Centro storico, M5S: «Noi mediatori tra le parti attorno ad un tavolo»
Una lunga nota dei pentastellati andriesi sulla situazione della "movida" cittadina
martedì 13 ottobre 2015
13.48
«Quando si parla del centro storico di Andria, ci viene in mente un film western, anche se non quelli di Sergio Leone, ma uno di quelli parodistici. Perché il trionfo di questa amministrazione è stato quello di gettare tutto in un calderone, mettendo tutti contro tutti, al fine di creare un'analisi della città più vicina alla parodia che alla realtà. Alla fine di questo western, non vince nessuno: nel centro storico, gli anni di incuria, di mancato dialogo hanno inasprito le posizioni delle parti e ora è difficilissimo trovare un punto d'incontro. Eppure non è un problema di regole. Ci sono già delle norme di carattere generale applicabili anche alla "movida" nel nostro centro storico. Dunque, perché queste regole non si fanno rispettare? C'è un problema di sicurezza o c'è un problema di lassismo ed indifferenza?». Inizia così una lunga nota del Movimento 5 Stelle di Andria a firma dei consiglieri comunali e del gruppo cittadino sulla questione Centro Storico e sugli eventuali sviluppi futuri.
«Il problema, come su molti altri temi, è la convivenza di realtà diverse - dice il comunicato - La questione politica è che in questi anni (ormai sei) l'amministrazione non ha mai voluto assumersi la responsabilità di fare delle scelte, ben sapendo che ogni scelta implicava scontentare qualcuno, magari qualche elettore, sia fra i residenti sia fra gli esercenti. Comodo, così, vero? Meglio assecondare gli esercenti, concedendo autorizzazioni in deroga ad ogni regola di decoro e di buonsenso, salvo poi lusingare i residenti esasperati da una situazione fuori controllo lamentandosi degli "incivili". Tanto la memoria è sempre corta, secondo questi signori. Questo è puro e semplice esercizio del potere, perché se non ci sono regole prevale chi ha la conoscenza migliore, la più efficace, quella più in alto. È la morte del diritto e della democrazia, è l'apoteosi del clientelismo e dell'illegalità. Innanzitutto diciamo due cose, una per gli esercenti e una per i residenti: chi pensa che il "problema movida" sia un caso solo andriese, probabilmente non ha mai messo piede a Barletta e a Trani (dove ci sono problemi forse più grossi) e non ha mai visitato Milano e Bologna (dove a partire dagli esercenti, c'è una richiesta di metodi e regole nuove per evitare abusivismi e attaccabrighe e si sono risolti problemi che qui ad Andria sembrano insormontabili - e ve ne sono altri da risolvere). Quindi quando i residenti chiedono regole, lo fanno a ragion veduta, non per far chiudere gli esercizi commerciali o di ristorazione. Ai residenti, va detta una verità che se non è nelle carte è nei fatti: non è praticabile l'idea di chiudere il centro storico alle attività commerciali, anche di ristorazione, e rimandarlo indietro di vent'anni, non esiste diritto che possa far emettere al Comune un qualsiasi atto che determini la chiusura di un'attività. Chi ha aperto un'attività nel centro storico non lo ha fatto grazie a Giorgino (e peccato che i suoi sostenitori lo ammettano solo ora, a campagna elettorale finita, mentre prima era tutto un fiorire di autocompiacimenti), ma lo ha fatto grazie ad idee, energie e capitali spesso propri».
«Ci sono residenti e lavoratori nel centro storico di Andria che hanno votato anche per il Movimento 5 Stelle - si legge nel comunicato - Possiamo augurarci, con buonsenso, che vi siano dieci locali aperti e non dieci locali chiusi? Possiamo dire che più attività, diverse fra loro, significano posti di lavoro, significa più economia? Sì. Ma dobbiamo anche dire che onestamente l'idea di una città che nel suo cuore pulsante ha cinquanta locali in 50mq che hanno come business la vendita di alcolici non rappresenta l'idea di sviluppo della città che abbiamo in mente. Non va bene, genera degrado (quale che sia la volontà degli esercenti) e soprattutto stritola le altre attività. Si, perché ce lo dobbiamo dire: quanti negozi di abbigliamento, quanti caseifici, quante macellerie, quanti pescivendoli o rivendite di tecnologia ci sono in Piazza Catuma, Piazza Duomo e Piazza Vaglio rispetto a pizzerie, ristoranti e wine e american bar? Vanno effettuati i controlli che al momento sono minimi, ma allo stesso tempo non si possono vendere bibite in bottiglia fuori dai locali nell'area del centro storico, non si possono vendere alcolici ai minorenni, non basta pulirsi la coscienza con una tabella sulla vetrina o sulla porta del proprio esercizio. Non si può sparare musica a tutto volume oltre una certa ora in piccole strade del centro storico, quando si sa benissimo che al primo o al secondo piano, fosse anche al terzo o al quarto, c'è gente che ha diritto al proprio riposo. Ripeto, è convivenza, rispetto delle regole, civiltà. Un regolamento non dovrebbe servire, basterebbe buonsenso, ma evidentemente serve qualcuno che si faccia carico della responsabilità politica e noi siamo pronti. Vogliamo proporci come mediatori, per arrivare alla stesura di un documento programmatico condiviso che contemperi le esigenze degli esercenti e quelle dei residenti. Lo faremo in maniera partecipata, come sempre, e lo sottoporremo alle parti. Questa è una delle prime promesse per la città che noi abbiamo in mente».
«Il problema, come su molti altri temi, è la convivenza di realtà diverse - dice il comunicato - La questione politica è che in questi anni (ormai sei) l'amministrazione non ha mai voluto assumersi la responsabilità di fare delle scelte, ben sapendo che ogni scelta implicava scontentare qualcuno, magari qualche elettore, sia fra i residenti sia fra gli esercenti. Comodo, così, vero? Meglio assecondare gli esercenti, concedendo autorizzazioni in deroga ad ogni regola di decoro e di buonsenso, salvo poi lusingare i residenti esasperati da una situazione fuori controllo lamentandosi degli "incivili". Tanto la memoria è sempre corta, secondo questi signori. Questo è puro e semplice esercizio del potere, perché se non ci sono regole prevale chi ha la conoscenza migliore, la più efficace, quella più in alto. È la morte del diritto e della democrazia, è l'apoteosi del clientelismo e dell'illegalità. Innanzitutto diciamo due cose, una per gli esercenti e una per i residenti: chi pensa che il "problema movida" sia un caso solo andriese, probabilmente non ha mai messo piede a Barletta e a Trani (dove ci sono problemi forse più grossi) e non ha mai visitato Milano e Bologna (dove a partire dagli esercenti, c'è una richiesta di metodi e regole nuove per evitare abusivismi e attaccabrighe e si sono risolti problemi che qui ad Andria sembrano insormontabili - e ve ne sono altri da risolvere). Quindi quando i residenti chiedono regole, lo fanno a ragion veduta, non per far chiudere gli esercizi commerciali o di ristorazione. Ai residenti, va detta una verità che se non è nelle carte è nei fatti: non è praticabile l'idea di chiudere il centro storico alle attività commerciali, anche di ristorazione, e rimandarlo indietro di vent'anni, non esiste diritto che possa far emettere al Comune un qualsiasi atto che determini la chiusura di un'attività. Chi ha aperto un'attività nel centro storico non lo ha fatto grazie a Giorgino (e peccato che i suoi sostenitori lo ammettano solo ora, a campagna elettorale finita, mentre prima era tutto un fiorire di autocompiacimenti), ma lo ha fatto grazie ad idee, energie e capitali spesso propri».
«Ci sono residenti e lavoratori nel centro storico di Andria che hanno votato anche per il Movimento 5 Stelle - si legge nel comunicato - Possiamo augurarci, con buonsenso, che vi siano dieci locali aperti e non dieci locali chiusi? Possiamo dire che più attività, diverse fra loro, significano posti di lavoro, significa più economia? Sì. Ma dobbiamo anche dire che onestamente l'idea di una città che nel suo cuore pulsante ha cinquanta locali in 50mq che hanno come business la vendita di alcolici non rappresenta l'idea di sviluppo della città che abbiamo in mente. Non va bene, genera degrado (quale che sia la volontà degli esercenti) e soprattutto stritola le altre attività. Si, perché ce lo dobbiamo dire: quanti negozi di abbigliamento, quanti caseifici, quante macellerie, quanti pescivendoli o rivendite di tecnologia ci sono in Piazza Catuma, Piazza Duomo e Piazza Vaglio rispetto a pizzerie, ristoranti e wine e american bar? Vanno effettuati i controlli che al momento sono minimi, ma allo stesso tempo non si possono vendere bibite in bottiglia fuori dai locali nell'area del centro storico, non si possono vendere alcolici ai minorenni, non basta pulirsi la coscienza con una tabella sulla vetrina o sulla porta del proprio esercizio. Non si può sparare musica a tutto volume oltre una certa ora in piccole strade del centro storico, quando si sa benissimo che al primo o al secondo piano, fosse anche al terzo o al quarto, c'è gente che ha diritto al proprio riposo. Ripeto, è convivenza, rispetto delle regole, civiltà. Un regolamento non dovrebbe servire, basterebbe buonsenso, ma evidentemente serve qualcuno che si faccia carico della responsabilità politica e noi siamo pronti. Vogliamo proporci come mediatori, per arrivare alla stesura di un documento programmatico condiviso che contemperi le esigenze degli esercenti e quelle dei residenti. Lo faremo in maniera partecipata, come sempre, e lo sottoporremo alle parti. Questa è una delle prime promesse per la città che noi abbiamo in mente».