Dott. Di Gioia, piazze di Andria: cippi, santi e Madonne
Una riflessione laica, prendendo spunto dall'edificazione in piazza Unità d'Italia di un simulacro alla Madonna di Loreto
martedì 19 gennaio 2021
Il dottor Antonio Di Gioia, medico di famiglia, scrittore ed apprezzato storico locale, ci consegna questa riflessione laica, prendendo spunto dal recente avvenimento della realizzazione in piazza Unità d'Italia, di un simulacro dedicato alla Madonna di Loreto.
«In piazza Unità d'Italia, meglio nota come piazza Cappuccini dalla omonima chiesa (XVI secolo) ivi presente, dopo il gruppo scultoreo raffigurante padre Pio ed un devoto semigenuflesso ai suoi piedi, posizionato alcuni anni fa, è stata da poco installata e sarà a breve inaugurata una statua della Madonna di Loreto.
"Scherza con i fanti e lascia stare i santi" dice un proverbio. I proverbi non sbagliano mai. Figuriamoci se si tratta della Madonna, la madre del Signore Gesù Cristo e la madre di ognuno di noi. Ci sono migliaia di Madonne nelle nostre chiese e nelle chiese del mondo, bianche, nere, colorate, artistiche, belle, meno belle. Ogni Madonna ha un nome, nomi che l'uomo le ha dato nel corso dei secoli, che hanno un significato spirituale, che spesso derivano da un vissuto umano, impossibile enumerarne tutte le denominazioni; ma, lo sappiamo, la Madonna è una sola, quella che invochiamo quando non stiamo bene, quando vogliano una protezione. Allora questo articolo non è contro la Madonna, ci mancherebbe, né contro i Santi. Non è un pensiero contro la religione cristiana e cattolica.
Piuttosto è una riflessione "laica" su questa benedetta città di Andria, una città anomala da molti punti di vista. Uno punto critico è l'arredo urbano, quello "straordinario" inteso come strumento di valorizzazione del vissuto civile, storico e sociale della città, che prende corpo attraverso opere artistiche destinate a rappresentare l'identità culturale di una comunità, in definitiva le opere artistiche e monumentali che, normalmente, abbelliscono le città oltre a rappresentarne la storia.
Facciamo un breve tour delle piazze e degli spazi pubblici cittadini e ci accorgiamo che non abbiamo molto da rallegrarci. Dal XIX secolo abbiamo ereditato alcune opere pubbliche architettonicamente valide come il superbo monumento ai caduti e relativo parco annesso, il monumentale stadio comunale di epoca fascista, mortificato da moderne superfetazioni e non trattato come monumento di un periodo storico nazionale quale di fatto è, in piazza Imbriani il significativo busto di Matteo Imbriani, per finire con la statua al Bersagliere nella omonima piazza. Anonimi e poco impegnativi, quasi indifferenti dal punto di vista artistico, i cippi commemorativi dedicati ai Caduti di Nassyria ed ai Marinai d'Italia.
A fronte di una completa assenza della committenza pubblica comunale o civica privata e di monumenti civili che abbiano una qualche relazione con la vita e la storia civile della città, da un po' di anni abbiamo assistito alla comparsa di opere pubbliche di ispirazione religiosa o comunque orbitanti nell'ambiente ecclesiastico. E così proprio in piazza Unità d'Italia fece la comparsa il gruppo scultoreo dedicato a Padre Pio, secondo una "moda" successiva alla morte del santo uomo, che ha inondato di orribili statuette di plastica e di gesso mezzo mondo. Un'altra realizzazione fu la collocazione del busto del vescovo mons. Di Donna, in piazza Toniolo: un beato, un santo uomo, comunque un esponente ecclesiastico.
Nei tempi recenti il fondo è stato toccato nel cosiddetto monumento ai Caduti sul lavoro nell'omonima piazza, una rotatoria scambiata con l'ingresso di un cimitero. Il manufatto, non è possibile chiamarlo monumento, è di uno squallore disarmante: una cilindro metallico cavo, mozzo al suo apice, che dovrebbe rappresentare una colonna spezzata, cioè una vita spezzata, sormontato da una croce. Il cilindro metallico, che già da sé comunica una sensazione di freddo glaciale, è traforato da tante piccole croci, che al buio si illuminano: uno spettacolo lugubre, che angoscia chi guarda lo pseudo cippo. E' vero che si tratta di un'opera dedicata ai Caduti sul lavoro, ma una qualsiasi opera d'arte ha il compito di comunicare un messaggio positivo e non quello di affliggere chi lo guarda. Per fare un esempio noto a tutti, la Pietà di Michelangelo rappresenta un momento altamente drammatico, ma la bellezza della rappresentazione supera la negatività del tema scolpito.
Ma ritorniamo a piazza Unità d'Italia: non credo che San Pio c'entri molto con l'Unità d'Italia e anche questo gruppo scultoreo attirò all'epoca parecchie critiche, ma ormai ci si era abituati a vedere qualche mazzo di fiori o qualche lumino acceso ai suoi piedi da qualche anima in pena.
Oggi viene aggiunta la Madonna di Loreto: che c'entra con la intestazione della piazza o con storia di Andria. La presenza di un secondo soggetto religioso va a sconvolgere il delicato equilibrio di questa piccola piazza-giardinetto. Si ha la netta sensazione di una sorta di appropriazione, di "colonizzazione religiosa" di una piazza che non ha questa vocazione. Se l'intento dei committenti, che pare siano la stessa parrocchia e i padri Cappuccini, è di introdurre in Andria il culto della Madonna di Loreto, non è più logico posizionarla all'interno della chiesa o nel piccolo chiostro dell'ex convento?
Non è possibile disseminare, a casaccio, la città di cippi, santi, madonne e croci, senza correre il concreto rischio di dare un'immagine di una città fortemente condizionata da un clericalismo bigotto. Le opere artistiche o pseudoartistiche, una volta posizionate nelle piazze, cioè rese pubbliche, parlano un linguaggio immediato non solo alla popolazione, forse non molto attenta, ma anche al turista e a chiunque transiti per la nostra città.
Trattandosi di spazi pubblici, ne discende che la collocazione di questi manufatti è subordinata alla esplicita autorizzazione dell'Amministrazione comunale: chi autorizza la collocazione di queste opere? Il sindaco, la giunta, l'assessore, un funzionario comunale? In base a quali criteri? Sappiamo che la politica ha sempre avuto l'occhio strizzato verso la chiesa, quella terrena, ma sarebbe ora di finirla, almeno in questo tipo di attività.
Per evitare ulteriori scempi, la sezione andriese dell'associazione Italia Nostra, recentemente ha inviato una lettera all'attuale neo sindaca, la cara amica Giovanna Bruno, nella quale si chiedeva la costituzione di una specie di commissione formata da varie figure professionali qualificate andriesi, che, a titolo del tutto gratuito, fornisse un parere preventivo, ancorchè non vincolante, sulla qualità artistica delle opere, che si intendono collocare in città e sulla idoneità degli spazi pubblici destinati ad accoglierle.
Credo che questa sia la strada giusta. Andria deve uscire da quella condizione di agrotowns, come è stata felicemente definita da Nicola Antonacci venticinque anni fa, vale a dire una via di mezzo tra un grosso paesone agricolo e una città vera e propria. La città, dalla sua nascita in epoca normanna, ha un'anima agricola, strettamente legata al suo esteso e meraviglioso territorio agricolo e naturalistico, ma oggi dispone anche di persone, di mature competenze e sensibilità che possono dare un contributo concreto alla crescita civile e alla bellezza di una città - provincia. La vita religiosa e la devozione mariana della città sono altrettanto antiche e radicate e vi è lo spazio per l'estrinsecazione di entrambe le manifestazioni della vita della nostra comunità, senza eccessive "invasioni di campo"».
«In piazza Unità d'Italia, meglio nota come piazza Cappuccini dalla omonima chiesa (XVI secolo) ivi presente, dopo il gruppo scultoreo raffigurante padre Pio ed un devoto semigenuflesso ai suoi piedi, posizionato alcuni anni fa, è stata da poco installata e sarà a breve inaugurata una statua della Madonna di Loreto.
"Scherza con i fanti e lascia stare i santi" dice un proverbio. I proverbi non sbagliano mai. Figuriamoci se si tratta della Madonna, la madre del Signore Gesù Cristo e la madre di ognuno di noi. Ci sono migliaia di Madonne nelle nostre chiese e nelle chiese del mondo, bianche, nere, colorate, artistiche, belle, meno belle. Ogni Madonna ha un nome, nomi che l'uomo le ha dato nel corso dei secoli, che hanno un significato spirituale, che spesso derivano da un vissuto umano, impossibile enumerarne tutte le denominazioni; ma, lo sappiamo, la Madonna è una sola, quella che invochiamo quando non stiamo bene, quando vogliano una protezione. Allora questo articolo non è contro la Madonna, ci mancherebbe, né contro i Santi. Non è un pensiero contro la religione cristiana e cattolica.
Piuttosto è una riflessione "laica" su questa benedetta città di Andria, una città anomala da molti punti di vista. Uno punto critico è l'arredo urbano, quello "straordinario" inteso come strumento di valorizzazione del vissuto civile, storico e sociale della città, che prende corpo attraverso opere artistiche destinate a rappresentare l'identità culturale di una comunità, in definitiva le opere artistiche e monumentali che, normalmente, abbelliscono le città oltre a rappresentarne la storia.
Facciamo un breve tour delle piazze e degli spazi pubblici cittadini e ci accorgiamo che non abbiamo molto da rallegrarci. Dal XIX secolo abbiamo ereditato alcune opere pubbliche architettonicamente valide come il superbo monumento ai caduti e relativo parco annesso, il monumentale stadio comunale di epoca fascista, mortificato da moderne superfetazioni e non trattato come monumento di un periodo storico nazionale quale di fatto è, in piazza Imbriani il significativo busto di Matteo Imbriani, per finire con la statua al Bersagliere nella omonima piazza. Anonimi e poco impegnativi, quasi indifferenti dal punto di vista artistico, i cippi commemorativi dedicati ai Caduti di Nassyria ed ai Marinai d'Italia.
A fronte di una completa assenza della committenza pubblica comunale o civica privata e di monumenti civili che abbiano una qualche relazione con la vita e la storia civile della città, da un po' di anni abbiamo assistito alla comparsa di opere pubbliche di ispirazione religiosa o comunque orbitanti nell'ambiente ecclesiastico. E così proprio in piazza Unità d'Italia fece la comparsa il gruppo scultoreo dedicato a Padre Pio, secondo una "moda" successiva alla morte del santo uomo, che ha inondato di orribili statuette di plastica e di gesso mezzo mondo. Un'altra realizzazione fu la collocazione del busto del vescovo mons. Di Donna, in piazza Toniolo: un beato, un santo uomo, comunque un esponente ecclesiastico.
Nei tempi recenti il fondo è stato toccato nel cosiddetto monumento ai Caduti sul lavoro nell'omonima piazza, una rotatoria scambiata con l'ingresso di un cimitero. Il manufatto, non è possibile chiamarlo monumento, è di uno squallore disarmante: una cilindro metallico cavo, mozzo al suo apice, che dovrebbe rappresentare una colonna spezzata, cioè una vita spezzata, sormontato da una croce. Il cilindro metallico, che già da sé comunica una sensazione di freddo glaciale, è traforato da tante piccole croci, che al buio si illuminano: uno spettacolo lugubre, che angoscia chi guarda lo pseudo cippo. E' vero che si tratta di un'opera dedicata ai Caduti sul lavoro, ma una qualsiasi opera d'arte ha il compito di comunicare un messaggio positivo e non quello di affliggere chi lo guarda. Per fare un esempio noto a tutti, la Pietà di Michelangelo rappresenta un momento altamente drammatico, ma la bellezza della rappresentazione supera la negatività del tema scolpito.
Ma ritorniamo a piazza Unità d'Italia: non credo che San Pio c'entri molto con l'Unità d'Italia e anche questo gruppo scultoreo attirò all'epoca parecchie critiche, ma ormai ci si era abituati a vedere qualche mazzo di fiori o qualche lumino acceso ai suoi piedi da qualche anima in pena.
Oggi viene aggiunta la Madonna di Loreto: che c'entra con la intestazione della piazza o con storia di Andria. La presenza di un secondo soggetto religioso va a sconvolgere il delicato equilibrio di questa piccola piazza-giardinetto. Si ha la netta sensazione di una sorta di appropriazione, di "colonizzazione religiosa" di una piazza che non ha questa vocazione. Se l'intento dei committenti, che pare siano la stessa parrocchia e i padri Cappuccini, è di introdurre in Andria il culto della Madonna di Loreto, non è più logico posizionarla all'interno della chiesa o nel piccolo chiostro dell'ex convento?
Non è possibile disseminare, a casaccio, la città di cippi, santi, madonne e croci, senza correre il concreto rischio di dare un'immagine di una città fortemente condizionata da un clericalismo bigotto. Le opere artistiche o pseudoartistiche, una volta posizionate nelle piazze, cioè rese pubbliche, parlano un linguaggio immediato non solo alla popolazione, forse non molto attenta, ma anche al turista e a chiunque transiti per la nostra città.
Trattandosi di spazi pubblici, ne discende che la collocazione di questi manufatti è subordinata alla esplicita autorizzazione dell'Amministrazione comunale: chi autorizza la collocazione di queste opere? Il sindaco, la giunta, l'assessore, un funzionario comunale? In base a quali criteri? Sappiamo che la politica ha sempre avuto l'occhio strizzato verso la chiesa, quella terrena, ma sarebbe ora di finirla, almeno in questo tipo di attività.
Per evitare ulteriori scempi, la sezione andriese dell'associazione Italia Nostra, recentemente ha inviato una lettera all'attuale neo sindaca, la cara amica Giovanna Bruno, nella quale si chiedeva la costituzione di una specie di commissione formata da varie figure professionali qualificate andriesi, che, a titolo del tutto gratuito, fornisse un parere preventivo, ancorchè non vincolante, sulla qualità artistica delle opere, che si intendono collocare in città e sulla idoneità degli spazi pubblici destinati ad accoglierle.
Credo che questa sia la strada giusta. Andria deve uscire da quella condizione di agrotowns, come è stata felicemente definita da Nicola Antonacci venticinque anni fa, vale a dire una via di mezzo tra un grosso paesone agricolo e una città vera e propria. La città, dalla sua nascita in epoca normanna, ha un'anima agricola, strettamente legata al suo esteso e meraviglioso territorio agricolo e naturalistico, ma oggi dispone anche di persone, di mature competenze e sensibilità che possono dare un contributo concreto alla crescita civile e alla bellezza di una città - provincia. La vita religiosa e la devozione mariana della città sono altrettanto antiche e radicate e vi è lo spazio per l'estrinsecazione di entrambe le manifestazioni della vita della nostra comunità, senza eccessive "invasioni di campo"».