Coronavirus, "Che ne sarà di noi?": artisti pugliesi scrivono a Capone e Emiliano
Lettera aperta del collettivo composto da attori e performer: "Mancano le prospettive e le basi"
martedì 14 aprile 2020
13.54
Il coronavirus non ha messo in ginocchio solo l'apparato produttivo e quindi l'economia del territorio ma anche un'altra grande industria, quella della cultura che in Puglia si declina in numerose rassegne, festival, kermesse, mostre e esperienze di vario genere accomunate da un unico denominatore: l'amore per l'arte.
Un gruppo di artisti, attori e performer pugliesi ha deciso di scrivere una lettera aperta all'assessore Loredana Capone, al Presidente Michele Emiliano e ai responsabili dell'Industria culturale in Puglia che vi riportiamo integralmente. La loro è una richiesta di aiuto che non possiamo non condividere perchè la sopravvivenza della cultura è sopravvivenza di civiltà.
"Siamo un gruppo di artisti, attori e performer pugliesi. Nati in Puglia e residenti in Puglia. Rimasti in Puglia per scelta, consapevoli di fare un lavoro che finora ci ha permesso di girare l'Italia e non solo. Da lavoratori Le scriviamo. Lavoratori dello spettacolo, come tanti. Noi che, inutile negarlo, per natura del nostro lavoro instabile, siamo abituati agli equilibrismi, abituati a cadere, a rialzarci, a fare i conti con gli imprevisti. Conti – soprattutto quelli economici – che non sempre tornano. Ma abbiamo sempre saputo che era parte di un gioco. Non una buonissima pratica, certo, ma la contropartita di un mestiere che paga e ripaga anche in applausi, riconoscimenti, emozioni. Quelle del pubblico", scrivono.
"E così siamo andati avanti. Sinora. Fino ad oggi. Fino a tre settimane fa. Fino a quando un virus ha diffuso prima la malattia, poi la paura per noi e per i nostri cari, la paura dell'altro e ora l'angoscia per un futuro i cui scenari sembrano inimmaginabili. Un virus che ha resettato la quotidianità, ha ridisegnato i ritmi, ha riscritto le priorità, ha azzerato le consuetudini, buone o cattive che fossero. Una pandemia che ha appianato ogni cosa, ha livellato, ha tracciato una linea e ha tirato una grande somma. È un'operazione un po' strana questa, però. Nell'immediato concede, aiuta, viene in soccorso, tende una mano. Dall'altra, fa venir meno ogni prospettiva. Gli Enti nazionali e regionali hanno fatto, subito, la loro parte, riconoscerlo è doveroso: contributi straordinari, sovvenzionamenti, proroghe, sospensioni temporanee degli adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali, dei pagamenti di imposta, delle rate dei mutui. Tutto per salvare il salvabile. Per arginare una débâcle che sembra, al momento, l'unica e sola certezza futura. Qui e ora. Proprio quel 'qui e ora' dell'arte, che noi lavoratori dello spettacolo conosciamo benissimo. Però ora, tutto questo non basta più e la domanda che aleggia e riecheggia silenziosa nelle menti di molti è: che ne sarà di noi?".
"Ogni giorno leggiamo numeri e dati sconfortanti sulle perdite del comparto turistico, dell'industria cinematografica, del settore teatrale. Eventi che, in prima istanza, si pensava solo di rinviare, oggi, vengono annullati. Mancano le prospettive e le basi. Si fanno pronostici e statistiche sulla paura che continuerà ad attanagliare tutti e che, in concerto con le perdite economiche e la carenza di liquidità, continuerà a tenere la gente, per molto tempo, dopo la fine delle restrizioni, lontana dagli eventi, dalle occasioni aggregative e quindi dai cinema, dai teatri, dai concerti, dai festival, dalle rassegne, dalle fiere, da tutte quelle manifestazioni culturali che sono per noi, pane quotidiano, mestiere, lavoro. Un lavoro come tanti, come altri, sebbene sempre fanalino di coda, bistrattato, lasciato un po' ai margini, talvolta dimenticato. Anche questa volta. Che ne sarà allora di tutti i musicisti, i danzatori, gli elettricisti, le maschere, i responsabili di palco, i macchinisti, i montatori, i fotografi, i truccatori, gli autisti, gli scenografi, i sarti, i costumisti, gli attori, gli attrezzisti, i falegnami, i fonici, i tecnici che lavorano per il teatro, per la musica, per il cinema, svincolati dai contratti a tempo indeterminato (ma che lavorano come e talvolta anche di più di chi può vantarne uno), dalle logiche e dalle dinamiche più ammortizzanti e cautelative delle imprese, delle associazioni, dei teatri stabili, delle residenze artistiche? Che ne sarà di loro, di noi che, in un periodo cruciale come quello primaverile ed estivo, assistiamo quotidianamente all'annullamento - senza accenno alcuno a date da destinarsi per il recupero - di tournée regionali e nazionali, e dei festival, alla totale defezione da parte delle scuole di ogni ordine e grado delle matinée, al blocco delle release di film su tutto il territorio nazionale, al crollo degli incassi e delle entrate da sbigliettamento? Che ne sarà di tutti questi professionisti che saranno destinati ad essere gli ultimi a rientrare alla loro, alla nostra normalità su una coda lunga e una ripresa lenta che non avverrà prima del prossimo autunno? Che faranno, che faremo tutti noi, dopo che avremo dato fondo anche alle ultime risorse?"
"Eppure anche noi, con le nostre famiglie, siamo parte integrante dell'economia di questo Paese, non siamo alieni e mai come in Puglia, siamo lavoratori di un settore trainante per la Regione, come quello culturale e turistico. Come tutti e per il bene di tutti ci siamo fermati. Era nostro dovere tutelarci e tutelarvi, rimanere al sicuro, proteggerci, restare a casa. In molti casi, siamo rimasti nelle nostre case e, attraverso i social, lo abbiamo fatto con un pizzico di ironia, proprio grazie a quel brio e a quella sensibilità distintive del nostro lavoro, che ci permette di cercare e di creare emozioni anche nel bel mezzo dell'inferno, anche solo per strappare un sorriso. Quando tutto questo sarà finito, quando pian piano tutti ritorneranno alle loro vite e ai propri lavori, vorremmo tornarci anche noi. Non lasciateci a casa. A chi toccherà proteggerci allora? Chi si preoccuperà del sorriso di chi vi ha fatto sorridere ed emozionare sinora. Perché non è vero che con la cultura e con l'arte non si mangia. La cultura è industria e noi siamo i suoi operai. Non vorremmo restare affamati, non fosse altro per non farvi mancare tutto ciò che in questa quarantena, al sicuro delle vostre case, vi sta salvando dal virus, dal tedio e dall'annichilimento : musica, libri, film, teatro, poesia, arte. Pensateci. Pensate-ci. E soprattutto, rispondeteci!".
Il collettivo di artisti: Franco Ferrante, Christian Di Domenico, Nunzia Antonino, Michele Cipriani, Roberto Corradino, Piera Del Giudice, Saba Salvemini, Gianpiero Borgia, Giulio Di Leo, Arianna Gambaccini, Sara Bevilacqua, Mimmo Padrone, Annika Strøhm e Raffaele Braia.
Un gruppo di artisti, attori e performer pugliesi ha deciso di scrivere una lettera aperta all'assessore Loredana Capone, al Presidente Michele Emiliano e ai responsabili dell'Industria culturale in Puglia che vi riportiamo integralmente. La loro è una richiesta di aiuto che non possiamo non condividere perchè la sopravvivenza della cultura è sopravvivenza di civiltà.
"Siamo un gruppo di artisti, attori e performer pugliesi. Nati in Puglia e residenti in Puglia. Rimasti in Puglia per scelta, consapevoli di fare un lavoro che finora ci ha permesso di girare l'Italia e non solo. Da lavoratori Le scriviamo. Lavoratori dello spettacolo, come tanti. Noi che, inutile negarlo, per natura del nostro lavoro instabile, siamo abituati agli equilibrismi, abituati a cadere, a rialzarci, a fare i conti con gli imprevisti. Conti – soprattutto quelli economici – che non sempre tornano. Ma abbiamo sempre saputo che era parte di un gioco. Non una buonissima pratica, certo, ma la contropartita di un mestiere che paga e ripaga anche in applausi, riconoscimenti, emozioni. Quelle del pubblico", scrivono.
"E così siamo andati avanti. Sinora. Fino ad oggi. Fino a tre settimane fa. Fino a quando un virus ha diffuso prima la malattia, poi la paura per noi e per i nostri cari, la paura dell'altro e ora l'angoscia per un futuro i cui scenari sembrano inimmaginabili. Un virus che ha resettato la quotidianità, ha ridisegnato i ritmi, ha riscritto le priorità, ha azzerato le consuetudini, buone o cattive che fossero. Una pandemia che ha appianato ogni cosa, ha livellato, ha tracciato una linea e ha tirato una grande somma. È un'operazione un po' strana questa, però. Nell'immediato concede, aiuta, viene in soccorso, tende una mano. Dall'altra, fa venir meno ogni prospettiva. Gli Enti nazionali e regionali hanno fatto, subito, la loro parte, riconoscerlo è doveroso: contributi straordinari, sovvenzionamenti, proroghe, sospensioni temporanee degli adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali, dei pagamenti di imposta, delle rate dei mutui. Tutto per salvare il salvabile. Per arginare una débâcle che sembra, al momento, l'unica e sola certezza futura. Qui e ora. Proprio quel 'qui e ora' dell'arte, che noi lavoratori dello spettacolo conosciamo benissimo. Però ora, tutto questo non basta più e la domanda che aleggia e riecheggia silenziosa nelle menti di molti è: che ne sarà di noi?".
"Ogni giorno leggiamo numeri e dati sconfortanti sulle perdite del comparto turistico, dell'industria cinematografica, del settore teatrale. Eventi che, in prima istanza, si pensava solo di rinviare, oggi, vengono annullati. Mancano le prospettive e le basi. Si fanno pronostici e statistiche sulla paura che continuerà ad attanagliare tutti e che, in concerto con le perdite economiche e la carenza di liquidità, continuerà a tenere la gente, per molto tempo, dopo la fine delle restrizioni, lontana dagli eventi, dalle occasioni aggregative e quindi dai cinema, dai teatri, dai concerti, dai festival, dalle rassegne, dalle fiere, da tutte quelle manifestazioni culturali che sono per noi, pane quotidiano, mestiere, lavoro. Un lavoro come tanti, come altri, sebbene sempre fanalino di coda, bistrattato, lasciato un po' ai margini, talvolta dimenticato. Anche questa volta. Che ne sarà allora di tutti i musicisti, i danzatori, gli elettricisti, le maschere, i responsabili di palco, i macchinisti, i montatori, i fotografi, i truccatori, gli autisti, gli scenografi, i sarti, i costumisti, gli attori, gli attrezzisti, i falegnami, i fonici, i tecnici che lavorano per il teatro, per la musica, per il cinema, svincolati dai contratti a tempo indeterminato (ma che lavorano come e talvolta anche di più di chi può vantarne uno), dalle logiche e dalle dinamiche più ammortizzanti e cautelative delle imprese, delle associazioni, dei teatri stabili, delle residenze artistiche? Che ne sarà di loro, di noi che, in un periodo cruciale come quello primaverile ed estivo, assistiamo quotidianamente all'annullamento - senza accenno alcuno a date da destinarsi per il recupero - di tournée regionali e nazionali, e dei festival, alla totale defezione da parte delle scuole di ogni ordine e grado delle matinée, al blocco delle release di film su tutto il territorio nazionale, al crollo degli incassi e delle entrate da sbigliettamento? Che ne sarà di tutti questi professionisti che saranno destinati ad essere gli ultimi a rientrare alla loro, alla nostra normalità su una coda lunga e una ripresa lenta che non avverrà prima del prossimo autunno? Che faranno, che faremo tutti noi, dopo che avremo dato fondo anche alle ultime risorse?"
"Eppure anche noi, con le nostre famiglie, siamo parte integrante dell'economia di questo Paese, non siamo alieni e mai come in Puglia, siamo lavoratori di un settore trainante per la Regione, come quello culturale e turistico. Come tutti e per il bene di tutti ci siamo fermati. Era nostro dovere tutelarci e tutelarvi, rimanere al sicuro, proteggerci, restare a casa. In molti casi, siamo rimasti nelle nostre case e, attraverso i social, lo abbiamo fatto con un pizzico di ironia, proprio grazie a quel brio e a quella sensibilità distintive del nostro lavoro, che ci permette di cercare e di creare emozioni anche nel bel mezzo dell'inferno, anche solo per strappare un sorriso. Quando tutto questo sarà finito, quando pian piano tutti ritorneranno alle loro vite e ai propri lavori, vorremmo tornarci anche noi. Non lasciateci a casa. A chi toccherà proteggerci allora? Chi si preoccuperà del sorriso di chi vi ha fatto sorridere ed emozionare sinora. Perché non è vero che con la cultura e con l'arte non si mangia. La cultura è industria e noi siamo i suoi operai. Non vorremmo restare affamati, non fosse altro per non farvi mancare tutto ciò che in questa quarantena, al sicuro delle vostre case, vi sta salvando dal virus, dal tedio e dall'annichilimento : musica, libri, film, teatro, poesia, arte. Pensateci. Pensate-ci. E soprattutto, rispondeteci!".
Il collettivo di artisti: Franco Ferrante, Christian Di Domenico, Nunzia Antonino, Michele Cipriani, Roberto Corradino, Piera Del Giudice, Saba Salvemini, Gianpiero Borgia, Giulio Di Leo, Arianna Gambaccini, Sara Bevilacqua, Mimmo Padrone, Annika Strøhm e Raffaele Braia.