Il coraggio giovanile di mettersi in gioco, Vito Di Bari
Intervista al marciatore andriese delle Fiamme Gialle e della Nazionale Italiana
mercoledì 15 luglio 2015
0.15
La partecipazione alle Olimpiadi resta l'aspirazione massima di ogni atleta, l'immenso velocista giamaicano Usain Bolt ha sostenuto che I primati sono fatti per essere battuti, mentre un oro olimpico rimane per sempre. Dopo Pechino e Londra, il 5 agosto del 2016 sarà inaugurata, a Rio de Janeiro, la XXXI edizione moderna della più prestigiosa competizione sportiva internazionale, un appuntamento che per il marciatore andriese Vito Di Bari non rappresenta un sogno nel cassetto, bensì un importante obiettivo. «Ho dedicato tutta la mia vita - ci ha raccontato Vito - a questo progetto, resistendo a mille difficoltà. Qualche anno fa la mia carriera sportiva è stata messa a rischio da una microfrattura al piede destro, a gennaio 2014 ho subito un'operazione per la rimozione di una fastidiosa ernia, alla fine dello stesso anno sono stato costretto ad uno stop di 4 mesi per un problema al semitendinoso, il quale ha compromesso la mia preparazione invernale. Non ho mollato mai, per me è troppo importante la presenza a Rio. Ora sto bene, ho iniziato la stagione con il raduno della Nazionale in Sicilia, ho partecipato ad alcune gare indoor e sto lavorando intensamente sulla 50 km, che è la distanza sulla quale vorrei partecipare alle prossime Olimpiadi, in quanto risulta la più adatta alle mie caratteristiche». Il recente personale sulla 20 km rappresenta solo la ciliegina sulla torta dei successi finora ottenuti dal ventiquattrenne andriese. Vito Di Bari, componente delle Fiamme Gialle della Guardia di Finanza dal 2009, è stato campione italiano nelle categorie Allievi, Junior e Promesse, ha conquistato il titolo assoluto sulla 20 km nel 2013, oltre ai bronzi nel Mondiale u18 ad Ostrava (2007) e al Torneo 9 Nazioni u20 a Podebrady (2008). Il palmares del finanziere annovera anche una medaglia d'argento alla Coppa del Mediterraneo di Rabat, sempre nel 2008.
Nonostante le numerose gare affrontate con la prestigiosa casacca azzurra della Nazionale, il talento pugliese non ha mai dimenticato gli esordi nella Asd Belvedere Andria. «La mia passione – ha continuato Vito - nasce con i giochi sportivi studenteschi, ai tempi delle scuole medie, durante i quali mi sono dilettato nella corsa campestre. Successivamente ho avuto la fortuna di conoscere Giuseppe Tortora ed Angelo Summo, i pilastri della prima società sportiva in cui sono stato tesserato. Entrambi hanno voluto investire su di me, prima sulla corsa e poi sulla marcia, considerata la mia resistenza. Nel 2006 Angelo è venuto a mancare, per me andare avanti senza di lui è stato molto difficile. Egli mi ha costruito e collaudato, sono opera sua. L'anno successivo ho indossato la mia prima maglia azzurra, oltre a vincere il titolo Allievi, ed ancora oggi i miei sacrifici li dedico a lui».
Il marciatore andriese continua ad allenarsi quotidianamente sull'asfalto della Villa Comunale della città federiciana e sulla pista di atletica dello stadio "Sant'Angelo dei Ricchi". A dettargli i programmi di lavoro è ancora il prof. Tortora, ormai suo allenatore storico. «Ho provato a fare – ci ha riferito Vito – il grande salto di qualità, trasferendomi ad Ostia per un anno, ma i risultati non sono stati dei migliori. Per questo ho deciso di ripartire da casa, dai luoghi in cui sono cresciuto come atleta e dalla professionalità del maestro Pino Tortora, che non mi ha mai fatto mancare il suo supporto, sia come mister che come uomo». Abbiamo anche chiesto a Vito cosa si è portati a pensare quando il doping spezza anche leggende intoccabili del calibro di Alex Schwazer, vincitore della 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino 2008. «Non è facile – ha risposto il marciatore – digerire queste notizie, soprattutto se a cadere in questi errori sono degli idoli, dei modelli eroici da imitare. Chi si dopa, oltre ad infrangere le regole fondamentali del gioco, distrugge i sogni e le aspettative degli atleti più giovani, che vedono trasformarsi i miti in dei mostri. Nei casi più gravi la sola sospensione temporanea dall'attività risulta inaccettabile, ritengo più giusta la squalifica a vita».
Vito Di Bari è ancora giovane, nella sua bacheca personale potrà continuare a collezionare medaglie e riconoscimenti, tuttavia eravamo curiosi di capire come immagina la sua vita dopo il ritiro dall'attività agonistica. «La fine – ha concluso Vito – sarà un nuovo inizio. Spero di poter essere un punto di riferimento per le nuove leve che avranno voglia di mettersi in gioco in questa disciplina, inoltre sogno di far rinascere la Belvedere. Io grazie a questa società sono cresciuto in un ambiente sano ed ho potuto beneficiare, nella vita quotidiana, dei grandi valori che lo sport sa insegnare. Insomma, mi auguro che la costruzione di una realtà sociale migliore possa passare anche dallo sport sano, quello che piace a me. Io garantirò il mio piccolo contributo e metterò a disposizione la mia esperienza».
Nonostante le numerose gare affrontate con la prestigiosa casacca azzurra della Nazionale, il talento pugliese non ha mai dimenticato gli esordi nella Asd Belvedere Andria. «La mia passione – ha continuato Vito - nasce con i giochi sportivi studenteschi, ai tempi delle scuole medie, durante i quali mi sono dilettato nella corsa campestre. Successivamente ho avuto la fortuna di conoscere Giuseppe Tortora ed Angelo Summo, i pilastri della prima società sportiva in cui sono stato tesserato. Entrambi hanno voluto investire su di me, prima sulla corsa e poi sulla marcia, considerata la mia resistenza. Nel 2006 Angelo è venuto a mancare, per me andare avanti senza di lui è stato molto difficile. Egli mi ha costruito e collaudato, sono opera sua. L'anno successivo ho indossato la mia prima maglia azzurra, oltre a vincere il titolo Allievi, ed ancora oggi i miei sacrifici li dedico a lui».
Il marciatore andriese continua ad allenarsi quotidianamente sull'asfalto della Villa Comunale della città federiciana e sulla pista di atletica dello stadio "Sant'Angelo dei Ricchi". A dettargli i programmi di lavoro è ancora il prof. Tortora, ormai suo allenatore storico. «Ho provato a fare – ci ha riferito Vito – il grande salto di qualità, trasferendomi ad Ostia per un anno, ma i risultati non sono stati dei migliori. Per questo ho deciso di ripartire da casa, dai luoghi in cui sono cresciuto come atleta e dalla professionalità del maestro Pino Tortora, che non mi ha mai fatto mancare il suo supporto, sia come mister che come uomo». Abbiamo anche chiesto a Vito cosa si è portati a pensare quando il doping spezza anche leggende intoccabili del calibro di Alex Schwazer, vincitore della 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino 2008. «Non è facile – ha risposto il marciatore – digerire queste notizie, soprattutto se a cadere in questi errori sono degli idoli, dei modelli eroici da imitare. Chi si dopa, oltre ad infrangere le regole fondamentali del gioco, distrugge i sogni e le aspettative degli atleti più giovani, che vedono trasformarsi i miti in dei mostri. Nei casi più gravi la sola sospensione temporanea dall'attività risulta inaccettabile, ritengo più giusta la squalifica a vita».
Vito Di Bari è ancora giovane, nella sua bacheca personale potrà continuare a collezionare medaglie e riconoscimenti, tuttavia eravamo curiosi di capire come immagina la sua vita dopo il ritiro dall'attività agonistica. «La fine – ha concluso Vito – sarà un nuovo inizio. Spero di poter essere un punto di riferimento per le nuove leve che avranno voglia di mettersi in gioco in questa disciplina, inoltre sogno di far rinascere la Belvedere. Io grazie a questa società sono cresciuto in un ambiente sano ed ho potuto beneficiare, nella vita quotidiana, dei grandi valori che lo sport sa insegnare. Insomma, mi auguro che la costruzione di una realtà sociale migliore possa passare anche dallo sport sano, quello che piace a me. Io garantirò il mio piccolo contributo e metterò a disposizione la mia esperienza».