Casa "Santa Croce", alla scoperta degli amici migranti
Alcuni ragazzi della parrocchia Madonna di Pompei hanno voluto incontrare gli ospiti del centro
venerdì 17 febbraio 2017
Alla scoperta della diversità, nel segno del rispetto e dell'accoglienza reciproca, nel segno della Tèranga (termine di origine senegalese che significa "ospitalità). E' con queste finalità che un gruppo di giovani della parrocchia Madonna di Pompei si è recata presso Casa "Santa Croce" detta anche "Casa Livatino" (dal nome del giudice cui è intitolato l'immobile), struttura adibita alla prima accoglienza di persone disagiate dal punto di vista economico e sociale, sita alla via Lagnone Santa Croce. Oltre all'accoglienza, la struttura supporta i migranti nell'ambito del progetto Sprar, di cui si è parlato nell'incontro, che consiste nell'accompagnamento alla ricerca di un'abitazione.
Un'esperienza di conoscenza davvero forte quella vissuta dai venti ragazzi della parrocchia con i circa trenta ragazzi presenti nella Casa (in tutto sono circa cinquanta, altri erano impegnati nelle pulizie dei luoghi della casa, aspetto nel quale sono del tutto autonomi), dei quali hanno conosciuto alcune storie a cui non si può certo restare indifferenti. E' stata soprattutto l'occasione per chiarire alcune tematiche fondamentali a proposito dell'immigrazione e per sfatare alcuni tabù e luoghi comuni che le società sviluppate come la nostra diffondono stupidamente a proposito dei migranti: ci invadono, rubano, sono delinquenti, portano malattie, hanno cellulari migliori dei nostri, e così via. Tutto ciò viene poi alimentato in modo spropositato e spesso bugiardamente dai mass media, mentre invece uno dei ragazzi della Casa ha chiarito uno di questi tabù, ossia che un cellulare abbastanza potente è l'unico mezzo che i migranti hanno per tentare di rimanere in contatto con le famiglie distanti migliaia di chilometri. Un altro dei migranti ha chiarito anche una questione che rimanda ad un altro luogo comune diffusissimo, ossia che gli immigrati vengono quasi tutti in Italia: come invece è stato spiegato, svariate volte i migranti scappano dai propri paesi imbarcandosi senza sapere quale sarà la destinazione finale del barcone, rimanendo in mare anche per molti mesi se non per anni in casi estremi. Si è parlato anche del fatto che le popolazioni cui appartengono i migranti hanno insita la cultura del saluto, anche verso chi non si conosce; un aspetto quasi assente nella nostra quotidianità, infatti quando ci capita di incontrare un migrante per strada che ci saluta, molto spesso non contraccambiamo.
Una delle parole chiave di questo fruttifero incontro è stata Integrazione, scaturita da alcune domande dei ragazzi della Madonna di Pompei, e spiegata come un processo che non ha un inizio e un termine definitivi, ma è duraturo nel tempo e si esplica in tantissimi aspetti. Anche l'integrazione tra i migranti stessi nella casa non è così semplice all'inizio: infatti possono riuscire a comunicare solo se conoscono l'inglese oppure se parlano lo stesso dialetto (in Africa e Asia ce ne sono tantissimi), e comunque c'è un mediatore linguistico che aiuta i ragazzi. L'integrazione è infatti un processo che prende corpo soprattutto con l'apprendimento della lingua: è emerso che i ragazzi ospiti della casa hanno imparato con una certa velocità una lingua complicata come l'italiano, e che alcuni di loro erano dediti allo studio nel loro paese d'origine: è il caso di Ibrahim, uno dei migranti che studiava storia e filosofia nella sua terra e oggi in Italia sogna di riprendere quegli studi.
Al termine dell'incontro i ragazzi della Madonna di Pompei hanno scambiato saluti e qualche parola con gli ospiti della casa, che hanno espresso tanta soddisfazione per questo incontro di scambio, in un clima di assoluta armonia e condivisione delle proprie esperienza di vita. I ragazzi della parrocchia hanno poi consegnato ai nuovi amici un cartellone con una grande scritta al centro, Freedom, ciò di cui avrebbero bisogno le menti di noi occidentali per staccarci il più possibile da insensati pregiudizi. Il tutto si è concluso con una foto tutti insieme, con la promessa di rivedersi al più presto.
Un'esperienza di conoscenza davvero forte quella vissuta dai venti ragazzi della parrocchia con i circa trenta ragazzi presenti nella Casa (in tutto sono circa cinquanta, altri erano impegnati nelle pulizie dei luoghi della casa, aspetto nel quale sono del tutto autonomi), dei quali hanno conosciuto alcune storie a cui non si può certo restare indifferenti. E' stata soprattutto l'occasione per chiarire alcune tematiche fondamentali a proposito dell'immigrazione e per sfatare alcuni tabù e luoghi comuni che le società sviluppate come la nostra diffondono stupidamente a proposito dei migranti: ci invadono, rubano, sono delinquenti, portano malattie, hanno cellulari migliori dei nostri, e così via. Tutto ciò viene poi alimentato in modo spropositato e spesso bugiardamente dai mass media, mentre invece uno dei ragazzi della Casa ha chiarito uno di questi tabù, ossia che un cellulare abbastanza potente è l'unico mezzo che i migranti hanno per tentare di rimanere in contatto con le famiglie distanti migliaia di chilometri. Un altro dei migranti ha chiarito anche una questione che rimanda ad un altro luogo comune diffusissimo, ossia che gli immigrati vengono quasi tutti in Italia: come invece è stato spiegato, svariate volte i migranti scappano dai propri paesi imbarcandosi senza sapere quale sarà la destinazione finale del barcone, rimanendo in mare anche per molti mesi se non per anni in casi estremi. Si è parlato anche del fatto che le popolazioni cui appartengono i migranti hanno insita la cultura del saluto, anche verso chi non si conosce; un aspetto quasi assente nella nostra quotidianità, infatti quando ci capita di incontrare un migrante per strada che ci saluta, molto spesso non contraccambiamo.
Una delle parole chiave di questo fruttifero incontro è stata Integrazione, scaturita da alcune domande dei ragazzi della Madonna di Pompei, e spiegata come un processo che non ha un inizio e un termine definitivi, ma è duraturo nel tempo e si esplica in tantissimi aspetti. Anche l'integrazione tra i migranti stessi nella casa non è così semplice all'inizio: infatti possono riuscire a comunicare solo se conoscono l'inglese oppure se parlano lo stesso dialetto (in Africa e Asia ce ne sono tantissimi), e comunque c'è un mediatore linguistico che aiuta i ragazzi. L'integrazione è infatti un processo che prende corpo soprattutto con l'apprendimento della lingua: è emerso che i ragazzi ospiti della casa hanno imparato con una certa velocità una lingua complicata come l'italiano, e che alcuni di loro erano dediti allo studio nel loro paese d'origine: è il caso di Ibrahim, uno dei migranti che studiava storia e filosofia nella sua terra e oggi in Italia sogna di riprendere quegli studi.
Al termine dell'incontro i ragazzi della Madonna di Pompei hanno scambiato saluti e qualche parola con gli ospiti della casa, che hanno espresso tanta soddisfazione per questo incontro di scambio, in un clima di assoluta armonia e condivisione delle proprie esperienza di vita. I ragazzi della parrocchia hanno poi consegnato ai nuovi amici un cartellone con una grande scritta al centro, Freedom, ciò di cui avrebbero bisogno le menti di noi occidentali per staccarci il più possibile da insensati pregiudizi. Il tutto si è concluso con una foto tutti insieme, con la promessa di rivedersi al più presto.