Bilancio disperato della III edizione del Festival
Intervista al direttore artistico, Gigi Brandonisio
martedì 21 maggio 2019
13.57
Quattro giorni di fermento disperato nella città federiciana. Addetti ai lavori indaffarati, artisti riuniti nei ristoranti dell città, boccali pieni di birra Disperatissima, qui e lì spettatori appassionati con una maglia che dice "Kiss me, I'm disperate".
Perché il Festival della Disperazione non è solo una rassegna di appuntamenti letterari, ma un vero e proprio stato d'animo.
Nel tentativo di lenire l'horror vacui che insorge dopo la fine del Festival della Disperazione (16/19 maggio), abbiamo intervistato il direttore artistico di questa III edizione, Gigi Brandonisio, rivolgendogli alcune delle domande che in questi giorni sono state poste agli artisti.
(Prossimamente troverete qui le interviste a tutti gli artisti)
Ciao, Gigi. Descrivici un'immagine di speranza e una di disperazione di questo Festival
Al di là delle sale piene e degli interessanti incontri, un'immagine di speranza è il muro installato in piazza Vittorio Emanuele II che, nonostante i piccoli vandalismi, si è riempito di desideri e speranze dei passanti.
Un'immagine di disperazione, senza dubbio, sono le nuvolette con pioggia prospettate dalle previsioni del tempo nei momenti cruciali del Festival. Fortunatamente non ha piovuto, nonostante le temperature basse ci abbiano costretti ad apportare piccole variazioni ad alcune iniziative.
Volgendo lo sguardo al panorama culturale del territorio, cosa ti fa disperare?
L'assenza di spazi adeguati, sia per capienza che destinazione e vocazione, fatta eccezione per gli auditorium delle scuole, spesso periferici, che presentano altre difficoltà. Se ci fossero luoghi consoni sarebbe più semplice organizzare eventi culturali.
Un bilancio di questa edizione...
Sicuramente positivo grazie alla presenza di un pubblico vero e non solo composto da addetti ai lavori, come spesso accade.
Molti spettacoli sono andati sold out sin da subito, come Ermanno Cavazzoni, Diego De Silva, Il Trio Malinconico, Patrizia Caraveo, l'escursione alle cave di Spinazzola; altri poco prima, come Roberto Mercadini e Gioia Salvatori. Ma al netto dei sold out, ciò che ci ha soddisfatto è stato il valore dei contenuti.
Quali sono i programmi per il futuro?
Senza dubbio rilanciare l'attività quotidiana del Circolo dei Lettori, fondamentale per una buona gestione dei lavori pre-festival. Ci piacerebbe lavorare alla nuova programmazione per tempo, avendo chiaro il quadro delle risorse con il giusto anticipo. Questa edizione è stata organizzata in pochissimo tempo, ma siamo soddisfatti.
Grazie per il tuo tempo, Gigi. Che la disperazione sia con te.
E con voi!
Quel che preme sottolineare è che il Festival è tutt'altro che disperato: menti e realtà locali fanno rete e giorno dopo giorno, sinergicamente, fanno leva sulle loro risorse per alimentare un fermento culturale che investe la città e risponde con i fatti - e le parole degli artisti - a quel cittadino qualunquista che disperatamente chiede: "Ad Andria non si fa mai nulla?".
Perché il Festival della Disperazione non è solo una rassegna di appuntamenti letterari, ma un vero e proprio stato d'animo.
Nel tentativo di lenire l'horror vacui che insorge dopo la fine del Festival della Disperazione (16/19 maggio), abbiamo intervistato il direttore artistico di questa III edizione, Gigi Brandonisio, rivolgendogli alcune delle domande che in questi giorni sono state poste agli artisti.
(Prossimamente troverete qui le interviste a tutti gli artisti)
Ciao, Gigi. Descrivici un'immagine di speranza e una di disperazione di questo Festival
Al di là delle sale piene e degli interessanti incontri, un'immagine di speranza è il muro installato in piazza Vittorio Emanuele II che, nonostante i piccoli vandalismi, si è riempito di desideri e speranze dei passanti.
Un'immagine di disperazione, senza dubbio, sono le nuvolette con pioggia prospettate dalle previsioni del tempo nei momenti cruciali del Festival. Fortunatamente non ha piovuto, nonostante le temperature basse ci abbiano costretti ad apportare piccole variazioni ad alcune iniziative.
Volgendo lo sguardo al panorama culturale del territorio, cosa ti fa disperare?
L'assenza di spazi adeguati, sia per capienza che destinazione e vocazione, fatta eccezione per gli auditorium delle scuole, spesso periferici, che presentano altre difficoltà. Se ci fossero luoghi consoni sarebbe più semplice organizzare eventi culturali.
Un bilancio di questa edizione...
Sicuramente positivo grazie alla presenza di un pubblico vero e non solo composto da addetti ai lavori, come spesso accade.
Molti spettacoli sono andati sold out sin da subito, come Ermanno Cavazzoni, Diego De Silva, Il Trio Malinconico, Patrizia Caraveo, l'escursione alle cave di Spinazzola; altri poco prima, come Roberto Mercadini e Gioia Salvatori. Ma al netto dei sold out, ciò che ci ha soddisfatto è stato il valore dei contenuti.
Quali sono i programmi per il futuro?
Senza dubbio rilanciare l'attività quotidiana del Circolo dei Lettori, fondamentale per una buona gestione dei lavori pre-festival. Ci piacerebbe lavorare alla nuova programmazione per tempo, avendo chiaro il quadro delle risorse con il giusto anticipo. Questa edizione è stata organizzata in pochissimo tempo, ma siamo soddisfatti.
Grazie per il tuo tempo, Gigi. Che la disperazione sia con te.
E con voi!
Quel che preme sottolineare è che il Festival è tutt'altro che disperato: menti e realtà locali fanno rete e giorno dopo giorno, sinergicamente, fanno leva sulle loro risorse per alimentare un fermento culturale che investe la città e risponde con i fatti - e le parole degli artisti - a quel cittadino qualunquista che disperatamente chiede: "Ad Andria non si fa mai nulla?".