Etichettatura pasta: trasparenza a tutela dei consumatori
L'Italia è il principale produttore europeo di grano duro
giovedì 23 novembre 2017
La scelta del Tar di respingere l'istanza di sospensione del decreto per l'etichettatura d'origine del grano utilizzato nella pasta accoglie le richieste dell'81% degli italiani che chiedono maggiore trasparenza su quel che portano in tavola. E' stato riconosciuto il diritto dei cittadini di conoscere l'origine dei grano utilizzato per fare la pasta.
"E' coerente con la richiesta di trasparenza dei consumatori - è il commento del Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – perché attualmente n pacco di pasta su 3 prodotto in Italia è fatto con grano coltivato all'estero ed è per questo che il Decreto sull'etichettatura obbligatoria dell'origine del grano è fondamentale per creare la linea del discrimine tra chi fa spaghetti, maccheroni e orecchiette con grano pugliese e chi con grano canadese, russo o francese. I consumatori devono essere messi nella condizione di scegliere. Con la decisione di accelerare sull'etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta di fronte alle incertezze comunitarie si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell'informazione ai consumatori in una situazione in cui, però, 1/3 della spesa degli italiani resta anonima".
Non si può impedire ai consumatori – aggiunge Coldiretti Puglia - di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano. Ma il decreto per l'etichettatura d'origine della pasta punta anche a contrastare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati situati spesso in aree marginali.
Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%. "L'Italia, che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie, a partire da una profonda revisione delle norme sul codice doganale nel settore agroalimentare – ha aggiunto il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – che prevede paradossalmente che sia chiamata farina italiana quella ottenuta dal grano straniero macinato in Italia. A pesare sono le importazioni in chiave speculativa che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente. Fare pasta con grano 100% italiano si può come ampiamente testimoniato dalla rapida proliferazione di marchi che garantiscono l'origine italiana del grano impiegato al 100%. Parliamo di un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell'iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione e a noti pastifici italiani".
Attualmente a livello globale la quantità di grano prodotto più quello stoccato (pari complessivamente a 44,1 milioni di tonnellate) supera abbondantemente i consumi (37,4 milioni). Tutto ciò oltre a mantenere il prezzo del grano basso, fa emergere il giustificato dubbio che parte del grano importato arrivi in Italia con alle spalle già tempi lunghi di stoccaggio. Il pericolo di micotossine nel frumento aumenta dopo i 18 mesi di stoccaggio.
L'Italia – ricorda la Coldiretti – è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta con 4,8 milioni di tonnellate su una superficie coltivata, pari a circa 1,3 milioni di ettari, ma sono ben 2,3 milioni i tonnellate di grano duro che arrivano dall'estero e di queste oltre la metà per un totale di 1,2 milioni di tonnellate arrivano dal Canada.
L'obbligo di indicare in etichetta l'origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all'approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua la Coldiretti – l'etichetta non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi al concentrato di pomodoro ai sughi pronti, dai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. L'Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 19 aprile 2017 l'obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l'obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy.
L'ETICHETTA DI ORIGINE SULLA SPESA DEGLI ITALIANI
Cibi con l'indicazione origine
Carne di pollo e derivati
Carne bovina
Frutta e verdura fresche
Uova
Miele
Passata di pomodoro
Pesce
Extravergine di oliva
Latte/Formaggi
Pasta in itinere
Riso in itinere
Cibi senza indicazione di origine
Salumi
Carne di coniglio
Carne trasformata
Frutta e verdura trasformata
Derivati del pomodoro diversi da passata
Sughi pronti
Pane
"E' coerente con la richiesta di trasparenza dei consumatori - è il commento del Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – perché attualmente n pacco di pasta su 3 prodotto in Italia è fatto con grano coltivato all'estero ed è per questo che il Decreto sull'etichettatura obbligatoria dell'origine del grano è fondamentale per creare la linea del discrimine tra chi fa spaghetti, maccheroni e orecchiette con grano pugliese e chi con grano canadese, russo o francese. I consumatori devono essere messi nella condizione di scegliere. Con la decisione di accelerare sull'etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta di fronte alle incertezze comunitarie si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell'informazione ai consumatori in una situazione in cui, però, 1/3 della spesa degli italiani resta anonima".
Non si può impedire ai consumatori – aggiunge Coldiretti Puglia - di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano. Ma il decreto per l'etichettatura d'origine della pasta punta anche a contrastare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati situati spesso in aree marginali.
Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%. "L'Italia, che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie, a partire da una profonda revisione delle norme sul codice doganale nel settore agroalimentare – ha aggiunto il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – che prevede paradossalmente che sia chiamata farina italiana quella ottenuta dal grano straniero macinato in Italia. A pesare sono le importazioni in chiave speculativa che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente. Fare pasta con grano 100% italiano si può come ampiamente testimoniato dalla rapida proliferazione di marchi che garantiscono l'origine italiana del grano impiegato al 100%. Parliamo di un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell'iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione e a noti pastifici italiani".
Attualmente a livello globale la quantità di grano prodotto più quello stoccato (pari complessivamente a 44,1 milioni di tonnellate) supera abbondantemente i consumi (37,4 milioni). Tutto ciò oltre a mantenere il prezzo del grano basso, fa emergere il giustificato dubbio che parte del grano importato arrivi in Italia con alle spalle già tempi lunghi di stoccaggio. Il pericolo di micotossine nel frumento aumenta dopo i 18 mesi di stoccaggio.
L'Italia – ricorda la Coldiretti – è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta con 4,8 milioni di tonnellate su una superficie coltivata, pari a circa 1,3 milioni di ettari, ma sono ben 2,3 milioni i tonnellate di grano duro che arrivano dall'estero e di queste oltre la metà per un totale di 1,2 milioni di tonnellate arrivano dal Canada.
L'obbligo di indicare in etichetta l'origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all'approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua la Coldiretti – l'etichetta non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi al concentrato di pomodoro ai sughi pronti, dai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. L'Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 19 aprile 2017 l'obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l'obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy.
L'ETICHETTA DI ORIGINE SULLA SPESA DEGLI ITALIANI
Cibi con l'indicazione origine
Carne di pollo e derivati
Carne bovina
Frutta e verdura fresche
Uova
Miele
Passata di pomodoro
Pesce
Extravergine di oliva
Latte/Formaggi
Pasta in itinere
Riso in itinere
Cibi senza indicazione di origine
Salumi
Carne di coniglio
Carne trasformata
Frutta e verdura trasformata
Derivati del pomodoro diversi da passata
Sughi pronti
Pane