Covid19: il medico andriese Lopetuso in prima linea al Policlinico “Gemelli” di Roma
Il giovane gastroenterologo, con altri sanitari pugliesi e non, impegnato in questa battaglia per la cura dal coronavirus
mercoledì 29 aprile 2020
17.30
Questa è la testimonianza di un giovane medico andriese, Loris Lopetuso, che si è ritrovato, come tanti altri suoi valenti colleghi, molti di questi pugliesi, ad affrontare in prima linea ed inaspettatamente una nuova realtà, quella dell'emergenza sanitaria da covid 19.
Laureato in Medicina all'Università Cattolica del Sacro Cuore e dottore di ricerca, è attualmente dirigente medico della Unità operativa complessa di Medicina Interna e gastroenterologia alla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, il nostro concittadino ha dovuto, nonostante il suo titolo poco attinente, operare in un reparto completamente inedito e adottare misure di prevenzione a cui non era abituato.
Giorni difficili che hanno, inesorabilmente, cambiato la vita di tutti coloro che hanno combattuto in trincea contro il coronavirus, non soltanto perché hanno dovuto adottare nuove misure di prevenzione – massima attenzione a isolarsi, vestirsi, svestirsi, ogni qualvolta che si entrava nel reparto del covi19 – ma anche perché, la pandemia ha costretto il personale medico e sanitario all'isolamento, a rimanere in casa, a non uscire se non per lavoro. Questo ha fatto sì che il reparto sia diventato per Loris l'unica famiglia, con la quale condividere le stesse sensazione ed emozioni.
L'emergenza ha riscritto anche il modo di operare dei medici. I turni sono aumentati tra Loris e i suoi colleghi in modo da ricoprire l'intero orario della giornata, tra mattina, pomeriggio e notte. Così come il "giro visite": normalmente, medici e infermieri entravano nella stanza di un paziente ora invece, l'isolamento dei pazienti non lo permette più. Il personale medico, deve seguire regole ben precise di vestizione, svestizione e disinfezione, indispensabile per minimizzare il più possibile il rischio di contagio.
L'esperienza diretta sul campo, ha lasciato in Loris e nei tanti suoi valenti amici e colleghi, un ricordo indelebile: come quella visiera indossata nel momento in cui entrava in contatto con i pazienti, costantemente appannata, poiché era difficile da respirare e questo rendeva il suo lavoro ancora più difficile. Così come le telefonate ricevute dai parenti dei contagiati, dove ogni tipo di rapporto tra loro era garantito dalla presenza dei medici che proprio in questa occasione non mancavano i ringraziamenti dei familiari, fonte di sostegno più importante per la loro attività.
L'emergenza ha sicuramente evidenziato, l'unicità del lavoro svolto dai medici e di questo, ora, Loris ed i suoi colleghi ne sono più che mai consapevoli ed orgogliosi poiché, avere la possibilità di aiutare gli altri in una situazione così drammatica e lavorare in squadra, sono due insegnamenti che non verranno mai dimenticati.
Laureato in Medicina all'Università Cattolica del Sacro Cuore e dottore di ricerca, è attualmente dirigente medico della Unità operativa complessa di Medicina Interna e gastroenterologia alla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, il nostro concittadino ha dovuto, nonostante il suo titolo poco attinente, operare in un reparto completamente inedito e adottare misure di prevenzione a cui non era abituato.
Giorni difficili che hanno, inesorabilmente, cambiato la vita di tutti coloro che hanno combattuto in trincea contro il coronavirus, non soltanto perché hanno dovuto adottare nuove misure di prevenzione – massima attenzione a isolarsi, vestirsi, svestirsi, ogni qualvolta che si entrava nel reparto del covi19 – ma anche perché, la pandemia ha costretto il personale medico e sanitario all'isolamento, a rimanere in casa, a non uscire se non per lavoro. Questo ha fatto sì che il reparto sia diventato per Loris l'unica famiglia, con la quale condividere le stesse sensazione ed emozioni.
L'emergenza ha riscritto anche il modo di operare dei medici. I turni sono aumentati tra Loris e i suoi colleghi in modo da ricoprire l'intero orario della giornata, tra mattina, pomeriggio e notte. Così come il "giro visite": normalmente, medici e infermieri entravano nella stanza di un paziente ora invece, l'isolamento dei pazienti non lo permette più. Il personale medico, deve seguire regole ben precise di vestizione, svestizione e disinfezione, indispensabile per minimizzare il più possibile il rischio di contagio.
L'esperienza diretta sul campo, ha lasciato in Loris e nei tanti suoi valenti amici e colleghi, un ricordo indelebile: come quella visiera indossata nel momento in cui entrava in contatto con i pazienti, costantemente appannata, poiché era difficile da respirare e questo rendeva il suo lavoro ancora più difficile. Così come le telefonate ricevute dai parenti dei contagiati, dove ogni tipo di rapporto tra loro era garantito dalla presenza dei medici che proprio in questa occasione non mancavano i ringraziamenti dei familiari, fonte di sostegno più importante per la loro attività.
L'emergenza ha sicuramente evidenziato, l'unicità del lavoro svolto dai medici e di questo, ora, Loris ed i suoi colleghi ne sono più che mai consapevoli ed orgogliosi poiché, avere la possibilità di aiutare gli altri in una situazione così drammatica e lavorare in squadra, sono due insegnamenti che non verranno mai dimenticati.