I vendoliani hanno ucciso "Nichi Il Grande" lo Zar di tutte le Puglie

Pubblichiamo un articolo de "Il Quartino" sull'analisi dei risultati delle Primarie 2012. Il pezzo ha già fatto discutere e sulla rete ha già fatto registrare centinaia di "Tag"

mercoledì 28 novembre 2012 14.00
Da sette anni rappresentano il nulla che avanza. Fino a sette anni fa non esistevano, non lavoravano e, in alcuni casi, non avevano mai lavorato. Poi, dal 2005, il miracolo. Nichi Vendola vince le elezioni e diventa lo zar di tutte le Puglie. Per loro, i vendoliani, nulla sarà più come prima. Diventano manager, produttori, cineasti, musicologi, politologi, giornalisti, innovatori, comunicatori, commentatori, critici, spin doctors, sciamani, profeti , veggenti. Mancano solo gli astrologi e il cerchio magico si chiude.

Nel 2005, la Puglia aveva creduto a Nichi I il Grande. I pugliesi avevano creduto che fosse arrivato il Messia, colui che avrebbe riportato la giustizia, la meritocrazia e la pulizia in un ambiente corrotto dai vecchi caimani. Lui, se voleva, poteva anche camminare sulle acque, prometteva pani e pesci per tutti, raccontava parabole e chiedeva che anche i bambini andassero da lui. E , mentre Bari si trasformava in Nichigrad, ciò che si moltiplicava erano sì i pani e i pesci ma non per il popolo bensì per i vendoliani. Gli stessi, che da sette anni a questa parte, hanno leso all'immagine dello zar, faticosamente costruita e che, ieri, gli hanno inferto il colpo di grazia. A rigore di logica, ieri in Puglia, Nichi I il Grande, avrebbe dovuto sbancare con risultati bulgari. E, invece, proprio la sua Puglia è stata la sua Waterloo. Per colpa di chi? Ma dei vendoliani, parbleu! Per sette anni hanno rappresentato tutto quello che i pugliesi avevano condannato del governo precedente: il clientelismo, il favoritismo e la nullità ingiustamente premiata.

Le loro bacheche facebookiane trasudano arroganza , presunzione, superbia. Se li contraddici sei fascista e ti sbatterebbero volentieri a marcire per sempre in un gulag. Se fai la giornalista e racconti i fatti, quelli che a loro non piacciono, ti tolgono il saluto, finisci sul libro nero del Kgb e ti condannano a morte. Loro capiscono tutto, sono tutto, comprendono tutto, sono gli unti da Nichi. La cultura, o presunta tale, con loro diventa un Minculpop. Panem (per loro) e circenses (per il popolo). Attraversano la città con falcate da marcia sulla Piazza Rossa, indossano cappotti dell'impero austro-ungarico, portano le kefiah al collo, mangiano kebab e bevono birra e si sentono il miglior mixage tra Fellini e Pasolini. Eppure, per lo più, come direbbe Cetto Laqualunque, non capiscono una beata minchia.

Sono loro ad aver distrutto quel sogno iniziato nel 2005. Vendola era stato fatto sedere al grande tavolo della Regione Puglia, ma ha commesso un grande errore, non è stato chiaro allo scarto. Ha promesso il cambiamento ma ha fatto come quelli che lo hanno preceduto premiando i suoi senza che lo meritassero. E ieri, la Puglia, gli ha dato un bel liscio e busso.

Cosa deve fare ora Nichi I il Grande? Cacciarli, tutti, come fece Gesù con i mercanti del tempio. Faccia piazza pulita e mandi in Siberia tutti quelli che lo hanno circondato finora. Cacci dal palazzo le anime nere e i cardinali Richelieu, i consiglieri incapaci e ambiziosi, le prefiche doloranti, le minculpopiste, i giornalisti adoranti e adulatori e tutti coloro che sulla sua pelle hanno costruito le loro personali fortune.

Si faccia reggere il mantello da persone capaci, da quei tanti cervelli giovani, o meno giovani, che continuano a scappare dalla Puglia, da persone senza arroganza e senza pregiudizio. Semplicemente, da quel popolo della sinistra che ieri è andato a votare con passione e romanticismo, con ideali e senza poltrone sotto il sedere da difendere. Ieri sera, Nichi I il Grande, durante la conferenza stampa ha detto che sogna «una Rai libera non più assoggetta alla politica, dove trionfi l'informazione scevra da condizionamenti, dove ci sia spazio per i giornalisti meritevoli». Presidente, cominci dalla Puglia a fare pulizia, insegni ai suoi adepti che anche le giornaliste libere vanno salutate e rispettate, inizi a liberare le poltrone ingiustamente occupate, premi chi lo merita e non chi le ha fatto la campagna elettorale. E sa perché lo deve fare? Perché lei li ingaggia ma noi ce li piangiamo. E li paghiamo pure.

Ieri (domenica sera ndr), nella sala stampa del Palace Hotel, c'era la stessa atmosfera dei funerali nordcoreani del Caro Leader. Non hanno battuto i pugni per terra, non ci sono state scene strazianti, ma qualcuna ha pianto. Ed erano lacrime sincere, femminili, come solo le donne sanno versare. Qualcuna ha avuto anche l'umiltà e l'onestà intellettuale di chiedere scusa alle giornaliste libere. Ed è stata catarsi. Ma come ha detto William Shakespeare «I giorni brutti passano, esattamente come tutti gli altri». Passerà anche questo 25 novembre. Una Puglia migliore c'è, ma non è quella che ci avete fatto vedere sinora.


L. M.