La provincia Bat si conferma cerniera criminale per le organizzazioni criminali del foggiano e del barese
Il focus della Direzione Investigativa Antimafia per il 2° semestre 2019. L'evoluzione della mala andriese
domenica 19 luglio 2020
7.23
"La provincia di Barletta-Andria-Trani, per la sua peculiare collocazione geografica, si conferma un fondamentale punto d'incontro tra i sodalizi mafiosi locali e quelli delle vicine province di Bari e Foggia, e costituisce, conseguentemente, un concentrato di dinamici e complessi fenomeni delinquenziali che spesso vedono coinvolta una malavita comune, italiana e straniera".
E' quanto emerge nella relazione "semestrale DIA" relativa al secondo semestre 2019, con la quale la Direzione Investigativa Antimafia ha riepilogato gli esiti dell'attività svolta ed i risultati conseguiti a seguito dell'azione di contrasto e di investigazione preventiva condotta nei confronti delle organizzazioni criminali di tipo mafioso.
"Il 18 agosto 2019, ad Andria, i Carabinieri hanno dato esecuzione ad un fermo di indiziato di delitto (emesso dalla Procura della Repubblica di Trani nell'ambito del procedimento penale nr. 3636/2019 mod. 21) nei confronti di quattro cittadini georgiani, tutti residenti a Bari, ritenuti di far parte di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, in particolare furti e rapine in abitazione, perpetrati tra le province di Bari e Potenza".
Per la provincia Barletta Andria Trani, pertanto "Lo scenario criminale risultante è pertanto connotato da equilibri instabili, nel quale la peculiare autonomia dei locali clan storici - che tentano di conservare nell'area il coordinamento e il controllo delle tradizionali attività illecite (estorsioni, traffici di stupefacenti, usura e contraffazione) - deve necessariamente coniugarsi con gli interessi e l'influenza delle più rilevanti consorterie foggiane e baresi. L'11 luglio 2019, la Polizia di Stato ha dato esecuzione all'OCCC n. 5947/2018 RGNR-4805/2018 RG GIP emessa dal GIP presso il Tribunale di Trani nei confronti di 10 soggetti ritenuti responsabili, in concorso, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini, terminate nel dicembre 2018, cristallizzano, l'attività di spaccio di cocaina nell'area che, il 24 giugno 2019, era stata teatro dell'omicidio del reggente del gruppo Griner. Nell'ambito del processo scaturito dall'operazione "Gran Bazar", a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione, con il passaggio in giudicato delle sentenze di condanna, il 17 dicembre 2019, i Carabinieri hanno eseguito gli ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari nei confronti di 12 soggetti responsabili, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravata dal numero delle persone e dalla disponibilità di armi, nonché di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope. L'indagine aveva fatto emergere l'esistenza di un "cartello" criminale, composto da più gruppi autonomi legati tra loro dagli affari criminali nonché dai collegamenti con il clan Di Cosola di Bari, il quale operava in diversi comuni del nord barese (Terlizzi, Corato) e della BAT (Bisceglie, Barletta, Trani), utilizzando canali di approvvigionamento degli stupefacenti dai territori di Cerignola (FG) e Milano.
Gli interessi delle organizzazioni mafiose baresi nella provincia sono emersi anche nell'ambito delle indagini che hanno portato, il 24 luglio 2019, all'arresto dei responsabili di un omicidio avvenuto a Bisceglie, l'8 agosto 2017. Il fatto di sangue sarebbe, infatti, da collegare a contrasti insorti per questioni legate al controllo del mercato della droga, con le aggravanti della premeditazione e delle finalità mafiose, avendo agito per agevolare il clan barese Capriati, cui appartenevano tanto gli aggressori quanto la stessa vittima. Il successivo 8 agosto, il Tribunale del Riesame di Bari ha annullato il provvedimento per la parte relativa alle responsabilità attribuite al capoclan Capriati, quale mandante dell'omicidio, ritenendo non sufficientemente riscontrate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sul ruolo rivestito dal boss nella vicenda. Ciò che però appare significativo nella ricostruzione delle diverse condotte criminali è il ruolo preminente assunto dai referenti del clan barese sulla piazza di Bisceglie, nonché la particolare efferatezza con cui i vertici del clan Capriati avessero imposto agli affiliati il rispetto della gerarchia anche fuori dalla città di Bari. Sempre rimanendo nel settore degli stupefacenti, gli esiti dell'operazione "Gargano", dell'8 agosto 2019, hanno dimostrato come la criminalità organizzata barlettana ben interagisca con le cosche cerignolane e con la mafia garganica. L'indagine ha infatti ricostruito i legami, finalizzati al rifornimento di cocaina, tra un gruppo criminale locale e l'organizzazione garganica dei Montanari. Al vertice del sodalizio di Barletta, proveniente dalle fila del clan Lattanzio, vi era un pregiudicato, il quale, una volta scarcerato (settembre 2015), aveva sviluppato un'autonoma attività di spaccio, smistando lo stupefacente in tutta la cittadina, grazie ad una rete di collaboratori, gestiti, durante i suoi periodi di detenzione, dalla moglie e dal genero. L'indagine ha, in particolare, evidenziato i rapporti diretti tra il capo del sodalizio di Barletta e un pregiudicato, appartenente al clan Li Bergolis, ucciso ad Amsterdam nell'ottobre 2017. Quest'ultimo era un elemento chiave, insieme al suo assassino collaboratore di giustizia, del narcotraffico tra il Sud America e l'Olanda, tanto che, per alcuni degli indagati barlettani, è stata contestata l'aggravante della transnazionalità, oltre che dell'associazione armata. Risulta, poi, emblematica l'operazione condotta dalla Polizia di Stato, il 14 ottobre 2019, a Barletta, Trani e in Albania, nei confronti di tre soggetti, ritenuti componenti di un'organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti (eroina, cocaina e marijuana) tra l'Italia e il Paese delle Aquile. Un ruolo di spicco l'avrebbe rivestito un imprenditore di Barletta, operante nel settore manifatturiero, con precedenti specifici, ritenuto promotore dell'organizzazione criminale, elemento di collegamento tra il territorio nazionale e quello albanese, nonché reclutatore dei "corrieri" per il trasporto della droga. L'uomo avrebbe provveduto, direttamente e attraverso una consolidata organizzazione, a rifornirsi di eroina e marijuana dall'Albania, per poi commercializzarla prevalentemente in Sicilia e Calabria (ma anche a Malta, imbarcandosi da Catania), dove, come contropartita, si sarebbe rifornito di cocaina. Tra i destinatari della misura compare anche un cittadino albanese, considerato referente per il gruppo criminale nel suo Paese, il quale, rintracciato dalla locale Polizia a Durazzo, è stato arrestato, in un secondo momento, in esecuzione di un mandato di cattura internazionale.
Anche nel comune di Andria (dove operano i clan ex Pastore -Campanale, Pistillo-Pesce, Griner e Capogna) la criminalità autoctona ha sviluppato la capacità di modulare le proprie strategie in funzione degli interessi contingenti, privilegiando, in genere, i rapporti con la malavita cerignolana, la cui influenza in zona è quella più significativa. Il 25 ottobre 2019, nelle province di BAT e Bari, a seguito di sentenza di condanna divenuta definitiva l'11 ottobre 2019, i Carabinieri hanno dato esecuzione agli ordini di carcerazione (n. 750 e ss. emessi dalla Procura Generale della Repubblica di Bari) disposti nei confronti di 9 soggetti ritenuti contigui al gruppo criminale Lapenna-Pasculli, operante in Andria, responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, nonché detenzione e porto di armi clandestine. In particolare, le indagini avevano fatto luce su un'autonoma associazione criminale finalizzata a fornire all'ingrosso ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e rappresentante un riferimento stabile per la gran parte dei gruppi autonomi di spacciatori del nord barese e dei paesi limitrofi. Le pene inflitte vanno da un minimo di due anni e sette mesi, ed un massimo di quattordici anni. Tuttavia, non mancano presenze di diversa estrazione e legate ad altre organizzazioni criminali, di estremo interesse operativo, come quella di un pluripregiudicato di Andria, da sempre dedito ai reati predatori (assalti ai portavalori, ai tir ed ai bancomat), vicino alle cosche baresi.
Interessanti, al riguardo, gli esiti dell'attività investigativa (imperniata principalmente sul rinvenimento di tracce biologiche e confronto del DNA) a conclusione della quale i Carabinieri di Cerignola, tra Foggia ed Andria, hanno dato esecuzione ad una misura cautelare nei confronti di un pregiudicato andriese, collegato alla criminalità cerignolana. L'uomo è ritenuto uno dei componenti del commando, composto da almeno dieci soggetti, che nel febbraio 2016, a Trinitapoli, con un'azione paramilitare aveva consumato una violenta rapina ai danni di un portavalori. In questo contesto criminale, una figura emergente è quella del figlio del capoclan Capogna, il cui spessore si è evidenziato in contesti investigativi che hanno riguardato anche la provincia di Foggia e la Valle d'Ofanto, a conferma della politica di espansione realizzata dal gruppo. E proprio in tale ambito andrebbe contestualizzato l'omicidio del patriarca dei Capogna, consumato ad Andria il 25 luglio 2019 (Mentre si trovava a poca distanza dalla propria abitazione, il pluripregiudicato è stato attinto da tre colpi d'arma da fuoco calibro 7,65, sparati da un sicario sopraggiunto a bordo di un'autovettura guidata da un complice), il cui movente sarebbe, infatti, da individuare nell'esigenza da parte dell'opposta fazione dei Pesce-Pistillo di contenerne la crescita. Il 9 luglio 2019, a Canosa di Puglia, la Guardia di Finanza ha proceduto all'arresto in flagranza di un corriere andriese, legato al clan Pesce-Pistillo, trovato in possesso di kg 15 di hashish.
Significativo, tra l'altro, il fatto che l'omicidio segua, a distanza di un mese, quello del 24 giugno 2019 del boss del clan Griner (Come già rappresentato nella Relazione relativa al I Semestre 2019, la sera del 24 giugno 2019, poche settimane dopo la sua scarcerazione, si è consumato l'omicidio del reggente del gruppo Griner. La vittima era fratello del capoclan, elemento di spicco nel panorama criminale pugliese, gravato da numerose sentenze di condanna, anche per associazione di tipo mafioso, e affiliato alla criminalità organizzata foggiana direttamente da uno dei capi indiscussi della Sacra Corona Unita, Rizzi Salvatore, durante un comune periodo di detenzione presso il Carcere di Trani), altro elemento di spicco della locale criminalità organizzata, al quale il boss dei Capogna era vicino. Il boss dei Griner stava attuando una riorganizzazione della gestione del locale mercato degli stupefacenti, estendendo la propria influenza su zone già controllate da altri gruppi criminali e, in particolare, ai danni dal clan Pesce. In ogni caso, i due fatti di sangue, a seguito dei quali, il 29 luglio 2019, è stato anche convocato un Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, costituiscono la conferma di come nella città di Andria si sia giunti a un punto di rottura degli equilibri negli assetti criminali.
Significativo al riguardo anche il grave atto intimidatorio realizzato, il 10 agosto 2019, mediante l'esplosione di un ordigno ad alto potenziale nella veranda dell'abitazione in cui si trovava, in regime di detenzione domiciliare, un altro pregiudicato riconducibile al gruppo Griner. Infine, il 27 luglio 2019, ad Andria, la Polizia di Stato ed i Carabinieri hanno notificato 12 ordini di esecuzione pena emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari (a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione del 16 luglio 2019 e del passaggio in giudicato delle sentenze emesse dalla Corte di Appello di Bari) nei confronti di 13 condannati appartenenti al clan Pesce-Pistillo. L'indagine, sebbene antecedente all'escalation di violenza registrata in città e culminata negli omicidi dei capoclan Griner e Capogna, aveva già individuato significativi segnali di contrasto tra le cosche antagoniste.
Tanto che, dopo gli eventi descritti, il citato elemento in ascesa del clan Capogna, temendo per la propria incolumità, dopo un primo trasferimento in Lombardia, si sarebbe rifugiato, insieme al fratello, a Tortoreto (TE), dove entrambi sono stati arrestati dai Carabinieri, il 25 novembre 2019, perché trovati in possesso di una pistola con relativo munizionamento. Tali avvenimenti potrebbero avere ripercussioni anche nei comuni della Valle dell'Ofanto, zona nella quale sicuramente incidono le sinergie criminali, emerse nell'ambito dell'operazione antimafia "Nemesi" (giugno 2019), tra i clan di Trinitapoli e quelli della società foggiana e della mafia garganica. Questo territorio è stato segnato di recente dalla faida di Trinitapoli, nel cui ambito va contestualizzato l'ulteriore grave agguato, del 26 agosto 2019, ai danni di un esponente storico della criminalità locale, rimasto gravemente ferito. Si tratta di una figura carismatica, da sempre legata alla mafia cerignolana ed elemento di raccordo tra questa e quella del nord-barese, a capo di un gruppo attivo nel traffico di sostanze stupefacenti, nelle estorsioni, nel traffico di armi e nel riciclaggio di capitali illeciti. L'influenza della mafia cerignolana è evidente anche nelle città di Canosa di Puglia e San Ferdinando di Puglia, dove i gruppi locali ne hanno importato i modelli operativi, consolidando le proprie posizioni sul territorio e proponendosi, talora, quali suoi interlocutori presso i sodalizi andriesi, barlettani e della provincia di Bari.
Nella città di Trani permane uno stato di estrema fluidità, sul quale incidono diversi fattori: da un lato, la presenza sul territorio di figure storiche che, grazie al riconosciuto carisma criminale, sembrano ancora costituire dei punti di riferimento per le giovani leve e per i sodalizi del resto della provincia; dall'altro, l'influenza delle organizzazioni criminali provenienti dalle aree limitrofe, alla ricerca di continue nuove sinergie, nonché i tentativi da parte di nuovi gruppi di occupare i vuoti di potere determinati dalle attività di contrasto. Ciò trova conferma negli esiti delle indagini che hanno portato all'esecuzione di una misura cautelare nei confronti di un sorvegliato speciale già legato, anche per parentela, al locale clan Corda. Il pregiudicato, infatti, una volta scarcerato aveva tentato di ritagliarsi un ruolo nel contesto criminale tranese e in particolare nella gestione del racket. Un significativo riscontro emerge anche dalla sentenza, emessa il 13 dicembre 2019 dalla Corte di Assise di Trani: alla base del fatto di sangue oggetto del processo - secondo un impianto accusatorio supportato anche dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia - vi sarebbe stato un litigio tra un esponente di spicco del clan Lattanzio di Barletta (reale obiettivo dell'agguato) e l'imputato, per questioni legate alla gestione del mercato dei mitili nell'area di Trani-Barletta, settore di particolare interesse per il tessuto criminale autoctono, il cui controllo già in passato era stato causa di contrasti.
Le consorterie della provincia prediligono, quindi, i più diversificati ambiti dell'illecito, estendendo le loro attività dal traffico e spaccio di sostanze stupefacenti alle estorsioni e all'usura, come confermano i numerosi reati spia (danneggiamenti, incendi e attentati dinamitardi) consumati, anche nel periodo in esame, perlopiù ai danni di titolari di esercizi commerciali e di ristorazione. Tra i reati predatori, compiuti anche con l'uso di mezzi tecnici di livello (come disturbatori di frequenza, armi da guerra ed esplosivi), le rapine e gli assalti ai portavalori rappresentano in generale le attività più proficue per le organizzazioni criminali, sia perché consentono una rapida e cospicua disponibilità di denaro, sia per il "carisma criminale" che tali condotte conferiscono agli esecutori. In tale ambito, la criminalità comune si pone in un rapporto di complementarità rispetto alla criminalità organizzata, di cui rispecchia le caratteristiche di efferatezza e pendolarità. L'impatto delle descritte attività illecite, da un punto di vista sistemico, influisce soprattutto sulla conseguente crescita delle organizzazioni criminali in termini economico-finanziari e di capacità di infiltrare il tessuto produttivo della provincia (tra i più solidi della Regione), "inquinandolo" attraverso attività di riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego dei proventi illeciti, anche attraverso intestazioni fittizie di beni. I maggiori rischi riguardano quei comparti che nel territorio risultano particolarmente appetibili, rappresentati specialmente dalla filiera dell'agro-alimentare e della pesca, dal settore turistico-alberghiero e dalla ristorazione nonché da quello delle aste giudiziarie. Per quanto attiene, infine, alle attività di aggressione ai patrimoni mafiosi, accogliendo la proposta del Direttore della DIA, il 3 ottobre 2019, a Andria, il Tribunale di Bari ha disposto il sequestro di beni immobili, mobili, complesso aziendale e disponibilità finanziarie - per un valore complessivo di oltre 1,8 milioni di euro - riconducibili ad un pregiudicato coinvolto fin dagli inizi degli anni '90 in furti ai bancomat. Il soggetto in parola, già nel giugno 2018, nell'ambito dell'operazione "Odissea Bancomat", era stato colpito da una misura cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Potenza, per aver asportato dallo sportello ATM dell'Istituto bancario di Rionero in Vulture (PZ), un'ingente somma di denaro, mediante effrazione del relativo distributore automatico e utilizzando, per l'occasione, anche materiale esplosivo. Da un'analisi approfondita del patrimonio dell'intero nucleo familiare è emerso che, a fronte di una situazione reddituale ufficiale esigua, il pregiudicato aveva effettuato, nel tempo, investimenti assolutamente sproporzionati e, quindi, ritenuti di provenienza illecita
E' quanto emerge nella relazione "semestrale DIA" relativa al secondo semestre 2019, con la quale la Direzione Investigativa Antimafia ha riepilogato gli esiti dell'attività svolta ed i risultati conseguiti a seguito dell'azione di contrasto e di investigazione preventiva condotta nei confronti delle organizzazioni criminali di tipo mafioso.
"Il 18 agosto 2019, ad Andria, i Carabinieri hanno dato esecuzione ad un fermo di indiziato di delitto (emesso dalla Procura della Repubblica di Trani nell'ambito del procedimento penale nr. 3636/2019 mod. 21) nei confronti di quattro cittadini georgiani, tutti residenti a Bari, ritenuti di far parte di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, in particolare furti e rapine in abitazione, perpetrati tra le province di Bari e Potenza".
Per la provincia Barletta Andria Trani, pertanto "Lo scenario criminale risultante è pertanto connotato da equilibri instabili, nel quale la peculiare autonomia dei locali clan storici - che tentano di conservare nell'area il coordinamento e il controllo delle tradizionali attività illecite (estorsioni, traffici di stupefacenti, usura e contraffazione) - deve necessariamente coniugarsi con gli interessi e l'influenza delle più rilevanti consorterie foggiane e baresi. L'11 luglio 2019, la Polizia di Stato ha dato esecuzione all'OCCC n. 5947/2018 RGNR-4805/2018 RG GIP emessa dal GIP presso il Tribunale di Trani nei confronti di 10 soggetti ritenuti responsabili, in concorso, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini, terminate nel dicembre 2018, cristallizzano, l'attività di spaccio di cocaina nell'area che, il 24 giugno 2019, era stata teatro dell'omicidio del reggente del gruppo Griner. Nell'ambito del processo scaturito dall'operazione "Gran Bazar", a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione, con il passaggio in giudicato delle sentenze di condanna, il 17 dicembre 2019, i Carabinieri hanno eseguito gli ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari nei confronti di 12 soggetti responsabili, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravata dal numero delle persone e dalla disponibilità di armi, nonché di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope. L'indagine aveva fatto emergere l'esistenza di un "cartello" criminale, composto da più gruppi autonomi legati tra loro dagli affari criminali nonché dai collegamenti con il clan Di Cosola di Bari, il quale operava in diversi comuni del nord barese (Terlizzi, Corato) e della BAT (Bisceglie, Barletta, Trani), utilizzando canali di approvvigionamento degli stupefacenti dai territori di Cerignola (FG) e Milano.
Gli interessi delle organizzazioni mafiose baresi nella provincia sono emersi anche nell'ambito delle indagini che hanno portato, il 24 luglio 2019, all'arresto dei responsabili di un omicidio avvenuto a Bisceglie, l'8 agosto 2017. Il fatto di sangue sarebbe, infatti, da collegare a contrasti insorti per questioni legate al controllo del mercato della droga, con le aggravanti della premeditazione e delle finalità mafiose, avendo agito per agevolare il clan barese Capriati, cui appartenevano tanto gli aggressori quanto la stessa vittima. Il successivo 8 agosto, il Tribunale del Riesame di Bari ha annullato il provvedimento per la parte relativa alle responsabilità attribuite al capoclan Capriati, quale mandante dell'omicidio, ritenendo non sufficientemente riscontrate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sul ruolo rivestito dal boss nella vicenda. Ciò che però appare significativo nella ricostruzione delle diverse condotte criminali è il ruolo preminente assunto dai referenti del clan barese sulla piazza di Bisceglie, nonché la particolare efferatezza con cui i vertici del clan Capriati avessero imposto agli affiliati il rispetto della gerarchia anche fuori dalla città di Bari. Sempre rimanendo nel settore degli stupefacenti, gli esiti dell'operazione "Gargano", dell'8 agosto 2019, hanno dimostrato come la criminalità organizzata barlettana ben interagisca con le cosche cerignolane e con la mafia garganica. L'indagine ha infatti ricostruito i legami, finalizzati al rifornimento di cocaina, tra un gruppo criminale locale e l'organizzazione garganica dei Montanari. Al vertice del sodalizio di Barletta, proveniente dalle fila del clan Lattanzio, vi era un pregiudicato, il quale, una volta scarcerato (settembre 2015), aveva sviluppato un'autonoma attività di spaccio, smistando lo stupefacente in tutta la cittadina, grazie ad una rete di collaboratori, gestiti, durante i suoi periodi di detenzione, dalla moglie e dal genero. L'indagine ha, in particolare, evidenziato i rapporti diretti tra il capo del sodalizio di Barletta e un pregiudicato, appartenente al clan Li Bergolis, ucciso ad Amsterdam nell'ottobre 2017. Quest'ultimo era un elemento chiave, insieme al suo assassino collaboratore di giustizia, del narcotraffico tra il Sud America e l'Olanda, tanto che, per alcuni degli indagati barlettani, è stata contestata l'aggravante della transnazionalità, oltre che dell'associazione armata. Risulta, poi, emblematica l'operazione condotta dalla Polizia di Stato, il 14 ottobre 2019, a Barletta, Trani e in Albania, nei confronti di tre soggetti, ritenuti componenti di un'organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti (eroina, cocaina e marijuana) tra l'Italia e il Paese delle Aquile. Un ruolo di spicco l'avrebbe rivestito un imprenditore di Barletta, operante nel settore manifatturiero, con precedenti specifici, ritenuto promotore dell'organizzazione criminale, elemento di collegamento tra il territorio nazionale e quello albanese, nonché reclutatore dei "corrieri" per il trasporto della droga. L'uomo avrebbe provveduto, direttamente e attraverso una consolidata organizzazione, a rifornirsi di eroina e marijuana dall'Albania, per poi commercializzarla prevalentemente in Sicilia e Calabria (ma anche a Malta, imbarcandosi da Catania), dove, come contropartita, si sarebbe rifornito di cocaina. Tra i destinatari della misura compare anche un cittadino albanese, considerato referente per il gruppo criminale nel suo Paese, il quale, rintracciato dalla locale Polizia a Durazzo, è stato arrestato, in un secondo momento, in esecuzione di un mandato di cattura internazionale.
Anche nel comune di Andria (dove operano i clan ex Pastore -Campanale, Pistillo-Pesce, Griner e Capogna) la criminalità autoctona ha sviluppato la capacità di modulare le proprie strategie in funzione degli interessi contingenti, privilegiando, in genere, i rapporti con la malavita cerignolana, la cui influenza in zona è quella più significativa. Il 25 ottobre 2019, nelle province di BAT e Bari, a seguito di sentenza di condanna divenuta definitiva l'11 ottobre 2019, i Carabinieri hanno dato esecuzione agli ordini di carcerazione (n. 750 e ss. emessi dalla Procura Generale della Repubblica di Bari) disposti nei confronti di 9 soggetti ritenuti contigui al gruppo criminale Lapenna-Pasculli, operante in Andria, responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, nonché detenzione e porto di armi clandestine. In particolare, le indagini avevano fatto luce su un'autonoma associazione criminale finalizzata a fornire all'ingrosso ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e rappresentante un riferimento stabile per la gran parte dei gruppi autonomi di spacciatori del nord barese e dei paesi limitrofi. Le pene inflitte vanno da un minimo di due anni e sette mesi, ed un massimo di quattordici anni. Tuttavia, non mancano presenze di diversa estrazione e legate ad altre organizzazioni criminali, di estremo interesse operativo, come quella di un pluripregiudicato di Andria, da sempre dedito ai reati predatori (assalti ai portavalori, ai tir ed ai bancomat), vicino alle cosche baresi.
Interessanti, al riguardo, gli esiti dell'attività investigativa (imperniata principalmente sul rinvenimento di tracce biologiche e confronto del DNA) a conclusione della quale i Carabinieri di Cerignola, tra Foggia ed Andria, hanno dato esecuzione ad una misura cautelare nei confronti di un pregiudicato andriese, collegato alla criminalità cerignolana. L'uomo è ritenuto uno dei componenti del commando, composto da almeno dieci soggetti, che nel febbraio 2016, a Trinitapoli, con un'azione paramilitare aveva consumato una violenta rapina ai danni di un portavalori. In questo contesto criminale, una figura emergente è quella del figlio del capoclan Capogna, il cui spessore si è evidenziato in contesti investigativi che hanno riguardato anche la provincia di Foggia e la Valle d'Ofanto, a conferma della politica di espansione realizzata dal gruppo. E proprio in tale ambito andrebbe contestualizzato l'omicidio del patriarca dei Capogna, consumato ad Andria il 25 luglio 2019 (Mentre si trovava a poca distanza dalla propria abitazione, il pluripregiudicato è stato attinto da tre colpi d'arma da fuoco calibro 7,65, sparati da un sicario sopraggiunto a bordo di un'autovettura guidata da un complice), il cui movente sarebbe, infatti, da individuare nell'esigenza da parte dell'opposta fazione dei Pesce-Pistillo di contenerne la crescita. Il 9 luglio 2019, a Canosa di Puglia, la Guardia di Finanza ha proceduto all'arresto in flagranza di un corriere andriese, legato al clan Pesce-Pistillo, trovato in possesso di kg 15 di hashish.
Significativo, tra l'altro, il fatto che l'omicidio segua, a distanza di un mese, quello del 24 giugno 2019 del boss del clan Griner (Come già rappresentato nella Relazione relativa al I Semestre 2019, la sera del 24 giugno 2019, poche settimane dopo la sua scarcerazione, si è consumato l'omicidio del reggente del gruppo Griner. La vittima era fratello del capoclan, elemento di spicco nel panorama criminale pugliese, gravato da numerose sentenze di condanna, anche per associazione di tipo mafioso, e affiliato alla criminalità organizzata foggiana direttamente da uno dei capi indiscussi della Sacra Corona Unita, Rizzi Salvatore, durante un comune periodo di detenzione presso il Carcere di Trani), altro elemento di spicco della locale criminalità organizzata, al quale il boss dei Capogna era vicino. Il boss dei Griner stava attuando una riorganizzazione della gestione del locale mercato degli stupefacenti, estendendo la propria influenza su zone già controllate da altri gruppi criminali e, in particolare, ai danni dal clan Pesce. In ogni caso, i due fatti di sangue, a seguito dei quali, il 29 luglio 2019, è stato anche convocato un Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, costituiscono la conferma di come nella città di Andria si sia giunti a un punto di rottura degli equilibri negli assetti criminali.
Significativo al riguardo anche il grave atto intimidatorio realizzato, il 10 agosto 2019, mediante l'esplosione di un ordigno ad alto potenziale nella veranda dell'abitazione in cui si trovava, in regime di detenzione domiciliare, un altro pregiudicato riconducibile al gruppo Griner. Infine, il 27 luglio 2019, ad Andria, la Polizia di Stato ed i Carabinieri hanno notificato 12 ordini di esecuzione pena emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari (a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione del 16 luglio 2019 e del passaggio in giudicato delle sentenze emesse dalla Corte di Appello di Bari) nei confronti di 13 condannati appartenenti al clan Pesce-Pistillo. L'indagine, sebbene antecedente all'escalation di violenza registrata in città e culminata negli omicidi dei capoclan Griner e Capogna, aveva già individuato significativi segnali di contrasto tra le cosche antagoniste.
Tanto che, dopo gli eventi descritti, il citato elemento in ascesa del clan Capogna, temendo per la propria incolumità, dopo un primo trasferimento in Lombardia, si sarebbe rifugiato, insieme al fratello, a Tortoreto (TE), dove entrambi sono stati arrestati dai Carabinieri, il 25 novembre 2019, perché trovati in possesso di una pistola con relativo munizionamento. Tali avvenimenti potrebbero avere ripercussioni anche nei comuni della Valle dell'Ofanto, zona nella quale sicuramente incidono le sinergie criminali, emerse nell'ambito dell'operazione antimafia "Nemesi" (giugno 2019), tra i clan di Trinitapoli e quelli della società foggiana e della mafia garganica. Questo territorio è stato segnato di recente dalla faida di Trinitapoli, nel cui ambito va contestualizzato l'ulteriore grave agguato, del 26 agosto 2019, ai danni di un esponente storico della criminalità locale, rimasto gravemente ferito. Si tratta di una figura carismatica, da sempre legata alla mafia cerignolana ed elemento di raccordo tra questa e quella del nord-barese, a capo di un gruppo attivo nel traffico di sostanze stupefacenti, nelle estorsioni, nel traffico di armi e nel riciclaggio di capitali illeciti. L'influenza della mafia cerignolana è evidente anche nelle città di Canosa di Puglia e San Ferdinando di Puglia, dove i gruppi locali ne hanno importato i modelli operativi, consolidando le proprie posizioni sul territorio e proponendosi, talora, quali suoi interlocutori presso i sodalizi andriesi, barlettani e della provincia di Bari.
Nella città di Trani permane uno stato di estrema fluidità, sul quale incidono diversi fattori: da un lato, la presenza sul territorio di figure storiche che, grazie al riconosciuto carisma criminale, sembrano ancora costituire dei punti di riferimento per le giovani leve e per i sodalizi del resto della provincia; dall'altro, l'influenza delle organizzazioni criminali provenienti dalle aree limitrofe, alla ricerca di continue nuove sinergie, nonché i tentativi da parte di nuovi gruppi di occupare i vuoti di potere determinati dalle attività di contrasto. Ciò trova conferma negli esiti delle indagini che hanno portato all'esecuzione di una misura cautelare nei confronti di un sorvegliato speciale già legato, anche per parentela, al locale clan Corda. Il pregiudicato, infatti, una volta scarcerato aveva tentato di ritagliarsi un ruolo nel contesto criminale tranese e in particolare nella gestione del racket. Un significativo riscontro emerge anche dalla sentenza, emessa il 13 dicembre 2019 dalla Corte di Assise di Trani: alla base del fatto di sangue oggetto del processo - secondo un impianto accusatorio supportato anche dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia - vi sarebbe stato un litigio tra un esponente di spicco del clan Lattanzio di Barletta (reale obiettivo dell'agguato) e l'imputato, per questioni legate alla gestione del mercato dei mitili nell'area di Trani-Barletta, settore di particolare interesse per il tessuto criminale autoctono, il cui controllo già in passato era stato causa di contrasti.
Le consorterie della provincia prediligono, quindi, i più diversificati ambiti dell'illecito, estendendo le loro attività dal traffico e spaccio di sostanze stupefacenti alle estorsioni e all'usura, come confermano i numerosi reati spia (danneggiamenti, incendi e attentati dinamitardi) consumati, anche nel periodo in esame, perlopiù ai danni di titolari di esercizi commerciali e di ristorazione. Tra i reati predatori, compiuti anche con l'uso di mezzi tecnici di livello (come disturbatori di frequenza, armi da guerra ed esplosivi), le rapine e gli assalti ai portavalori rappresentano in generale le attività più proficue per le organizzazioni criminali, sia perché consentono una rapida e cospicua disponibilità di denaro, sia per il "carisma criminale" che tali condotte conferiscono agli esecutori. In tale ambito, la criminalità comune si pone in un rapporto di complementarità rispetto alla criminalità organizzata, di cui rispecchia le caratteristiche di efferatezza e pendolarità. L'impatto delle descritte attività illecite, da un punto di vista sistemico, influisce soprattutto sulla conseguente crescita delle organizzazioni criminali in termini economico-finanziari e di capacità di infiltrare il tessuto produttivo della provincia (tra i più solidi della Regione), "inquinandolo" attraverso attività di riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego dei proventi illeciti, anche attraverso intestazioni fittizie di beni. I maggiori rischi riguardano quei comparti che nel territorio risultano particolarmente appetibili, rappresentati specialmente dalla filiera dell'agro-alimentare e della pesca, dal settore turistico-alberghiero e dalla ristorazione nonché da quello delle aste giudiziarie. Per quanto attiene, infine, alle attività di aggressione ai patrimoni mafiosi, accogliendo la proposta del Direttore della DIA, il 3 ottobre 2019, a Andria, il Tribunale di Bari ha disposto il sequestro di beni immobili, mobili, complesso aziendale e disponibilità finanziarie - per un valore complessivo di oltre 1,8 milioni di euro - riconducibili ad un pregiudicato coinvolto fin dagli inizi degli anni '90 in furti ai bancomat. Il soggetto in parola, già nel giugno 2018, nell'ambito dell'operazione "Odissea Bancomat", era stato colpito da una misura cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Potenza, per aver asportato dallo sportello ATM dell'Istituto bancario di Rionero in Vulture (PZ), un'ingente somma di denaro, mediante effrazione del relativo distributore automatico e utilizzando, per l'occasione, anche materiale esplosivo. Da un'analisi approfondita del patrimonio dell'intero nucleo familiare è emerso che, a fronte di una situazione reddituale ufficiale esigua, il pregiudicato aveva effettuato, nel tempo, investimenti assolutamente sproporzionati e, quindi, ritenuti di provenienza illecita