Di tutti i colori tranne il nero (seconda parte)
Vittorio Missoni attraverso il racconto di Bianca Peloso. Il ricordo inedito dell'uomo scomparso nell’arcipelago di Los Roques
sabato 12 gennaio 2013
08.25
La seconda parte del racconto di Bianca Peloso per AndriaViva.
La vita di Ottavio era stata una vita sensazionale, costellata di successi nello sport e nella moda, di ammiratori e soprattutto di ammiratrici, di incontri, viaggi, nuotate e sole. Un papà come Ottavio, nella sua armoniosa e sorprendente vitalità, non aveva mai dato ai suoi figli spunti per pensare al tempo che passa e alla caducità della vita, eppure aveva compiuto novant'anni due giorni prima e, in quel momento, noi stavamo lavorando alla sua biografia. Qualcosa dovette immalinconire Vittorio. Forse il fatto che era stato un figlio fortunato, o forse il fatto di aver avuto una famiglia unita, ricca, e famosa, o l'avere ancora un padre: anziano ma lucido, superbamente intelligente e sportivo, o, infine, forse, ad immalinconirlo fu il fatto di essere un figlio degno del padre che aveva avuto. Chissà.
Restammo a lungo a chiacchierare poi ci separammo per ritrovarci ancora a pranzo. Quel giorno, anche grazie a noi, si erano ritrovati volentieri tutti. Non mancava nessuno e nessuno sarebbe voluto mancare. Il vero capitano di questa compagnia, Tai, era a capo di una tavola coloratissima e la tavola, come dice Patroni Griffi nel suo Metti, una sera a cena, è una zattera: ci si ritrova riuniti e ci si aggrappa ad essa. Su quella zattera non c'è più Vittorio. Su quella zattera ora c'è un vuoto. L'unione e la speranza consentirà loro di conservare intatto il posto e di attendere il suo ritorno. In ogni forma.
Se Vittorio non tornerà penso alla pena di tutti ma soprattutto di Tai. Proprio lui che è cresciuto protetto dalla convinzione materna che non gli sarebbe mai accaduto nulla di grave, lui che ha vissuto fino ad oggi solo pieno di gloria e gioia, lui che, come scrive Brera, ha vissuto col «vizio dei colori», potrà mai indossare il colore del lutto? Vi sia lieve il dolore. Vi sia lieve il mare.
La vita di Ottavio era stata una vita sensazionale, costellata di successi nello sport e nella moda, di ammiratori e soprattutto di ammiratrici, di incontri, viaggi, nuotate e sole. Un papà come Ottavio, nella sua armoniosa e sorprendente vitalità, non aveva mai dato ai suoi figli spunti per pensare al tempo che passa e alla caducità della vita, eppure aveva compiuto novant'anni due giorni prima e, in quel momento, noi stavamo lavorando alla sua biografia. Qualcosa dovette immalinconire Vittorio. Forse il fatto che era stato un figlio fortunato, o forse il fatto di aver avuto una famiglia unita, ricca, e famosa, o l'avere ancora un padre: anziano ma lucido, superbamente intelligente e sportivo, o, infine, forse, ad immalinconirlo fu il fatto di essere un figlio degno del padre che aveva avuto. Chissà.
Restammo a lungo a chiacchierare poi ci separammo per ritrovarci ancora a pranzo. Quel giorno, anche grazie a noi, si erano ritrovati volentieri tutti. Non mancava nessuno e nessuno sarebbe voluto mancare. Il vero capitano di questa compagnia, Tai, era a capo di una tavola coloratissima e la tavola, come dice Patroni Griffi nel suo Metti, una sera a cena, è una zattera: ci si ritrova riuniti e ci si aggrappa ad essa. Su quella zattera non c'è più Vittorio. Su quella zattera ora c'è un vuoto. L'unione e la speranza consentirà loro di conservare intatto il posto e di attendere il suo ritorno. In ogni forma.
Se Vittorio non tornerà penso alla pena di tutti ma soprattutto di Tai. Proprio lui che è cresciuto protetto dalla convinzione materna che non gli sarebbe mai accaduto nulla di grave, lui che ha vissuto fino ad oggi solo pieno di gloria e gioia, lui che, come scrive Brera, ha vissuto col «vizio dei colori», potrà mai indossare il colore del lutto? Vi sia lieve il dolore. Vi sia lieve il mare.