«Economia circolare», in Puglia si sfiora il 20%
Il Centro studi Confartigianato analizzale imprese artigiane in Puglia che operano nella riparazione, riciclo e recupero dei materiali
domenica 6 novembre 2016
Sono ben 13.147 le imprese artigiane in Puglia che operano nei settori della riparazione, manutenzione, riciclo e recupero dei materiali. Rappresentano il 18,6 del totale delle aziende artigiane.
E' quanto rileva il Centro studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha condotto un'indagine sull'economia cosiddetta «circolare».
In particolare, la logica dell'economia circolare prevede che i prodotti siano progettati, realizzati e gestiti in modo da trasformare i rifiuti in risorse, grazie ad una serie di accorgimenti lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Tra gli interventi figurano la sostituzione delle materie pericolose o difficili da riciclare nei processi di produzione; la progettazione eco-compatibile di prodotti facili da mantenere in buono stato, da riparare, ammodernare o rifabbricare; lo sviluppo di servizi di manutenzione e riparazione rivolti ai consumatori; la riduzione della quantità di materie prime necessarie; la diminuzione del consumo di energia nelle fasi di produzione; gli incentivi per l'adozione di sistemi di raccolta differenziata che possano contenere, al minimo, i costi di riciclaggio e riutilizzo; la simbiosi industriale che favorisce il raggruppamento di attività per evitare che i sottoprodotti diventino rifiuti.
Dallo studio risulta che la provincia di Bari con le sue 5.600 aziende è quella che esprime il tasso più elevato di economia circolare tra le province pugliesi; seguono Lecce (3.352), Foggia (1.714), Taranto (1.248) e Brindisi (1.233).
«La crescita delle attività riconducibili all'economia circolare – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – racconta di una rinnovata coscienza imprenditoriale, specie nel mondo della piccola impresa. Impostare il ciclo produttivo in modo da minimizzare gli scarti e valorizzarne il riutilizzo è divenuto un imperativo non solo per questioni di carattere ambientale e di sostenibilità delle produzioni, ma anche per ragioni di carattere squisitamente economico. Gli imprenditori – specie gli artigiani, per i quali l'economia del "riuso" rappresenta da sempre un valore caratterizzante – hanno perfettamente capito la convenienza di questo modus operandi e lo stanno applicando su larga scala».
«In questo – spiega Sgherza – giocano un ruolo fondamentale le nuove tecnologie. In Puglia stiamo assistendo ad un fiorire di giovani startup che applicano in maniera scientifica i principi dell'economia circolare, conferendo valore aggiunto anche a settori c.d. "maturi" come quelli dell'agroalimentare, del tessile, o del lapideo. Processi produttivi che consentono di ricavare proteine nobili dal siero scartato dai caseifici o di riutilizzare le polveri di risulta di una marmeria per creare nuovi materiali sono solo un esempio di come si possa trasformare un problema ecologico in una nuova fonte di business».
E' quanto rileva il Centro studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha condotto un'indagine sull'economia cosiddetta «circolare».
In particolare, la logica dell'economia circolare prevede che i prodotti siano progettati, realizzati e gestiti in modo da trasformare i rifiuti in risorse, grazie ad una serie di accorgimenti lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Tra gli interventi figurano la sostituzione delle materie pericolose o difficili da riciclare nei processi di produzione; la progettazione eco-compatibile di prodotti facili da mantenere in buono stato, da riparare, ammodernare o rifabbricare; lo sviluppo di servizi di manutenzione e riparazione rivolti ai consumatori; la riduzione della quantità di materie prime necessarie; la diminuzione del consumo di energia nelle fasi di produzione; gli incentivi per l'adozione di sistemi di raccolta differenziata che possano contenere, al minimo, i costi di riciclaggio e riutilizzo; la simbiosi industriale che favorisce il raggruppamento di attività per evitare che i sottoprodotti diventino rifiuti.
Dallo studio risulta che la provincia di Bari con le sue 5.600 aziende è quella che esprime il tasso più elevato di economia circolare tra le province pugliesi; seguono Lecce (3.352), Foggia (1.714), Taranto (1.248) e Brindisi (1.233).
«La crescita delle attività riconducibili all'economia circolare – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – racconta di una rinnovata coscienza imprenditoriale, specie nel mondo della piccola impresa. Impostare il ciclo produttivo in modo da minimizzare gli scarti e valorizzarne il riutilizzo è divenuto un imperativo non solo per questioni di carattere ambientale e di sostenibilità delle produzioni, ma anche per ragioni di carattere squisitamente economico. Gli imprenditori – specie gli artigiani, per i quali l'economia del "riuso" rappresenta da sempre un valore caratterizzante – hanno perfettamente capito la convenienza di questo modus operandi e lo stanno applicando su larga scala».
«In questo – spiega Sgherza – giocano un ruolo fondamentale le nuove tecnologie. In Puglia stiamo assistendo ad un fiorire di giovani startup che applicano in maniera scientifica i principi dell'economia circolare, conferendo valore aggiunto anche a settori c.d. "maturi" come quelli dell'agroalimentare, del tessile, o del lapideo. Processi produttivi che consentono di ricavare proteine nobili dal siero scartato dai caseifici o di riutilizzare le polveri di risulta di una marmeria per creare nuovi materiali sono solo un esempio di come si possa trasformare un problema ecologico in una nuova fonte di business».