Il ricordo del prodigio della Sacra Spina | 2

Nel 1308 la reliquia arrivò in città. Dal 1633 ci sono atti ufficiali del miracolo

domenica 20 marzo 2016 10.44
La Sacra Spina, conservata nella Cattedrale di Andria, ha una lunghezza di circa «quattro dita – ci dice Mons. Merra, nel suo libro sulla sacra reliquia – ed ha una grossezza di un grosso filo di spago nel suo basso finimento». La descrizione del Vescovo, che ha studiato a fondo la reliquia, mette in evidenza che le "macchioline" presenti sulla superficie della stessa siano cinque, di cui quattro sono posizionate sulla curvatura della Spina ed una, più grande e visibile, è sulla punta.

Purtroppo dal 1308, quando la sacra reliquia fu donata al Capitolo di Andria, al 1633, data del primo miracolo di cui sono stati recuperati atti ufficiali, non è stato possibile risalire a quante altre volte il fenomeno si sia manifestato. I numerosi incendi e soprattutto la peste che ha colpito Andria in quei tre secoli di "buio storico", sono la principale causa dello smarrimento di preziosissimi archivi che avrebbero fornito notizie interessanti e molto utili per una ricerca più approfondita delle vicende più lontane nel tempo della Sacra Spina. Dal 1633, invece, notai e testimoni oculari hanno descritto l'avvenimento con scritture formali. I primi due prodigi avvennero a distanza di soli undici anni (1633 – 1644) e dalle abili parole degli storici, si evince con quale partecipazione di fede e preghiera la popolazione abbia accolto l'inspiegabile fenomeno. In particolare nel 1644, Mons. Cassiani Vescovo di Andria in quell'epoca, volle far dipingere un affresco in Cattedrale per ricordare lo straordinario evento e per rendere memoria alle future generazioni.

Nel 1701, dopo 57 anni il prodigio si ripetee. Ma un episodio particolare anima il racconto di Mons. Merra. In quell'occasione, infatti, una donna «ossessa, con urli e strida, furibonda e smaniante» corse verso la reliquia sacra esposta sull'altare maggiore tentando di colpirla; ma al comando di Mons. Ariani, Vescovo di Andria, «l'infelice cadde a terra, come corpo morto».