La profezia del giovane Ratzinger sulla Chiesa
Riflessioni di Gennaro Piccolo, referente del centro Igino Giordani di Andria
venerdì 22 novembre 2019
Colgo spesso, colloquiando con amici pur impegnati in ambito ecclesiale, un senso di inferiorità e di delusione di fronte alla realtà descritta da uomini della stessa Chiesa e da organi di stampa, secondo cui le chiese sono frequentate sempre più da pochi fedeli, da seminari e conventi che si svuotano, dalla rarefazione di nuove vocazioni religiose, da valori come quelli della famiglia, dell'accoglienza, della solidarietà, per citarne alcuni che fino a un certo punto sono stati punti fermi, oggi sembrano in pericolo o svaniti nella liquidità di una società relativista ed egoista; da statistiche che dicono che due uomini su tre non percepiscono nessun legame con Dio e, come preconizzato dal teologo e martire evangelico D. Bonhoeffer, l'uomo si comporta come se non avesse più bisogno di Dio.
Di fronte a queste notizie, anch'io – come tanti – non sono stato risparmiato dalla tentazione i sentirmi spaurito e portato a cadere in uno stato di rassegnazione, di pigrizia; a chiudermi nel mio guscio e, financo, non di rado, ad attribuire la responsabilità alla stessa Chiesa dimenticando che la Chiesa siamo noi. Provvidenzialmente mi sono imbattuto in uno scritto del Cardinal Ratzinger – poi divenuto Papa Benedetto – che, pur nella crudezza delle sue analisi, - «una Chiesa ridimensionata con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte di luoghi di culto; un Chiesa in minoranza, poco influente nelle scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a "ripartire dalle origini"» - è uno scritto capace, specialmente in alcuni suoi tratti, di sostenere lo scoraggiamento e donare un senso di pace, di offrire un'ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Papa Benedetto e, soprattutto, capace di ridare speranza, di continuare a credere e collaborare con forza sicuri che il progetto d'amore di Dio sulla storia si compirà.
Credo valga la pena ri-meditare quello scritto pur a distanza di 50 anni: Era il Natale del 1969.
«Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali. Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. In molte congregazioni più piccole o in gruppi sociali autosufficienti, l'assistenza pastorale verrà normalmente fornita in questo modo. Accanto a questo, il ministero sacerdotale a tempo pieno sarà indispensabile come in precedenza.
Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l'energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell'assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell'esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settaria e la caparbietà pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo». La profezia di Ratzinger sulla Chiesa («Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti»), ha trovato eco, cinquant'anni dopo, nelle parole di papa Francesco, suo successore nel pontificato: «Sogno una Chiesa povera e per i poveri».
Lo stato di salute della Chiesa, se, come preconizzato da Ratzinger, appare precario su molti fronti, richiede oggi un supplemento d'anima ai cristiani. Ed in proposito sono illuminanti le parole di don Primo Mazzolari riguardo a chi spetti compiere il primo passo: «Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che altri s'impegnino con noi o per suo conto, come noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non s'impegna, senza accusare chi non s'impegna, senza condannare chi non s'impegna, senza cercare perché non s'impegna, senza disimpegnarci perché altri non s'impegnano».
Di fronte a queste notizie, anch'io – come tanti – non sono stato risparmiato dalla tentazione i sentirmi spaurito e portato a cadere in uno stato di rassegnazione, di pigrizia; a chiudermi nel mio guscio e, financo, non di rado, ad attribuire la responsabilità alla stessa Chiesa dimenticando che la Chiesa siamo noi. Provvidenzialmente mi sono imbattuto in uno scritto del Cardinal Ratzinger – poi divenuto Papa Benedetto – che, pur nella crudezza delle sue analisi, - «una Chiesa ridimensionata con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte di luoghi di culto; un Chiesa in minoranza, poco influente nelle scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a "ripartire dalle origini"» - è uno scritto capace, specialmente in alcuni suoi tratti, di sostenere lo scoraggiamento e donare un senso di pace, di offrire un'ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Papa Benedetto e, soprattutto, capace di ridare speranza, di continuare a credere e collaborare con forza sicuri che il progetto d'amore di Dio sulla storia si compirà.
Credo valga la pena ri-meditare quello scritto pur a distanza di 50 anni: Era il Natale del 1969.
«Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali. Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. In molte congregazioni più piccole o in gruppi sociali autosufficienti, l'assistenza pastorale verrà normalmente fornita in questo modo. Accanto a questo, il ministero sacerdotale a tempo pieno sarà indispensabile come in precedenza.
Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l'energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell'assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell'esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settaria e la caparbietà pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo». La profezia di Ratzinger sulla Chiesa («Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti»), ha trovato eco, cinquant'anni dopo, nelle parole di papa Francesco, suo successore nel pontificato: «Sogno una Chiesa povera e per i poveri».
Lo stato di salute della Chiesa, se, come preconizzato da Ratzinger, appare precario su molti fronti, richiede oggi un supplemento d'anima ai cristiani. Ed in proposito sono illuminanti le parole di don Primo Mazzolari riguardo a chi spetti compiere il primo passo: «Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che altri s'impegnino con noi o per suo conto, come noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non s'impegna, senza accusare chi non s'impegna, senza condannare chi non s'impegna, senza cercare perché non s'impegna, senza disimpegnarci perché altri non s'impegnano».