Fondazione “Bonomo”, appello degli ex dipendenti
A Emiliano e ai politici del territorio. Pronti a gesti eclatanti, se non trovate soluzioni
venerdì 30 dicembre 2016
12.48
«Dopo 18 mesi dalla chiusura, solo vaghe promesse e nessun intervento concreto: adesso basta! Siamo pronti a gesti eclatanti per manifestare tutta la nostra rabbia e la nostra delusione nei confronti di una classe politica sorda, cieca e bugiarda».
Gli ex dipendenti della Fondazione "Bonomo" di Castel del Monte rivolgono l'ennesimo appello al Governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, e a tutti gli esponenti politici regionali e locali del territorio, a partire dal presidente della Provincia Barletta – Andria – Trani e sindaco di Andria (nel cui territorio la Fondazione è insediata), Nicola Giorgino, e dal presidente della Città Metropolitana di Bari, Antonio Decaro.
«Abbiamo capito da tempo – affermano gli ex dipendenti – che l'ex Centro Ricerche Bonomo fu rimesso in piedi dalla Provincia Bat sotto le insegne della Fondazione, dopo i disastri lasciati in eredità dalla Provincia di Bari, perché funzionale all'imminente campagna elettorale per le Regionali e le Amministrative del 2015. Così, ricercatori, tecnici e amministrativi si sono potuti dedicare con entusiasmo e professionalità al lavoro quotidiano, anche se durante l'inverno talvolta sono stati costretti a lavorare senza riscaldamento e malgrado le attrezzature inutilizzate da anni avessero bisogno di ben più accurati lavori di ripristino e manutenzione».
I successi hanno sempre molti padri, i fallimenti sono sempre orfani. Fuori dalla struttura, a distanza di chilometri, in tanti esibivano con orgoglio la nuova medaglia appuntata sul petto; dentro, invece, si lavorava e, intanto, con l'approssimarsi delle scadenze dei contratti a termine, si avvertiva in maniera sempre più tangibile il silenzio e l'assenza di chi avrebbe dovuto e potuto adoperarsi per assicurare continuità alla ricerca.
«Abbiamo salutato con rinnovata fiducia – sottolineano ricercatori, tecnici e amministrativi del "Bonomo" – le visite al Centro di Francesco Spina, allora presidente della Provincia Bat, di Francesco Ventola, ex presidente della Bat che aveva ideato la Fondazione, di Nino Marmo, consigliere regionale della Puglia, della delegazione del Movimento 5 Stelle guidata da Michele Coratella, allora candidato sindaco ad Andria, e Grazia Di Bari, allora candidata e poi eletta consigliera regionale della Puglia, di Casare Veronico, presidente del Parco dell'Alta Murgia e anch'egli candidato al Consiglio regionale pugliese, di Ruggiero Mennea, altro candidato alla Regione e consigliere regionale uscente che aveva dichiarato il suo impegno per il "Bonomo" perfino sulla sua brochure elettorale, Marco Lacarra, candidato al Consiglio regionale e adesso segretario regionale del Pd. Abbiamo atteso invano Nicola Giorgino, sindaco uscente di Andria e ricandidato, Michele Emiliano, poi eletto Governatore, Gianluca Nardone, allora presidente della Fondazione e adesso Direttore del Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia. Tra presenti e assenti, piano piano, alla fine tutti si sono dileguati. Si sono arresi, dicono alcuni di loro, a un destino ineluttabile causato da difficoltà che facciamo fatica a comprendere. Noi, invece, ci siamo convinti, molto più semplicemente, che l'ex Centro Ricerche Bonomo debba morire perché non interessa a lorsignori, dal momento che non crea clientele, non offre prebende, nulla aggiunge e nulla toglie alla comodità della poltrona sulla quale siedono».
La "colpa" è sempre di qualcun altro, dicono loro: la Bat dava la colpa alla Provincia di Bari e viceversa; la Regione dà la colpa alla Città Metropolitana; il Comune di Andria dà la colpa a tutti: gira gira, nessuno si assume una responsabilità. Nemmeno in presenza di un documento politico approvato all'unanimità dal Consiglio Regionale che impegna Emiliano e la sua Giunta a farsi carico della Fondazione.
«Visto che con le buone, con le sollecitazioni, con il dialogo non si ottengono risultati – concludono gli ex dipendenti della Fondazione Bonomo – ogni momento può essere quello buono per iniziative di protesta che facciano davvero rumore e costringano la politica a riaccendere i riflettori su tanti professionisti lasciati senza lavoro e, soprattutto, senza dignità».
Gli ex dipendenti della Fondazione "Bonomo" di Castel del Monte rivolgono l'ennesimo appello al Governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, e a tutti gli esponenti politici regionali e locali del territorio, a partire dal presidente della Provincia Barletta – Andria – Trani e sindaco di Andria (nel cui territorio la Fondazione è insediata), Nicola Giorgino, e dal presidente della Città Metropolitana di Bari, Antonio Decaro.
«Abbiamo capito da tempo – affermano gli ex dipendenti – che l'ex Centro Ricerche Bonomo fu rimesso in piedi dalla Provincia Bat sotto le insegne della Fondazione, dopo i disastri lasciati in eredità dalla Provincia di Bari, perché funzionale all'imminente campagna elettorale per le Regionali e le Amministrative del 2015. Così, ricercatori, tecnici e amministrativi si sono potuti dedicare con entusiasmo e professionalità al lavoro quotidiano, anche se durante l'inverno talvolta sono stati costretti a lavorare senza riscaldamento e malgrado le attrezzature inutilizzate da anni avessero bisogno di ben più accurati lavori di ripristino e manutenzione».
I successi hanno sempre molti padri, i fallimenti sono sempre orfani. Fuori dalla struttura, a distanza di chilometri, in tanti esibivano con orgoglio la nuova medaglia appuntata sul petto; dentro, invece, si lavorava e, intanto, con l'approssimarsi delle scadenze dei contratti a termine, si avvertiva in maniera sempre più tangibile il silenzio e l'assenza di chi avrebbe dovuto e potuto adoperarsi per assicurare continuità alla ricerca.
«Abbiamo salutato con rinnovata fiducia – sottolineano ricercatori, tecnici e amministrativi del "Bonomo" – le visite al Centro di Francesco Spina, allora presidente della Provincia Bat, di Francesco Ventola, ex presidente della Bat che aveva ideato la Fondazione, di Nino Marmo, consigliere regionale della Puglia, della delegazione del Movimento 5 Stelle guidata da Michele Coratella, allora candidato sindaco ad Andria, e Grazia Di Bari, allora candidata e poi eletta consigliera regionale della Puglia, di Casare Veronico, presidente del Parco dell'Alta Murgia e anch'egli candidato al Consiglio regionale pugliese, di Ruggiero Mennea, altro candidato alla Regione e consigliere regionale uscente che aveva dichiarato il suo impegno per il "Bonomo" perfino sulla sua brochure elettorale, Marco Lacarra, candidato al Consiglio regionale e adesso segretario regionale del Pd. Abbiamo atteso invano Nicola Giorgino, sindaco uscente di Andria e ricandidato, Michele Emiliano, poi eletto Governatore, Gianluca Nardone, allora presidente della Fondazione e adesso Direttore del Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia. Tra presenti e assenti, piano piano, alla fine tutti si sono dileguati. Si sono arresi, dicono alcuni di loro, a un destino ineluttabile causato da difficoltà che facciamo fatica a comprendere. Noi, invece, ci siamo convinti, molto più semplicemente, che l'ex Centro Ricerche Bonomo debba morire perché non interessa a lorsignori, dal momento che non crea clientele, non offre prebende, nulla aggiunge e nulla toglie alla comodità della poltrona sulla quale siedono».
La "colpa" è sempre di qualcun altro, dicono loro: la Bat dava la colpa alla Provincia di Bari e viceversa; la Regione dà la colpa alla Città Metropolitana; il Comune di Andria dà la colpa a tutti: gira gira, nessuno si assume una responsabilità. Nemmeno in presenza di un documento politico approvato all'unanimità dal Consiglio Regionale che impegna Emiliano e la sua Giunta a farsi carico della Fondazione.
«Visto che con le buone, con le sollecitazioni, con il dialogo non si ottengono risultati – concludono gli ex dipendenti della Fondazione Bonomo – ogni momento può essere quello buono per iniziative di protesta che facciano davvero rumore e costringano la politica a riaccendere i riflettori su tanti professionisti lasciati senza lavoro e, soprattutto, senza dignità».