Domenica delle Palme: ulivi di pace tra armi di guerra

Riflessione di don Ettore Lestingi, presidente della Commissione Liturgica diocesana

venerdì 8 aprile 2022
"Hosanna" e "Crucifige", sono le due parole attorno cui ruota tutto il mistero della Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Allo stesso tempo sono le coordinate entro cui si svolge il destino dell'umanità. A pronunciarle è la stessa folla che senza esitazione ti esalta e ti abbassa allo stesso tempo in una folle contraddizione di sentimenti e di prese di posizioni. E Cristo è vittima di tale schizofrenia di massa, come vittime sono tutti coloro che innocentemente pagano o scontano gli effetti della smania del potere.

"Ecco l'Uomo", furono le parole con cui Pilato presentò Gesù alla folla, dopo averlo fatto flagellare e coronato di spine. Un uomo dal volto sfigurato dalla cattiveria umana e calpestato dal divertente abuso di potere. "Ecco l'Uomo": ecco che cosa è capace di fare l'uomo all'uomo quando alla forza della ragione preferisce la ragione della forza, la violenza al dialogo, la guerra alla pace. I rami di ulivo e le palme con le quali la folla di allora e i popoli di oggi inneggiano a Cristo nel solenne ingresso in Gerusalemme, si trasformano in armi di guerra. E come i guerrafondai di allora si allearono in false ed interessate amicizie per condannare un Innocente (Erode e Pilato in quei giorni divennero amici, perché prima vi era inimicizia tra loro), così oggi potenti della terra drogano e sobillano interi popoli affamandoli di prepotenza e sopraffazione su altri popoli. La folla di ieri inneggiò a Barabba perché fosse liberato e con lui fosse legittimata la prepotenza e la violenza. Oggi si inneggia al Tiranno di turno. Speravamo che si avverasse la profezia di Isaia: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra".

Ma oggi più di ieri il mondo è un campo di battaglia: il grigiore delle armamenti colora di tristezza e di morte il nostro pianeta. La vita dell'uomo non vale più di un proiettile! L'economia mondiale si regge grazie al mercato della morte, in tutte le sue forme e strumenti. Con quale spirito Domenica prossima porteremo tra le nostre mani il ramo di ulivo, visto che come segno di convivenza nella pace è sostituito dalle armi, folle logica dell'umano? E se ci sdegniamo per quanto sta accadendo nel mondo a causa delle guerre, come mai non prendiamo le distanze da atteggiamenti e comportamenti che sono più letali di una pistola o di un fucile? Di che cosa abbiamo bisogno perché tutta questa malvagità abbia fine? Di un nuovo diluvio universale con il quale Dio volle distruggere il male che già si era annidato nel cuore dell'uomo e di tutti gli esseri viventi? Oppure abbiamo bisogno di un segno di speranza che riconcili l'uomo con sé stesso, con gli altri e con Dio? "Dio disse: «Questo è il segno dell'alleanza, che io pongo tra me e voi e tra ogni essere vivente che è con voi per le generazioni eterne. L'arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l'alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra».

Se ai tempi di Noè fu l'arcobaleno comparso tra le nubi del cielo il segno di alleanza e di pace, oggi il segno di riappacificazione tra gli uomini e con Dio è la Croce, sospesa tra cielo e terra, da cui pende, vittorioso, Cristo il Principe della Pace. Viviamo, dunque la Domenica delle Palme come dono e impegno non solo per invocare la pace ma per costruirla con gesti e scelte concreti. Con la speranza che la colomba con il ramoscello di pace non sia attaccata da falchi di guerra.