Città dell'Olio, Miscioscia: «Contrastare le frodi per difendere l'olio italiano»

Il vice-presidente interviene sull'importazione dell'olio tunisino

martedì 2 febbraio 2016 15.21
Il vice-presidente dell'associazione "Città dell'Olio" Benedetto Miscioscia è intervenuto sul tema dell'importazione agevolata dell'olio tunisino, approfondendo la situazione nazionale e il modo in cui contrastare le frodi per difendere l'olio italiano.

«La legittima preoccupazione denunciata dalle organizzazioni dei produttori olivicoli anche pugliesi - afferma in una nota Benedetto Miscioscia - per il livello del prezzo dell'olio attuale determinatosi anche per l'importazione agevolata di olio tunisino, merita un approfondimento ed una riflessione, partendo da alcune domande: quante sono le tonnellate che l'Italia importa dalla Spagna, Grecia, Portogallo e persino dal Cile? A quanto ammonta complessivamente la produzione di olio italiano? A quanto ammonta il consumo complessivo di olio in Italia? Allora, chiarito che l'Italia, insieme alla Grecia, è il principale paese consumatore di olio di oliva nel mondo, ovvero circa 600 mila tonnellate e precisato che ne produce circa 400 mila, più o meno la stessa quantità che importa, non sfugge il dato che l'Italia consuma molto più olio di quanto ne produce e che, contemporaneamente, esporta. La questione vera, è quella di stabilire con quali modalità e quante dovono essere le procedure da adottarsi per constatare, non tanto le importazioni di olio che seguono canali con un'origine certificata e tracciata, quanto le procedure seguite nel garantire la tracciabilità di quello che viene considerato olio italiano, si& all'atto del confezionamento che della commercializzazione in Italia e nei paesi europei ed internazionali. Il tema da affrontare a livello governativo ed europeo è questo; precisando che ci sono colpevoli responsabilità governative per non aver mai affrontato e adottato un serio Piano Olivicolo sia a livello nazionale che regionale. Il vero obiettivo da perseguire è quello di puntare sul rafforzamento delle nonne che oggi regolano i criteri per l'identificazione in etichetta dell'olio posto in commercio e sul rafforzamento dell'organizzazione della filiera che oggi, in particolare, penalizza principalmente la Puglia. Un olio per considerarsi italiano non può prescindere dall'indicazione dell'origine delle olive e delle varietà utilizzate diversamente da un generico "olive italiane". La vera battaglia che va affrontata politicamente, non è tanto quella di contrastare le importazioni di olio che soro necessarie per sopperire, purtroppo, ad un deficit produttivo ed al consumo interno, quanto quella normativa per rendere veramente tracciabile ed identificabile la vera produzione olearia italiana, partendo dall'adozione e riconoscimento di metodi di analisi innovativi, come la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (Nmr) ad alto campo, in combinazione con l'analisi statistica multivariata, sulla quale, ad esempio, anche il laboratorio di Chimica Generale ed Inorganica del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell' Università del Salento, sta puntando. Una tecnica, questa, che potrebbe contribuire, definitivamente a smascherare le frodi in campo oleario consentendo di risalire all'individuazione della qualità e della originalità dell'olio spacciato come italiano. L'italianità di un prodotto si distingue solo quando traspare l'origine territoriale legato ai propri oliveti, alla varietà di olive coltivate ed utilizzate. Obiettivi sul quale - conclude il vice presidente - sta puntando l'Associazione Nazionale Città dell'Olio con le proprie iniziative».