La musica di un andriese ad Auschwitz e un kibbutz chiamato Buchenwald
Cosimo Di Ceglie tra i più eseguiti dalla Lagerkapelle e musiche di ebrei a dispetto delle leggi razziali
venerdì 8 marzo 2024
5.08
Nel dicembre 1940, ad Auschwitz I fu assemblata una Lagerkapelle di deportati diretta da Franciszek Nierychło, Kapo delle cucine del Lager e del quale i musicisti sopravvissuti riportano il profilo di un individuo tanto spregevole quanto musicalmente inadeguato al ruolo; Nierychło fu classificato Volksdeutsche e nel 1942 coscritto nella Wermacht, gli subentrò Adam Kopyciński.
A partire dal 6 gennaio 1941 le prove della Lagerkapelle si tennero al piano interrato del Block 24 adibito a sala da concerto presso il quale era allocato un podio e un pianoforte a coda; avendo ascoltato buone orchestre in altri Campi presso i quali avevano già prestato servizio e pertanto motivati da spirito di emulazione e ambizioni di prestigio, le autorità di Auschwitz I affrontarono costi non indifferenti a copertura di acquisto di nuovi strumenti musicali, partiture e parti staccate.
Dotata di un buon parco strumenti, la Lagerkapelle contava 80 elementi tra i quali musicisti professionisti polacchi che ne aumentarono notevolmente la qualità artistica; l'orchestra si esibiva per SS nonché deportati privilegiati (chiamati Prominenten) e talora per i deportati comuni, accompagnava al ritmo di musica marziale l'uscita ed entrata dal Lager dei deportati adibiti al lavoro coatto mentre il sabato si esibiva per le guardie e la domenica per ufficiali, loro familiari e amici.
Il repertorio spaziava dal classico al moderno – in partitura originale o arrangiamenti all'uopo – nonché tra generi e stili quali marce e musica da ballo, musica leggera e canzoni di successo, musica da saloon e salottiera, musica da film e melodie d'operetta, classica ed estratti d'opera, brani di ispirazione latino-americana e opere originali; nel repertorio della Lagerkapelle non poteva di certo mancare musica italiana dell'epoca, da una interessante Fantasia sul Rigoletto di G. Verdi a musica più squisitamente leggera o di intrattenimento sino alla musica da salotto.
Tra i brani di musica italiana eseguita dalla Lagerkapelle spicca la musica napoletana di storici compositori del genere quali Fedele Rivelli (1875-1930), Gaetano Lama (1886-1950) e Giulio de Micheli (1899-1940); da citare la canzone Leila del direttore d'orchestra britannico naturalizzato italiano Alberto Semprini (1908-1990) che nel 1958 a Sanremo arrangiò Nel blu dipinto di blu eseguita da Domenico Modugno e ne diresse l'orchestra (la canzone vinse il Festival).Dulcis in fundo, il gustoso foxtrot Oh Maria, oh Maria! del chitarrista jazz e compositore pugliese Cosimo Di Ceglie (foto), nato ad Andria il 21 ottobre 1913 e formatosi nella Banda della sua città; trasferitosi poco più che ventenne a Milano, si esibì nell'orchestra di un altro illustre andriese ossia Mario Latilla (padre del più celebre Gino), successivamente costituì il trio jazz I tre negri con il pianista Enzo Ceragioli e il fisarmonicista Gorni Kramer (Di Ceglie morì a Milano il 23 agosto 1980).
A parte l'ondata di musica napoletana eseguita pressoché quotidianamente dall'orchestra di Auschwitz I, il repertorio della Lagerkapelle brilla altresì per l'esecuzione di musiche di chiara ispirazione africana e Romanì, in barba ai dettami "estetici" e alle politiche discriminatorie e pseudo-razziali della politica nazionalsocialista; da citare la Zigeuner Suite op.104 e la Afrikanische Suite op.105 di Samuel Coleridge-Taylor negli arrangiamenti di Leo Artok.
Inoltre, quanto meno te l'aspetti, spunta l'esecuzione dinanzi a un pubblico di ufficiali tedeschi plaudenti della rapsodia spagnola Festival at Sevilla dell'ebreo ungherese Mátyás György Seiber, trasferitosi a Francoforte ed emigrato in Gran Bretagna nel 1935 a causa delle Leggi di Norimberga.
Nell'ottobre 1944 numerosi musicisti cechi, russi e polacchi furono trasferiti da Auschwitz I ai Campi aperti nel territorio metropolitano del Reich e i posti vacanti furono occupati da musicisti ebrei professionisti; ciò non impedì un continuo ridimensionamento delle file dell'orchestra (aggiungasi un elevato tasso di mortalità e suicidi), nel novembre 1944 la Lagerkapelle fu completamente sciolta e la maggior parte dei musicisti ebrei trasferita a Bergen-Belsen.
Qualche giorno fa presso il kibbutz Netser Sereni (Israele) è venuta a mancare alla venerabile età di 101 anni Hilde Zimche Gruenbaum, copista dell'orchestra femminile di Birkenau; l'amico e regista israeliano Gady Castel mi spiegava che originariamente il kibbutz si chiamava Buchenwald dato che molti suoi fondatori provenivano dal famigerato Lager poco distante da Weimar.
Più o meno per la medesima ragione, nel 1975 in Israele alcuni ex deportati fondarono presso il kibbutz Givat Chaim la Beit Theresienstadt dotata di biblioteca, archivio e centro didattico.
Quando alla vigilia di Shabbat i membri del movimento ebraico Chabad Lubavitch cantano su testo ebraico La Marseillaise, semplicemente la redimono e la riportano nel suo originale focolare ebraico poiché parte dell'inno francese (già utilizzato da Giovanni Battista Viotti) proviene dai canti del Secondo Tempio di Gerusalemme; nomi di Lager come "Ravensbrück" o "Auschwitz" in canti creati in deportazione, anziché evocarne la tragedia, si rigenerano e suonano quasi gradevoli all'orecchio.
Grazie al potere taumaturgico della musica, cantare il nome di un Lager ci porta incredibilmente vicini a quella realtà tanto da correggerla; se è vero che la mente dell'uomo partorisce ciò che è reale, oggi possiamo riparare ponti e travi pericolanti del pensiero umano.
In alternativa, possiamo chiamare persino un kibbutz "Buchenwald".
Francesco Lotoro
Francesco Lotoro