“Avemmaria”, a Persepolis l’ultimo spettacolo di Emilio Nigro

L’autore calabrese racconta la bellezza amara del suo Sud

lunedì 30 novembre 2015 10.21
A cura di Lidia Bucci
Esiste un'arte di intrattenimento, un'arte politica, un'arte civile, un'arte di denuncia e poi esiste un'arte della comunicazione. Quest'ultima è la declinazione dell'arte teatrale tanto cara allo scrittore e critico teatrale Emilio Nigro. Che si tratti di giornalismo, di romanzi, di poesie o di drammaturgie quello che sta a cuore all'autore calabrese è la ricerca della verità. Avemmaria, l'ultima drammaturgia che porta la sua firma – e che per la data ad Andria, presso la libreria "Persepolis", ha portato, eccezionalmente, anche la sua voce – è appunto questo: il desiderio di portare sulla scena la realtà difficile e complessa della sua terra, la Calabria, appunto, 'semplicemente' per farla vedere a tutti. Perché non necessariamente il teatro deve significare ma sicuramente può informare, senza per questo suscitare paure, allarmismi o senso di impotenza davanti alle cose che apparentemente sembra non possano essere cambiate. Trasmettendo piuttosto il 'neutro' di chi ha sufficiente cognizione dei fatti e la passione indispensabile per dirli come sono. Così l'asprezza e le asperità di una terra ferita, in cui il retaggio criminale è diventato, per forza di cose, una cancerogena pratica sociale; l'amarezza della gente che quella terra la vive senza possederla davvero, perché altri ne hanno il controllo totale; assieme alla difficoltà di guardare in faccia la realtà 'oltre le montagne', diventano tutte parti integranti di storie personali e non di chi queste storie sceglie di scriverle e raccontarle. La mano e la voce, infatti tradiscono il coraggio di un autore che ama la propria terra più di quanto sarà mai in grado di detestarla e che perciò decide di affidarne il racconto al suo pubblico, attraverso il linguaggio teatrale. Perché la conoscenza dei fatti, se condivisa, diventa patrimonio culturale e la cultura è nemica di quell'ignoranza che fa abbassare il capo in segno di sottomissione e di rassegnazione a favore dei giochi di potere e degli abusi di quelli che sulla paura hanno costruito la propria forza.

Nessun giudizio allora, nessun dito puntato, nessun atto di accusa. Avemmaria è solo il grido assordante ma silenzioso, la preghiera, appunto, di uno scrittore che da lontano, ora, guarda la sua terra e sceglie di tentare di medicarne le ferite con l'unica cura in grado di poter prescrivere: le parole. Eccolo qui Avemmaria: la storia di un personaggio, di un ragazzo e del suo destino che non conosce scelta. Schiacciato nella morsa dei poteri forti e delle connivenze pericolose, in una gabbia sociale dalla quale è difficile fuggire restando lucidi. Un protagonista assoluto e per questo senza nome, poiché la sua è la storia di molti che come lui vivono 'da questa parte del Sud' che non ha orizzonti ma solo confini che sono limiti. Dalle parole di Emilio Nigro affiora tutta questa profonda amarezza, ma si intravede anche, sotto di essa, una speranza recondita nutrita dalla grande fiducia riposta nella bellezza e negli strumenti culturali per promuoverla. Gli unici strumenti con cui si potrebbe iniziare a cambiare il mondo, a piccoli passi, partendo dal proprio 'giardino'.

Avemmaria conferma – se mai ce ne fosse bisogno – il talento di Nigro per la scrittura e la sua ormai sedimentata e collaudata conoscenza dei differenti linguaggi e stili teatrali; al tempo stesso, però, rivela una grande capacità emotiva dell'autore. Capacità di emozionarsi e di emozionare restituendo al teatro il suo compito primigenio: comunicare fatti, storie e sentimenti di vita vera vissuta, portandoli sul piano della finzione, al fine di poter allargare il campo visivo delle realtà e sulle realtà individuali, affinché, condividendone i confini, se ne possano condividere e assumere anche le responsabilità.
Avemmaria Emilio Nigro
Avemmaria Emilio Nigro
Avemmaria Emilio Nigro