Sanità, Di Terlizzi: «I problemi non sono ascrivibili alla libera professione dei medici»

La nota del portavoce di Fratelli d'Italia AN di Andria

venerdì 25 marzo 2016 10.36
Questa volta è il presedente della Regione Toscana, Enrico Rossi, l'uomo del PD pronto a trovare risoluzione ai decennali problemi del Sistema Sanitario Nazionale, con un comunicato dapprima apparso tramite social, quasi a voler constatare l'effetto che avrebbe sortito sull'opinione pubblica, poi rilanciato in una intervista più approfondita. Così l'uomo pronto a sfidare Renzi alla guida del PD, pubblica la cura per i mali della Sanità italiana, che secondo lo stesso sono attribuibili alla libera professione svolta dai medici.

«Di fatti - scrive Gaetano Di Terlizzi, portavoce cittadino di Fratelli d'Italia AN Andria - secondo Rossi la libera professione rappresenta una fonte di diseguaglianza e di corruzione, che conduce gli italiani ad essere scandalizzati ed umiliati. La libera professione bisogna ricordare è stata negli anni oggetto di materia di legge (120 del 2007), proposta dall'allora ministro della Salute, Livia Turco, e di seguito integrata (2012) dal cosiddetto decreto Balduzzi. Secondo il presidente della Regione Toscana, Rossi, che ha dapprima avuto l'ardire di scrivere un post su facebook, poi di spiegare le motivazioni della sua proposta, per altro già criticata dai suoi stessi compagni di partito, che pensa di tramutare in legge in pochi mesi, la fonte dei problemi legati al mondo sanitario sarebbe proprio l'esercizio della attività libero professionale, già normata da appositi regolamenti legislativi. Il Sistema Sanitario Nazionale, depredato per anni, sottoposto a continue mortificazioni con leggi discutibili, foriero di precariato perenne, vittima di piani di rientro come una qualunque azienda, ha finalmente trovato la giusta via da percorrere per ridestarsi dallo stato di perenne sofferenza. E come sempre accade, bisogna colpire chi tra mille difficoltà, ogni giorno svolge il proprio lavoro in maniera egregia, senza far ricadere sul cittadino le discutibili decisioni in materia di salute, da parte di quanti non hanno mai compreso neanche cosa sia davvero essere medici al giorno d'oggi. Quindi piuttosto che garantire cura al cittadino, investire in ricerca, trovare risoluzione alle carenze strutturali, organiche e tecnologiche di talune strutture, anche di centri di grande afflusso, organizzare una rete di trauma center sul territorio nazionale, potenziare il sistema di emergenza urgenza, per combattere il male affare che si anniderebbe in Sanità bisogna obbligare i medici ad essere dipendenti "fantozziani" senza la possibilità di poter decidere della propria vita professionale. Tutto questo perché la libera professione equivale all'esercizio della corruzione da parte dei medici, secondo Rossi, che forse dimentica, nonostante sia stato per anni assessore alla Sanità della Regione Toscana, ed abbia destinato proprio fondi pubblici per disciplinare la attività libero professionale, quali siano le regole che legittimano un medico ad esercitare tale diritto, già definito alla sottoscrizione del proprio contratto di lavoro. Uniformare il comportamento poi di pochi medici, rei di eventuali atti offensivi nei confronti dei cittadini e del SSN, all'attività egregia svolta dai tanti, è assolutamente populista, nel senso meno nobile del termine, fonte solo di un ulteriore acredine tra il paziente ed il medico, rapporto questo già incrinatosi per le tante, forse troppe, leggi restrittive poste sull'attività del sanitario. Le leggi in vigore, obbligano il medico che esercita la libera professione in regime di intra od extramoenia, ad un rapporto di lavoro con trattenuta dalla busta paga di una quota dello stipendio mensile, o il devolvere parte dei proventi dell'intramoenia alla azienda ospedaliera ove tale prestazione viene eseguita. Per altro la attività è normata da altre leggi in vigore che debbono essere necessariamente rispettate, per la apertura di uno studio e/o ambulatorio medico, con spese a carico del sanitario, che rappresentano una fonte di ulteriore introito per lo Stato. Penso poi agli investimenti effettuati per la gestione di uno studio medico, come acquisto di macchinari od altri presidi, che sarebbero così destinati ad essere riposti in cantina, oppure il presidente Rossi, troverà il modo per provvedere al pagamento delle rate dei finanziamenti in essere. Le liste di attesa lunghe non sono frutto di certo di una tale condizione lavorativa, come definito da Rossi, ma forse ascrivibili alla carenza di personale ed inadeguatezza tecnologica di talune strutture. Dopo le affermazioni del presidente Rossi, frutto di una inutile propaganda politica, figlia di qualunquismo vetusto, di un populismo che puzza di naftalina, ci auguriamo che le associazioni di categoria, visto che noi come partito e Dipartimento abbiamo sollevato la questione - conclude Di Terlizzi - si mobilitino per affermare il diritto del lavoro del medico già per altro normato per legge. Alla fine però speriamo che tali affermazioni, siano invece una battuta comica, visto che la terra Toscana è foriera di grandi comici. Rispetto per i medici, già vessati ingiustamente, professionisti che altrove troverebbero maggiore considerazione da parte del governo centrale, e basta ad inutili attacchi, privi di fondamento ed acclarate prove».