Grano, verso un accordo agricoltori e pastai

A meno di un mese dalle operazioni di raccolta

venerdì 19 maggio 2017
Sopralluogo nei campi di grano delle province di Bari e Foggia di Coldiretti Puglia, con i tecnici del Consorzio agrario del Centro – Sud e di Francesco Divella dell'omonimo pastificio per accertarsi del buon andamento della campagna cerealicola e della qualità del grano duro che gli industriali di Rutigliano utilizzeranno per fare la pasta 100% 'made in Italy' e dare seguito all'accordo di filiera.

"Da qui la necessità di accelerare l'iter di entrata in vigore della legge sull'etichettatura obbligatoria del grano usato per fare la pasta – spiega ilPresidente di Coldiretti puglia, Gianni Cantele – che risponde alle richieste di 8 italiani su 10 che la ritengono necessaria per smascherare l'inganno del prodotto straniero spacciato per italiano in una situazione in cui un pacco di penne e spaghetti su tre contiene prodotto straniero senza che si sappia. Il "grano giramondo" ha contribuito a far crollare del 48% i prezzi del grano pugliese che continua così ad essere colpito da una speculazione da 145 milioni di euro che sono le perdite subite dagli agricoltori del 'granaio d'Italia' per il crollo dei prezzi rispetto allo scorso anno, senza alcun beneficio per i consumatori".

Fare pasta con grano 100% italiano evidentemente si può, come ampiamente testimoniato dalla concreta volontà espressa dal gruppo Divella e dalla proliferazione di marchi che fanno pasta con grano 100% italiano. Parliamo di un percorso iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell'iniziativa del progetto di Filiera degli Agricoltori Italiani (FdAI) che si è esteso ad alcune catene della grande distribuzione, ai marchi più prestigiosi quali Ghigi, Valle del grano Jolly Sgambaro, Granoro, Armando, fino all'annuncio del marchio napoletano "Voiello" del Gruppo Barilla che ora vende solo pasta fatta da grano italiano al 100% di varietà 'aureo'.

"Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori – incalza il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, e accordi come quello con la Divella vanno replicati, in modo da garantire ai produttori il giusto reddito e ai consumatori prodotti di cui sia certa l'origine del grano. Oltre all'etichettatura obbligatoria della pasta, del pane e dei prodotti da forno in genere, chiediamo il blocco delle importazioni a dazio 0 e il 100% dei controlli sul grano importato, la moratoria bancaria ed interventi finanziari per le imprese cerealicole, l'attivazione immediata della CUN nazionale cerealicola con base logistica a Foggia, il granaio d'Italia, e sostegni pubblici solo alle imprese che lavorano grano italiano. Nel 2016 abbiamo assistito ad un crack senza precedenti con i compensi degli agricoltori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa, a causa delle manovre di chi fa acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da "spacciare" come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell'obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato. Sono quadruplicate le importazioni (+315%) dall'Ucraina che è diventato nel 2016 il terzo fornitore di grano tenero per la produzione di pane, mentre per il grano duro da pasta il primato spetta al Canada che ha aumentato del 4% le spedizioni. Una realtà che rischia di essere favorita dall'approvazione da parte dell'Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che rappresenta il primo esportatore di grano duro in Italia. Un accordo che dovrà essere ratificato dal Parlamento nazionale contro il quale - precisa la Coldiretti - rischia di scatenarsi una nuova guerra del grano".

Una situazione drammatica determinata dal crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che nella campagna 2016 sono praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale del grano importato dall'estero e poi utilizzato per fare pasta venduta come italiana.
Una realtà che - denuncia la Coldiretti - rischia di essere favorita dall'approvazione da parte dell'Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada che rappresenta il primo esportatore di grano duro in Italia. Un accordo che dovrà essere ratificato dal Parlamento nazionale contro il quale - precisa la Coldiretti - rischia di scatenarsi una nuova guerra del grano.


Una produzione attesa di 4,5 milioni di tonnellate, una superfice di 1,27 milioni di ettari seminati, con un calo dell'8,3% rispetto al 2016/17 e una resa a grano duro di 3,55 tonnellate/ettaro (-4,23% rispetto alla campagna precedente). Queste le previsioni sulla semina e produzione di frumento duro in Italia elaborati dalla società di ricerca Areté e presentate ieri a Foggia in occasione dell'evento internazionale Durum Days che per la prima volta ha visto riunita tutta la filiera di grano e pasta per avviare un percorso di dialogo e condivisione di strategie.

La produzione dell'Italia, che è il secondo produttore mondiale di grano, rappresenta com'è noto il primo elemento di riferimento per comprendere l'andamento globale dei prezzi del frumento duro per la prossima campagna. Si tratta di una produzione inferiore a quella dello scorso anno, pari a 5 milioni di tonnellate (dato Istat 2016/17), che contribuirà a mantenere il mercato ben approvvigionato grazie anche all'ampio riporto di scorte, seppur a livelli inferiori rispetto alla campagna appena chiusa. Secondo i dati presentati dal CREA, le superfici seminate a frumento duro nella campagna 2016/2017, hanno visto un calo più contenuto nel Centro Italia (-5,4%), contro il -7,4% del Sud ed una media del -9,1% del Nord.

In Canada si attende invece una produzione pari a 5,5 milioni di tonnellate, con un calo del 29% rispetto alla campagna 2016/2017. Le stime Areté prevedono anche un aumento dell'export (+6,7%), che dovrebbe raggiungere i 4,8 milioni di tonnellate. Il rapporto tra gli stock finali e gli utilizzi totali si attesterà sul 36% (era pari al 46% nel 2016/2017). A livello internazionale, insieme al calo stimato in Nord America (al -29% del Canada si aggiunge il -19% degli Usa) e a un calo del -1,04% per la produzione dell'UE a 28, spicca in controtendenza solo il dato del Nord Africa, dove la produzione è prevista crescere del 49%.