Crisi nel settore olivicolo: ad Andria pronti alla mobilitazione
Prezzi molto bassi e mancanza di manodopera. Assemblea generale il 19 novembre con l'Assessore Pentassuglia ed i Sindaci del territorio
domenica 7 novembre 2021
10.51
Ad Andria olivicoltori pronti alla mobilitazione, per quella che si preannuncia, in alcuni casi già avviata, una campagna olivicola anomala. Il 19 novembre è prevista una assemblea generale ad Andria presso la sala ricevimenti "Nymphaeum" cui interverranno, con produttori, frantoiani, commercianti, associazioni ed organizzazioni di categoria, l'assessore regionale all'Agricoltura, Donato Pentassuglia ed i Sindaci del territorio.
I bassi prezzi delle olive e dell'olio, una resa inferiore alla media a causa del mancanza di piogge, grandi difficoltà nel reperire la manodopera necessaria al raccolto, raffica di furti del prodotto, nonché la mancata valorizzazione della produzione tipica, sono le variabili dipendenti di questo malcontento. Andria, capitale dell'olio extra vergine di qualità è sicuramente la cartina di tornasole di questo malessere diffuso, nella Bat come nel Barese e nel Foggiano: "In Puglia, la campagna olivicola 2021 si sta rivelando una Via Crucis", ha spiegato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia. "Riteniamo sia urgente, da parte della Regione Puglia, la convocazione di un tavolo di crisi per trovare soluzioni e misure attraverso le quali aiutare le aziende olivicole pugliesi ad andare avanti".
Nei prossimi giorni, si preannunciano in città una serie di manifestazioni, tra cui in particolare una sorta di stati generali dell'olivicoltura, dai produttori, ai frantoiani ai commercianti allargata alle istituzioni, per trovare soluzioni ad una crisi molto sentita, Ma vediamo nel dettaglio le principali cause.
Prezzi bassi del prodotto. Il mercato, ancora alle prime battute, appare bloccato al ribasso. Chi ha necessità di vendere al più presto, e si tratta della stragrande maggioranza degli olivicoltori che hanno la necessità di recuperare almeno in parte gli ingenti costi sostenuti, è costretto a cedere il prodotto a 35-40 euro al quintale, mentre il primo olio prodotto ha una quotazione che oscilla fra i 3,80 euro e i 4 euro al litro. La qualità dell'extravergine appare eccellente in tutta la Puglia, dove la mosca olearia (almeno quella) quest'anno non ha avuto modo di fare danni, ma la resa quantitativa è bassa soprattutto nel Barese e nella provincia di Barletta-Andria-Trani, territorio nel quale si registra il 12-13% di resa (12-13 kg di olio per ogni 100 chilogrammi di olive) contro una media degli ultimi anni del 15-16%.
Costi insostenibili e calamità. Ciò che si è verificato per tutti gli altri settori del comparto, si è abbattuto anche sull'olivicoltura: i costi di produzione sono aumentati in modo insostenibile. I prezzi di concimi, anticrittogamici, irrigazioni di soccorso, gasolio ed elettricità necessari ad azionare i mezzi e gestire gli impianti sono aumentati in media di oltre il 30%, incrementando di più di un terzo le spese di lavorazione e produzione. Costi incrementati, purtroppo, anche da un ciclo terribile di eventi climatici estremi: da gennaio ad oggi, la Puglia agricola ha dovuto fare i conti con gelate, siccità, bombe d'acqua e grandinate.
Olive portate altrove. Si sta riproponendo in modo drammatico un fenomeno che mortifica l'olivicoltura pugliese: olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni. "Non biasimiamo i produttori, nella maggior parte dei casi si trovano a non avere alternative, è chiaro tuttavia come distorte e imposte dinamiche di mercato sottraggano alla Puglia, vale a dire alla prima regione italiana per produzione olivicola, tutto il valore aggiunto di un prodotto che è parte integrante della nostra identità sociale, storica e culturale, oltre a essere traino e motore economico e occupazionale".
Mancanza di manodopera. La campagna è prossima, in alcune zone è già in corso ma, in molti casi non si riesce a reperire squadre di operai per la raccolta. Si teme che i raccolti possano restano a marcire nei campi, com'è accaduto per ortaggi e frutta, perché manca manodopera. Dall'inizio della pandemia mancano in Puglia migliaia di lavoratori, soprattutto perché si è fermato l'afflusso dall'estero, Est Europa in primis.
I forti ritardi nelle istruttorie delle richieste inerenti al Decreto Emersione e la mancata attuazione del Decreto Flussi hanno causato rilevanti difficoltà, alle aziende olivicole e a tutto il comparto in generale, nel reperire la manodopera necessaria a portare a termine i raccolti. Manca il flusso di lavoratori dell'Est Europa e dai Paesi extracomunitari. E mancano tanti collaboratori ricorrenti, vale a dire donne e uomini già formati e qualificati. "CIA Agricoltori Italiani ha chiesto di poter ricorrere a chi è in cassa integrazione o percepisce un reddito di cittadinanza, ma chiaramente per farlo serve un intervento di legge".
Nonostante i proclami della politica, ad oggi, a livello normativo si muove poco o nulla, seppure siano stati realizzati portali e app che cercano di far incontrare domanda e offerta tra mille difficoltà, ma niente che possa avere la portata di una normativa di emergenza di livello nazionale.
"La situazione è prossima a diventare critica, agli agricoltori è stato detto di continuare a produrre, e continuiamo a farlo con responsabilità - ha sottolineato il presidente di CIA Agricoltori italiani della Puglia, Raffaele Carrabba. Non so se a breve avremo risposte dall'Europa, soprattutto per utilizzare quei 'corridoi verdi' che invece funzionano verso la Germania, per esempio. A chi solleva il tema dei salari, rispondo che non c'è differenza rispetto alla provenienza dei lavoratori, ovviamente: c'è un contratto nazionale che vale per tutti. Noi abbiamo chiesto anche di poter ricorrere a chi è in cassa integrazione o percepisce un reddito di cittadinanza, ma chiaramente per farlo serve un intervento di legge".
L'emergenza della manodopera nel settore agricolo è insostenibile per le imprese. Milioni di giornate di lavoro stanno andando perse in agricoltura.
I bassi prezzi delle olive e dell'olio, una resa inferiore alla media a causa del mancanza di piogge, grandi difficoltà nel reperire la manodopera necessaria al raccolto, raffica di furti del prodotto, nonché la mancata valorizzazione della produzione tipica, sono le variabili dipendenti di questo malcontento. Andria, capitale dell'olio extra vergine di qualità è sicuramente la cartina di tornasole di questo malessere diffuso, nella Bat come nel Barese e nel Foggiano: "In Puglia, la campagna olivicola 2021 si sta rivelando una Via Crucis", ha spiegato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia. "Riteniamo sia urgente, da parte della Regione Puglia, la convocazione di un tavolo di crisi per trovare soluzioni e misure attraverso le quali aiutare le aziende olivicole pugliesi ad andare avanti".
Nei prossimi giorni, si preannunciano in città una serie di manifestazioni, tra cui in particolare una sorta di stati generali dell'olivicoltura, dai produttori, ai frantoiani ai commercianti allargata alle istituzioni, per trovare soluzioni ad una crisi molto sentita, Ma vediamo nel dettaglio le principali cause.
Prezzi bassi del prodotto. Il mercato, ancora alle prime battute, appare bloccato al ribasso. Chi ha necessità di vendere al più presto, e si tratta della stragrande maggioranza degli olivicoltori che hanno la necessità di recuperare almeno in parte gli ingenti costi sostenuti, è costretto a cedere il prodotto a 35-40 euro al quintale, mentre il primo olio prodotto ha una quotazione che oscilla fra i 3,80 euro e i 4 euro al litro. La qualità dell'extravergine appare eccellente in tutta la Puglia, dove la mosca olearia (almeno quella) quest'anno non ha avuto modo di fare danni, ma la resa quantitativa è bassa soprattutto nel Barese e nella provincia di Barletta-Andria-Trani, territorio nel quale si registra il 12-13% di resa (12-13 kg di olio per ogni 100 chilogrammi di olive) contro una media degli ultimi anni del 15-16%.
Costi insostenibili e calamità. Ciò che si è verificato per tutti gli altri settori del comparto, si è abbattuto anche sull'olivicoltura: i costi di produzione sono aumentati in modo insostenibile. I prezzi di concimi, anticrittogamici, irrigazioni di soccorso, gasolio ed elettricità necessari ad azionare i mezzi e gestire gli impianti sono aumentati in media di oltre il 30%, incrementando di più di un terzo le spese di lavorazione e produzione. Costi incrementati, purtroppo, anche da un ciclo terribile di eventi climatici estremi: da gennaio ad oggi, la Puglia agricola ha dovuto fare i conti con gelate, siccità, bombe d'acqua e grandinate.
Olive portate altrove. Si sta riproponendo in modo drammatico un fenomeno che mortifica l'olivicoltura pugliese: olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni. "Non biasimiamo i produttori, nella maggior parte dei casi si trovano a non avere alternative, è chiaro tuttavia come distorte e imposte dinamiche di mercato sottraggano alla Puglia, vale a dire alla prima regione italiana per produzione olivicola, tutto il valore aggiunto di un prodotto che è parte integrante della nostra identità sociale, storica e culturale, oltre a essere traino e motore economico e occupazionale".
Mancanza di manodopera. La campagna è prossima, in alcune zone è già in corso ma, in molti casi non si riesce a reperire squadre di operai per la raccolta. Si teme che i raccolti possano restano a marcire nei campi, com'è accaduto per ortaggi e frutta, perché manca manodopera. Dall'inizio della pandemia mancano in Puglia migliaia di lavoratori, soprattutto perché si è fermato l'afflusso dall'estero, Est Europa in primis.
I forti ritardi nelle istruttorie delle richieste inerenti al Decreto Emersione e la mancata attuazione del Decreto Flussi hanno causato rilevanti difficoltà, alle aziende olivicole e a tutto il comparto in generale, nel reperire la manodopera necessaria a portare a termine i raccolti. Manca il flusso di lavoratori dell'Est Europa e dai Paesi extracomunitari. E mancano tanti collaboratori ricorrenti, vale a dire donne e uomini già formati e qualificati. "CIA Agricoltori Italiani ha chiesto di poter ricorrere a chi è in cassa integrazione o percepisce un reddito di cittadinanza, ma chiaramente per farlo serve un intervento di legge".
Nonostante i proclami della politica, ad oggi, a livello normativo si muove poco o nulla, seppure siano stati realizzati portali e app che cercano di far incontrare domanda e offerta tra mille difficoltà, ma niente che possa avere la portata di una normativa di emergenza di livello nazionale.
"La situazione è prossima a diventare critica, agli agricoltori è stato detto di continuare a produrre, e continuiamo a farlo con responsabilità - ha sottolineato il presidente di CIA Agricoltori italiani della Puglia, Raffaele Carrabba. Non so se a breve avremo risposte dall'Europa, soprattutto per utilizzare quei 'corridoi verdi' che invece funzionano verso la Germania, per esempio. A chi solleva il tema dei salari, rispondo che non c'è differenza rispetto alla provenienza dei lavoratori, ovviamente: c'è un contratto nazionale che vale per tutti. Noi abbiamo chiesto anche di poter ricorrere a chi è in cassa integrazione o percepisce un reddito di cittadinanza, ma chiaramente per farlo serve un intervento di legge".
L'emergenza della manodopera nel settore agricolo è insostenibile per le imprese. Milioni di giornate di lavoro stanno andando perse in agricoltura.