorio informatico linguistico, un laboratorio polifunzionale arti figurative, un laboratorio musicale e teatrale, una sala incisione. Una sala mixer e regia, un centro di ascolto e una grande sala polifunzionale idonea per incontri e spettacoli, munita di un soppalco esteso quasi quanto la stessa sala.
Con il recupero dell'Officina, Andria si è riappropriata di uno spazio vitale per la crescita culturale della città e, soprattutto, del grande centro storico che possiede.
Per oltre 600 anni questo è stato un luogo di cultura e innovazione: non possiamo che augurare ad esso una ancor più lunga vita.