Burrata IGP, la Regione non condivide il disciplinare
Appello di Nardoni al Ministro Martina: «Poco latte nostrano»
giovedì 5 febbraio 2015
«Un disciplinare con il rischio concreto di molteplici insidie ed abusi nell'uso dell'IGP». E' questa la sintesi della nota indirizzata dall'Assessore regionale alle Risorse Agroalimentari Fabrizio Nardoni al Ministro Maurizio Martina dopo la tanto attesa lettura del disciplinare di produzione per il riconoscimento dell'IGP Burrata di Andria che, dopo la lettura avvenuta a Palazzo di Città lo scorso 2 febbraio, sarà valutata dall'Unione Europea. «Esprimo la nostra insoddisfazione - scrive Nardoni - per la discutibile interpretazione fornita dal MIPAAF, sulla qualificazione dei requisiti necessari per il riconoscimento della "Burrata di Andria" quale prodotto ad indicazione geografica protetta, ai sensi del Regolamento (UE) N. 1151/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. I tecnici del mio Assessorato hanno avuto modo di illustrare ampiamente i motivi del nostro disaccordo nel corso della riunione di pubblico accertamento del disciplinare di produzione della IGP, tenutasi lo scorso 2 febbraio ad Andria».
In particolare al centro delle rimostranze dell'assessore Nardoni vi è la percentuale della materia prima, in questo caso il latte: «E' stato compiutamente evidenziato - ha detto Nardoni - come il mancato riconoscimento della introduzione nel disciplinare della percentuale della materia prima (latte) di provenienza dal territorio delimitato, non inferiore al 51% di quella utilizzata nella lavorazione, concorra a vanificare ed annullare gran parte degli sforzi e le strategie della Regione Puglia, che sono state dispiegate nel corso di questi anni per la compiuta valorizzazione delle filiere produttive, delle produzioni territoriali e delle loro tipicità. Siamo stati confortati in tale sede - si legge nella nota - dalla convergenza sulle nostre tesi, da diverse e importanti associazioni di categoria del mondo agricolo e zootecnico. D'altra parte la stessa Associazione Produttori "Burrata di Andria", a seguito del confronto con gli uffici regionali, aveva dapprima riformulato la bozza del disciplinare di produzione in data 20/12/2013, e quindi, a seguito di ulteriori approfondimenti, aveva condiviso ulteriori modifiche al disciplinare di produzione il 16 aprile 2014, sia per quanto riguarda l'estensione della zona di produzione a tutto il territorio della regione Puglia, sia per la introduzione della percentuale della materia prima (latte) di provenienza dal territorio delimitato, non inferiore al 51% di quella lavorata».
Poi la nota finale: «Converrai con noi che risulta estremamente difficile sostenere la credibilità di una produzione IGP, il cui disciplinare si limiti a definire solo la qualità del prodotto, come il tenore di grassi, proteine, la carica batterica, ecc. senza giungere a delimitare chiaramente anche la provenienza della materia prima. In pratica, in mancanza di tale indispensabile qualificazione territoriale, la "Burrata di Andria" diventa un prodotto che potrebbe essere praticamente realizzato con materia prima che potrebbe provenire da ogni parte del mondo, con il rischio concreto di molteplici insidie ed abusi nell'uso della indicazione geografica. Pertanto – conclude Nardoni - nel sottolineare come da questo riconoscimento scaturiscano effetti che impattano concretamente sull'attività agricola e zootecnica di importanti porzioni del territorio regionale e su numerosi operatori, del campo agricolo, zootecnico ed agroalimentare, alla luce di queste considerazioni chiedo, nei conseguenti procedimenti per il riconoscimento IGP della "Burrata di Andria", di adoperarsi politicamente, anche nei confronti della Commissione Europea, per una riconsiderazione dei requisiti necessari al riconoscimento dei prodotti ad indicazione geografica protetta, con l'obiettivo di pervenire ad una corretta interpretazione, ovvero ad una modifica dei contenuti del Regolamento (UE) N. 1151/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, anche attraverso l'immediato recepimento delle nostre osservazioni formulate in sede di riunione di pubblico accertamento, che permettano la immediata tutela di elevati livelli di garanzia qualitativa e quantitativa ai produttori e ai consumatori, oltre che il rilancio del comparto agro-zootecnico regionale».
In particolare al centro delle rimostranze dell'assessore Nardoni vi è la percentuale della materia prima, in questo caso il latte: «E' stato compiutamente evidenziato - ha detto Nardoni - come il mancato riconoscimento della introduzione nel disciplinare della percentuale della materia prima (latte) di provenienza dal territorio delimitato, non inferiore al 51% di quella utilizzata nella lavorazione, concorra a vanificare ed annullare gran parte degli sforzi e le strategie della Regione Puglia, che sono state dispiegate nel corso di questi anni per la compiuta valorizzazione delle filiere produttive, delle produzioni territoriali e delle loro tipicità. Siamo stati confortati in tale sede - si legge nella nota - dalla convergenza sulle nostre tesi, da diverse e importanti associazioni di categoria del mondo agricolo e zootecnico. D'altra parte la stessa Associazione Produttori "Burrata di Andria", a seguito del confronto con gli uffici regionali, aveva dapprima riformulato la bozza del disciplinare di produzione in data 20/12/2013, e quindi, a seguito di ulteriori approfondimenti, aveva condiviso ulteriori modifiche al disciplinare di produzione il 16 aprile 2014, sia per quanto riguarda l'estensione della zona di produzione a tutto il territorio della regione Puglia, sia per la introduzione della percentuale della materia prima (latte) di provenienza dal territorio delimitato, non inferiore al 51% di quella lavorata».
Poi la nota finale: «Converrai con noi che risulta estremamente difficile sostenere la credibilità di una produzione IGP, il cui disciplinare si limiti a definire solo la qualità del prodotto, come il tenore di grassi, proteine, la carica batterica, ecc. senza giungere a delimitare chiaramente anche la provenienza della materia prima. In pratica, in mancanza di tale indispensabile qualificazione territoriale, la "Burrata di Andria" diventa un prodotto che potrebbe essere praticamente realizzato con materia prima che potrebbe provenire da ogni parte del mondo, con il rischio concreto di molteplici insidie ed abusi nell'uso della indicazione geografica. Pertanto – conclude Nardoni - nel sottolineare come da questo riconoscimento scaturiscano effetti che impattano concretamente sull'attività agricola e zootecnica di importanti porzioni del territorio regionale e su numerosi operatori, del campo agricolo, zootecnico ed agroalimentare, alla luce di queste considerazioni chiedo, nei conseguenti procedimenti per il riconoscimento IGP della "Burrata di Andria", di adoperarsi politicamente, anche nei confronti della Commissione Europea, per una riconsiderazione dei requisiti necessari al riconoscimento dei prodotti ad indicazione geografica protetta, con l'obiettivo di pervenire ad una corretta interpretazione, ovvero ad una modifica dei contenuti del Regolamento (UE) N. 1151/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, anche attraverso l'immediato recepimento delle nostre osservazioni formulate in sede di riunione di pubblico accertamento, che permettano la immediata tutela di elevati livelli di garanzia qualitativa e quantitativa ai produttori e ai consumatori, oltre che il rilancio del comparto agro-zootecnico regionale».