Coronavirus, sta per scattare la Fase 2: siamo pronti per ricominciare?
Dott.ssa Ieva: "Torneremo ad uscire e quello che ci servirà, oltre alle mascherine, sarà tanta flessibilità per ri-adattarci alle nuove regole"
giovedì 30 aprile 2020
Il coronavirus ha sconvolto le nostre vite, il distanziamento sociale e la quarantena sono entrati nel nostro quotidiano dall'oggi al domani resettando le abitudini di molti e creando una nuova "normalità". Ora sta per partire la fase 2, quella cioè in cui le maglie delle restrizioni cominceranno ad allentarsi. Dopo quasi due mesi di vita in casa, trascorsa tra smart working, didattica a distanza e fornelli, stiamo per tornare ad avere la "libertà" di poter uscire. Ma siamo davvero pronti a ricominciare? Abbiamo posto questa domanda alla dott.ssa Licia Ieva, psicoterapeuta dello studio S.A.PSI di Andria che, inoltre, da martedì 28 aprile è entrato a fare parte di un progetto del Ministero della Salute che ha attivato un numero di supporto psicologico 800.833.833.
«Quella che era la nostra casa da cui uscivamo e in cui rientravamo a nostro piacimento è diventata prima un luogo di reclusione per poi rappresentare un porto sicuro in cui rifugiarci lasciando fuori il pericolo del contagio. Ormai è sempre più vicina la nostra prima uscita "senza un comprovato stato di necessità" e ci chiediamo se siamo davvero pronti a ricominciare. In molti stanno pensando che sì, dal 4 maggio si può uscire, ma meglio aspettare ancora qualche giorno per vedere come va. Mentre all'inizio della quarantena avremmo fatto carte false per uscire, adesso avvertiamo una certa preoccupazione nell'aprire la porta di casa», spiega la dott.ssa Ieva e con lei proviamo a capire i motivi di queste reazioni.
«L'Altro è sempre stato una possibilità di incontro, ma ora è diventato una possibilità di contagio; abbiamo congelato le nostre vite per circa due mesi lasciando da un giorno all'altro le nostre attività, ora siamo consapevoli che troveremo fuori un mondo diverso e anche questo ci fa paura. L'isolamento ci ha dapprima frustrati perché costretti ad una convivenza forzata con gli altri membri della famiglia, ma soprattutto con noi stessi. Quanti di noi "si frequentavano" prima dell'emergenza coronavirus? Quanti avevano un dialogo fitto e profondo con se stessi? La quarantena ci ha presentato il conto di tutti gli anni passati a fuggire dall'incontro con noi salvo poi farci entrare nella condizione "meno esco e meno voglio farlo". Fra qualche giorno torneremo ad uscire e quello che ci servirà, oltre alle mascherine, sarà tanta flessibilità: dovremo ri-adattarci alle nuove regole, integrare nella nostra vita le attuali disposizioni senza rimanere rigidamente ancorati alle vecchie routine (cene non gli amici, uscire di gruppo, sport collettivi…) che per molto tempo non potremo praticare. Ci servirà tanta creatività perché è cambiato il mondo fuori, ma siamo cambiati anche noi! Tutte le risorse messe in atto durante il lockdown ci sono servite per recuperare il controllo sulla nostra vita, ma adesso dobbiamo trovare la nostra strada per percorrere la Fase 2», aggiunge la psicoterapeuta.
«Avremo bisogno di convivere con l'insicurezza: tutti avremmo voluto un cambiamento in termini on/off, ovvero oggi c'è il virus domani non c'è più, liberi tutti. Invece non sarà così e dovremo imparare ad accogliere nella nostra vita l'incertezza, il dubbio, il malcerto. Vivremo sempre in bilico fra il dovere di essere prudenti e la percezione di essere esposti. Dimentichiamoci la serenità e la leggerezza con cui passeggiavamo fino a due mesi fa; potrebbe sembrare una tragedia, ma non lo è se sappiamo trovare il giusto equilibrio fra mania di controllo e percezione del rischio.
Infine, dovremo tirare fuori tutte le nostre risorse; abbiamo già imparato a fronteggiare lo stress, l'emergenza covid-19 ce lo ha insegnato a chiare lettere, adesso dovremo cercarne di nuove e metterle in pratica fuori dalle mura domestiche. Se avremo questa consapevolezza, non sarà poi cosi traumatico uscire di casa».
«Quella che era la nostra casa da cui uscivamo e in cui rientravamo a nostro piacimento è diventata prima un luogo di reclusione per poi rappresentare un porto sicuro in cui rifugiarci lasciando fuori il pericolo del contagio. Ormai è sempre più vicina la nostra prima uscita "senza un comprovato stato di necessità" e ci chiediamo se siamo davvero pronti a ricominciare. In molti stanno pensando che sì, dal 4 maggio si può uscire, ma meglio aspettare ancora qualche giorno per vedere come va. Mentre all'inizio della quarantena avremmo fatto carte false per uscire, adesso avvertiamo una certa preoccupazione nell'aprire la porta di casa», spiega la dott.ssa Ieva e con lei proviamo a capire i motivi di queste reazioni.
«L'Altro è sempre stato una possibilità di incontro, ma ora è diventato una possibilità di contagio; abbiamo congelato le nostre vite per circa due mesi lasciando da un giorno all'altro le nostre attività, ora siamo consapevoli che troveremo fuori un mondo diverso e anche questo ci fa paura. L'isolamento ci ha dapprima frustrati perché costretti ad una convivenza forzata con gli altri membri della famiglia, ma soprattutto con noi stessi. Quanti di noi "si frequentavano" prima dell'emergenza coronavirus? Quanti avevano un dialogo fitto e profondo con se stessi? La quarantena ci ha presentato il conto di tutti gli anni passati a fuggire dall'incontro con noi salvo poi farci entrare nella condizione "meno esco e meno voglio farlo". Fra qualche giorno torneremo ad uscire e quello che ci servirà, oltre alle mascherine, sarà tanta flessibilità: dovremo ri-adattarci alle nuove regole, integrare nella nostra vita le attuali disposizioni senza rimanere rigidamente ancorati alle vecchie routine (cene non gli amici, uscire di gruppo, sport collettivi…) che per molto tempo non potremo praticare. Ci servirà tanta creatività perché è cambiato il mondo fuori, ma siamo cambiati anche noi! Tutte le risorse messe in atto durante il lockdown ci sono servite per recuperare il controllo sulla nostra vita, ma adesso dobbiamo trovare la nostra strada per percorrere la Fase 2», aggiunge la psicoterapeuta.
«Avremo bisogno di convivere con l'insicurezza: tutti avremmo voluto un cambiamento in termini on/off, ovvero oggi c'è il virus domani non c'è più, liberi tutti. Invece non sarà così e dovremo imparare ad accogliere nella nostra vita l'incertezza, il dubbio, il malcerto. Vivremo sempre in bilico fra il dovere di essere prudenti e la percezione di essere esposti. Dimentichiamoci la serenità e la leggerezza con cui passeggiavamo fino a due mesi fa; potrebbe sembrare una tragedia, ma non lo è se sappiamo trovare il giusto equilibrio fra mania di controllo e percezione del rischio.
Infine, dovremo tirare fuori tutte le nostre risorse; abbiamo già imparato a fronteggiare lo stress, l'emergenza covid-19 ce lo ha insegnato a chiare lettere, adesso dovremo cercarne di nuove e metterle in pratica fuori dalle mura domestiche. Se avremo questa consapevolezza, non sarà poi cosi traumatico uscire di casa».