Gino Piccolo sulla vittoria di Biden in USA: “Bisogna saper perdere!"
Una riflessione del referente del Centro "Igino Giordani" di Andria, dopo l'ufficialità della vittoria del candidato democratico
lunedì 9 novembre 2020
Era la notte del 4 novembre 2008 e Barack Obama era appena stato eletto Presidente degli Stati Uniti d'America. Lo sfidante, John Mc Cain, repubblicano, sale sul palco a Phoenix davanti ai suoi sostenitori e pronuncia uno dei discorsi della sconfitta più belli ed ispirati mai pronunciati.
«Amici miei, siamo giunti al termine di un lungo viaggio. Il popolo americano si è pronunciato, e lo ha fatto con chiarezza. Pochi istanti fa ho avuto l'onore di sentire al telefono il senatore Barack Obama per congratularmi con lui per l'elezione a nuovo presidente del Paese che entrambi amiamo.
In una competizione lunga e difficile qual è stata questa campagna elettorale, il suo successo – da solo – merita tutto il mio rispetto per l'abilità e perseveranza con cui è stato ottenuto. Il fatto che egli sia riuscito in quest'impresa animando le speranze di così tanti milioni di americani, un tempo ingiustamente convinti di aver ben poco da guadagnare oppure scarsa influenza nell'elezione di un presidente americano, è qualcosa che desta in me profonda ammirazione e la cui riuscita merita il mio encomio.
Questa di oggi è un'elezione storica, e io riconosco lo speciale significato che essa riveste per gli afro-americani e lo speciale orgoglio che stasera essi devono provare. Sono sempre stato convinto che l'America offra opportunità a chiunque abbia lo zelo e la volontà per coglierle. Anche il senatore Obama ne è convinto. Entrambi riconosciamo che sebbene ci siamo lasciati da tempo alle spalle le vecchie ingiustizie che hanno macchiato la reputazione della nostra nazione e negato a un certo numero di americani la piena benedizione della cittadinanza, il loro ricordo ha ancora il potere di ferire.
Un secolo fa, l'invito a cena alla Casa Bianca rivolto dal presidente Theodore Roosevelt a Booker T. Washington fu visto da più parti come un oltraggio. L'America oggi è lontana un mondo dalla crudele e superba faziosità di quei tempi. Niente lo dimostra meglio dell'elezione di un afro-americano alla presidenza degli Stati Uniti. E nessun americano, per nessun motivo, deve oggi rinunciare a onorare la sua cittadinanza in questa che è la più grande nazione della Terra.
Il senatore Obama ha raggiunto un grandioso traguardo per sé e per il suo Paese. Di tutto questo gli rendo merito, e gli porgo le mie più sincere condoglianze per la morte della sua adorata nonna che non è vissuta abbastanza a lungo per vedere questo giorno. Tuttavia, la nostra fede ci assicura che lei oggi riposa al cospetto del Creatore, e sarà quindi molto fiera del buon uomo che ha aiutato a crescere.
Il senatore Obama e io abbiamo avuto le nostre divergenze, le abbiamo dibattute e lui ha avuto la meglio. Non c'è dubbio che molte di queste differenze permangano. Ma, quali che siano le nostre differenze, siamo tutti americani. E vi prego di credermi che nessun vincolo è mai stato per me più importante di questo. È normale, questa sera, provare un po' di delusione; ma già domani dovremo superarla e lavorare assieme per rimettere in moto il nostro Paese.
Sono tempi difficili per il nostro Paese, e io questa sera gli prometto di fare tutto ciò che è in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le numerose sfide che ci attendono. Esorto tutti gli americani che mi hanno offerto il loro appoggio a unirsi a me non soltanto nel congratularsi con lui, ma nell'offrire al nostro nuovo presidente la buona volontà e un onesto sforzo per trovare il modo di incontrarci, per raggiungere i necessari compromessi, per colmare le nostre differenze e cercare di ritrovare la nostra prosperità, difendere la nostra sicurezza in un mondo pieno di insidie e lasciare ai nostri figli e nipoti un Paese migliore e più forte di quello che abbiamo ereditato.
Auguro le migliori cose all'uomo che era il mio avversario e che sarà il mio Presidente».
«Amici miei, siamo giunti al termine di un lungo viaggio. Il popolo americano si è pronunciato, e lo ha fatto con chiarezza. Pochi istanti fa ho avuto l'onore di sentire al telefono il senatore Barack Obama per congratularmi con lui per l'elezione a nuovo presidente del Paese che entrambi amiamo.
In una competizione lunga e difficile qual è stata questa campagna elettorale, il suo successo – da solo – merita tutto il mio rispetto per l'abilità e perseveranza con cui è stato ottenuto. Il fatto che egli sia riuscito in quest'impresa animando le speranze di così tanti milioni di americani, un tempo ingiustamente convinti di aver ben poco da guadagnare oppure scarsa influenza nell'elezione di un presidente americano, è qualcosa che desta in me profonda ammirazione e la cui riuscita merita il mio encomio.
Questa di oggi è un'elezione storica, e io riconosco lo speciale significato che essa riveste per gli afro-americani e lo speciale orgoglio che stasera essi devono provare. Sono sempre stato convinto che l'America offra opportunità a chiunque abbia lo zelo e la volontà per coglierle. Anche il senatore Obama ne è convinto. Entrambi riconosciamo che sebbene ci siamo lasciati da tempo alle spalle le vecchie ingiustizie che hanno macchiato la reputazione della nostra nazione e negato a un certo numero di americani la piena benedizione della cittadinanza, il loro ricordo ha ancora il potere di ferire.
Un secolo fa, l'invito a cena alla Casa Bianca rivolto dal presidente Theodore Roosevelt a Booker T. Washington fu visto da più parti come un oltraggio. L'America oggi è lontana un mondo dalla crudele e superba faziosità di quei tempi. Niente lo dimostra meglio dell'elezione di un afro-americano alla presidenza degli Stati Uniti. E nessun americano, per nessun motivo, deve oggi rinunciare a onorare la sua cittadinanza in questa che è la più grande nazione della Terra.
Il senatore Obama ha raggiunto un grandioso traguardo per sé e per il suo Paese. Di tutto questo gli rendo merito, e gli porgo le mie più sincere condoglianze per la morte della sua adorata nonna che non è vissuta abbastanza a lungo per vedere questo giorno. Tuttavia, la nostra fede ci assicura che lei oggi riposa al cospetto del Creatore, e sarà quindi molto fiera del buon uomo che ha aiutato a crescere.
Il senatore Obama e io abbiamo avuto le nostre divergenze, le abbiamo dibattute e lui ha avuto la meglio. Non c'è dubbio che molte di queste differenze permangano. Ma, quali che siano le nostre differenze, siamo tutti americani. E vi prego di credermi che nessun vincolo è mai stato per me più importante di questo. È normale, questa sera, provare un po' di delusione; ma già domani dovremo superarla e lavorare assieme per rimettere in moto il nostro Paese.
Sono tempi difficili per il nostro Paese, e io questa sera gli prometto di fare tutto ciò che è in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le numerose sfide che ci attendono. Esorto tutti gli americani che mi hanno offerto il loro appoggio a unirsi a me non soltanto nel congratularsi con lui, ma nell'offrire al nostro nuovo presidente la buona volontà e un onesto sforzo per trovare il modo di incontrarci, per raggiungere i necessari compromessi, per colmare le nostre differenze e cercare di ritrovare la nostra prosperità, difendere la nostra sicurezza in un mondo pieno di insidie e lasciare ai nostri figli e nipoti un Paese migliore e più forte di quello che abbiamo ereditato.
Auguro le migliori cose all'uomo che era il mio avversario e che sarà il mio Presidente».