«Il Papa buono patrono dell'Esercito? Un'assurdità»
Un coro di disapprovazione sulla decisione della Congregazione per il culto divino
giovedì 14 settembre 2017
19.31
La decisione di attribuire il titolo di Santo patrono dell'Esercito a Papa Roncalli ha scatenato un putiferio di polemiche. Fra le autorevoli voci che si sono levate per manifestare apertamente la contrarietà verso questa scelta, anche quella di Monsignor Giovanni Ricchiuti. L'alto prelato biscegliese, vescovo della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi, non ha esitato a definire il provvedimento adottato dalla Congregazione per il Culto divino «irrispettoso, assurdo, anticonciliare. Non si può definire in altro modo l'idea di proclamare san Giovanni XXIII patrono dell'Esercito. Un fatto indegno della memoria profetica di quel Pontefice».
Giovanni XXIII, unanimemente definito «Papa buono» e «Papa della pace», associato a una forza armata. L'accostamento non è piaciuto a Monsignor Ricchiuti, che si è detto «indignato e arrabbiato», rimarcando di aver appreso la notizia dai media. Secondo quanto successivamente ricostruito la Segreteria di Stato vaticana non sarebbe stata informata preventivamente. «I vescovi italiani non sono stati consultati, non abbiamo saputo nulla, si è proceduto con una sorta di sotterfugio, ma che stile è? Non lo ammetto, non lo accetto». Fonti vicine alla Congregazione per il Culto divino hanno tentato di "giustificare" la scelta evidenziando il ruolo di cappellano nella sanità militare svolto da Roncalli durante il primo conflitto mondiale.
Molti osservatori si sono chiesti se Papa Francesco fosse al corrente della decisione: «A questo domanda non so rispondere» ha commentato il vescovo biscegliese, confidando in uno stop del procedimento. «Manca ancora l'ufficialità liturgica, che dev'essere proclamata in un rito. In attesa di quel giorno speriamo che si alzino anche altre voci affinché non si faccia questo passo» ha concluso Monsignor Giovanni Ricchiuti.
Ed anche Sergio Paronetto, presidente Centro Studi di Pax Christi Italia ha sottolineato: "Un gesto che ferisce la comunità ecclesiale e l'impegno civile per la pace".
"Tristezza, sconcerto e anche indignazione. Che paradosso proclamare papa Giovanni XXIII patrono dell'esercito! E' come dichiarare Francesco d'Assisi patrono del sistema finanziario o madre Teresa patrona delle multinazionali.
Le ragioni del patronato sono biograficamente riduttive, forzate o parziali, tutte legate alla sua esperienza di cappellano militare durante la prima guerra mondiale "inutile strage". Ma Roncalli non è morto in quegli anni. Proclamarlo patrono per le sue doti di cappellano militare vuol dire snaturarne il messaggio, inchiodarlo a un'esperienza discussa e tremenda che ha superato approdando ad altre argomentazioni, ad altri orizzonti (Concilio, Pacem in terris) così come ha fatto Primo Mazzolari.
Già all'indomani della fine della prima guerra mondiale, Roncalli affermava: «Ciò che vale veramente e soprattutto non è la forza delle spade e dei cannoni, ma la forza della giustizia davanti al cielo e alla terra, la forza del diritto e insieme della umana e divina fraternità degli uomini, il senso dell'onore. In queste cose sta il progresso verace degli individui e delle nazioni» (omelia 17 novembre 1918, chiesa di Santo Spirito, Bergamo).
Nel giugno 1940 osservava che "la guerra è un periculum enorme. Per un cristiano che crede in Gesù e nel suo vangelo un'iniquità e una contraddizione".
Nella Pacem in terris del 1963 invita tutti al "disarmo integrale" considerando la guerra moderna come "l'incubo di un uragano" e un fenomeno assurdo, "alienum a ratione" (60, 61, 67).
E' di guerre, infatti, che si parla quando si parla di esercito. Ultimamente, le guerre in Iraq, in Serbia,in Libia, in Afghanistan sono state le azioni scellerate (e controproducenti) che i governi italiani hannopromosso riuscendo sia ad aggirare l'articolo 11 della Costituzione, sia ad arricchire i fabbricanti di armi,complici dei Parlamenti che rinnovano esorbitanti finanziamenti per sistemi d'arma, bombe, missili, aerei enavi da guerra tanto da non avere più denaro per curare i malati, istruire i giovani, sconfiggere le marginalitàsociali, contastare il dissesto idrogeologico, prevenire le calamità.
Le missioni militari cosiddette di pace raramente sono dentro un'ampia strategia ONU di contrasto alle violenze con forme adeguate di polizia internazionale. Oggi "il libro bianco della difesa" prefigura interventi contrari alla Costituzione della Repubblica, colpisce il fondamento giuridico della nostra carta fondamentale che intende ripudiare le guerre e prevenire i conflitti senza l'uso della guerra.
Ezio Bolis, su "l'Osservatore romano" (11 settembre 2017), osserva che tale scelta potrebbe essere "una provvidenziale occasione per riflettere in modo ponderato sul significato e l'opportunità di una presenza, quella dei cappellani militari, all'interno di un'istituzione qual è l'esercito". Con azzardo utopistico potremmo aggiungere addirittura che la riflessione su papa Giovanni potrebbe ridimensionare lo stesso esercito, allontanarlo dalla Nato, limitarlo a una funzione rigorosamente difensiva.
Magari fosse così. Le dinamiche economiche, politiche e militari vanno in altre direzioni (distruttive e devastanti). Occorre molto realismo per vincere il rischio di ingenuità o di ipocrisia!. In realtà siamo davanti a due tristi operazioni: alla cattura burocratica-castale di un papa noto al mondo per la sua azione di pace e per averci donato la Pacem un terris; al tentativo di imbrigliare e ostacolare il magistero di pace di papa Francesco, ritenuto troppo audace e scomodo, spesso in contrasto con alcune pratiche o silenzi dei vescovi italiani (vedere i suoi interventi al Convegno ecclesiale di Firenze del novembre 2015 o quelli alla CEI nel maggio del 2015 e 2017).
Forse per molti ecclesiastici la via della nonviolenza, indicata da Francesco nel messaggio del 1 gennaio 2017, è ritenuta impossibile e pericolosa. Forse molti ritengono assurdo parlare di terza guerra mondiale a pezzi. Continuo a ritenere con Francesco che la via per la pace può essere solouna via di pace (come ha detto in Colombia il 10 settembre 2017), un'arte da esercitare, un impegno non proclamato a parole ma di fatto negato con strategie di dominio supportate da scandalose spese per armamenti mentre troppe persone sono prive del necessario per vivere. Il magistero di pace dei papi non si merita simile trattamento!"
Giovanni XXIII, unanimemente definito «Papa buono» e «Papa della pace», associato a una forza armata. L'accostamento non è piaciuto a Monsignor Ricchiuti, che si è detto «indignato e arrabbiato», rimarcando di aver appreso la notizia dai media. Secondo quanto successivamente ricostruito la Segreteria di Stato vaticana non sarebbe stata informata preventivamente. «I vescovi italiani non sono stati consultati, non abbiamo saputo nulla, si è proceduto con una sorta di sotterfugio, ma che stile è? Non lo ammetto, non lo accetto». Fonti vicine alla Congregazione per il Culto divino hanno tentato di "giustificare" la scelta evidenziando il ruolo di cappellano nella sanità militare svolto da Roncalli durante il primo conflitto mondiale.
Molti osservatori si sono chiesti se Papa Francesco fosse al corrente della decisione: «A questo domanda non so rispondere» ha commentato il vescovo biscegliese, confidando in uno stop del procedimento. «Manca ancora l'ufficialità liturgica, che dev'essere proclamata in un rito. In attesa di quel giorno speriamo che si alzino anche altre voci affinché non si faccia questo passo» ha concluso Monsignor Giovanni Ricchiuti.
Ed anche Sergio Paronetto, presidente Centro Studi di Pax Christi Italia ha sottolineato: "Un gesto che ferisce la comunità ecclesiale e l'impegno civile per la pace".
"Tristezza, sconcerto e anche indignazione. Che paradosso proclamare papa Giovanni XXIII patrono dell'esercito! E' come dichiarare Francesco d'Assisi patrono del sistema finanziario o madre Teresa patrona delle multinazionali.
Le ragioni del patronato sono biograficamente riduttive, forzate o parziali, tutte legate alla sua esperienza di cappellano militare durante la prima guerra mondiale "inutile strage". Ma Roncalli non è morto in quegli anni. Proclamarlo patrono per le sue doti di cappellano militare vuol dire snaturarne il messaggio, inchiodarlo a un'esperienza discussa e tremenda che ha superato approdando ad altre argomentazioni, ad altri orizzonti (Concilio, Pacem in terris) così come ha fatto Primo Mazzolari.
Già all'indomani della fine della prima guerra mondiale, Roncalli affermava: «Ciò che vale veramente e soprattutto non è la forza delle spade e dei cannoni, ma la forza della giustizia davanti al cielo e alla terra, la forza del diritto e insieme della umana e divina fraternità degli uomini, il senso dell'onore. In queste cose sta il progresso verace degli individui e delle nazioni» (omelia 17 novembre 1918, chiesa di Santo Spirito, Bergamo).
Nel giugno 1940 osservava che "la guerra è un periculum enorme. Per un cristiano che crede in Gesù e nel suo vangelo un'iniquità e una contraddizione".
Nella Pacem in terris del 1963 invita tutti al "disarmo integrale" considerando la guerra moderna come "l'incubo di un uragano" e un fenomeno assurdo, "alienum a ratione" (60, 61, 67).
E' di guerre, infatti, che si parla quando si parla di esercito. Ultimamente, le guerre in Iraq, in Serbia,in Libia, in Afghanistan sono state le azioni scellerate (e controproducenti) che i governi italiani hannopromosso riuscendo sia ad aggirare l'articolo 11 della Costituzione, sia ad arricchire i fabbricanti di armi,complici dei Parlamenti che rinnovano esorbitanti finanziamenti per sistemi d'arma, bombe, missili, aerei enavi da guerra tanto da non avere più denaro per curare i malati, istruire i giovani, sconfiggere le marginalitàsociali, contastare il dissesto idrogeologico, prevenire le calamità.
Le missioni militari cosiddette di pace raramente sono dentro un'ampia strategia ONU di contrasto alle violenze con forme adeguate di polizia internazionale. Oggi "il libro bianco della difesa" prefigura interventi contrari alla Costituzione della Repubblica, colpisce il fondamento giuridico della nostra carta fondamentale che intende ripudiare le guerre e prevenire i conflitti senza l'uso della guerra.
Ezio Bolis, su "l'Osservatore romano" (11 settembre 2017), osserva che tale scelta potrebbe essere "una provvidenziale occasione per riflettere in modo ponderato sul significato e l'opportunità di una presenza, quella dei cappellani militari, all'interno di un'istituzione qual è l'esercito". Con azzardo utopistico potremmo aggiungere addirittura che la riflessione su papa Giovanni potrebbe ridimensionare lo stesso esercito, allontanarlo dalla Nato, limitarlo a una funzione rigorosamente difensiva.
Magari fosse così. Le dinamiche economiche, politiche e militari vanno in altre direzioni (distruttive e devastanti). Occorre molto realismo per vincere il rischio di ingenuità o di ipocrisia!. In realtà siamo davanti a due tristi operazioni: alla cattura burocratica-castale di un papa noto al mondo per la sua azione di pace e per averci donato la Pacem un terris; al tentativo di imbrigliare e ostacolare il magistero di pace di papa Francesco, ritenuto troppo audace e scomodo, spesso in contrasto con alcune pratiche o silenzi dei vescovi italiani (vedere i suoi interventi al Convegno ecclesiale di Firenze del novembre 2015 o quelli alla CEI nel maggio del 2015 e 2017).
Forse per molti ecclesiastici la via della nonviolenza, indicata da Francesco nel messaggio del 1 gennaio 2017, è ritenuta impossibile e pericolosa. Forse molti ritengono assurdo parlare di terza guerra mondiale a pezzi. Continuo a ritenere con Francesco che la via per la pace può essere solouna via di pace (come ha detto in Colombia il 10 settembre 2017), un'arte da esercitare, un impegno non proclamato a parole ma di fatto negato con strategie di dominio supportate da scandalose spese per armamenti mentre troppe persone sono prive del necessario per vivere. Il magistero di pace dei papi non si merita simile trattamento!"