Autonomia Differenziata, stop della Consulta. Sindaco Bruno: “Ora tocca al Parlamento”
"Abbiamo provato a dialogare in tutti i modi ma l'arroganza di questo centro destra non ha dato spazio all'ascolto e alla revisione dell'intero impianto"
venerdì 15 novembre 2024
12.59
Sulla pronuncia della Corte Costituzionale in tema di Autonomia Differenziata, interviene il sindaco Giovanna Bruno, Vicepresidente nazionale ALI.
«Lo avevamo detto sin da subito che l'autonomia differenziata di Calderoli e del governo Meloni era solo un pericoloso disegno spacca Italia, con il preciso intento di accentuare le differenze tra nord e sud indebolendo il Paese intero. Abbiamo provato a dialogare in tutti i modi ma l'arroganza di questo centro destra non ha dato spazio all'ascolto e alla revisione dell'intero impianto.
Sentendo forte il rischio di una legge che irrimediabilmente avrebbe danneggiato il Paese, svilito la sua vocazione unitaria e impoverito alcune aree rafforzandone oltremodo altre, abbiamo organizzato comitati e avviato campagna di informazione capillare, giungendo a depositare i quesiti referendari intorno ai quali si è mobilitata una gran parte del Paese. ALI ha condotto una battaglia tenace e collettiva, assumendo un ruolo cardine in questo percorso, unitamente a tante altre organizzazioni e movimenti che hanno percepito la gravità di questa legge.
Con tantissimi sindaci di tutta Italia ci siamo battuti in lungo e in largo sgomberando il campo dalla sterile polemica nord/sud e puntando sul merito delle competenze regionali, sulle dotazioni economiche, sulla urgenza di salvaguardare il principio di uniformità territoriale in merito ad alcuni ambiti.
Ben 4 regioni (Puglia, Toscana, Campania e Sardegna) hanno presentato ricorso avverso questo scempio costituzionale. Ecco arrivare l'accoglimento parziale della Corte su diverse doglianze: 7 parti della Legge vengono dichiarate illegittime facendo cadere di fatto l'intero impianto. Sono le parti salienti, quelle riguardanti l'attribuzione delle competenze alle Regioni e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep).
Il Parlamento è ora chiamato ad intervenire per sanare la situazione; ciò che è dichiarato illegittimo non è piú in vigore, quindi la legge è monca.
In attesa del deposito della sentenza della Corte Costituzionale, confidiamo sin da subito in un briciolo di buon senso e sana umiltà, che non guasterebbe, facendo tornare sui propri passi chi si è ostinato a non ascoltare un intero Paese in subbuglio.
In caso contrario, procederemo la nostra convinta azione per salvare l'Italia dal pericolo della sua disgregazione.
Auspichiamo, altresì, che non si sollevi il solito coro sulla magistratura politicizzata, ritornello abusato da chi vuole spostare l'attenzione da un tema tanto importante quanto sensibile, per giunta in un momento delicatissimo per il Paese, gettando discredito su chi autorevolmente svolge il proprio compito istituzionale».
«Lo avevamo detto sin da subito che l'autonomia differenziata di Calderoli e del governo Meloni era solo un pericoloso disegno spacca Italia, con il preciso intento di accentuare le differenze tra nord e sud indebolendo il Paese intero. Abbiamo provato a dialogare in tutti i modi ma l'arroganza di questo centro destra non ha dato spazio all'ascolto e alla revisione dell'intero impianto.
Sentendo forte il rischio di una legge che irrimediabilmente avrebbe danneggiato il Paese, svilito la sua vocazione unitaria e impoverito alcune aree rafforzandone oltremodo altre, abbiamo organizzato comitati e avviato campagna di informazione capillare, giungendo a depositare i quesiti referendari intorno ai quali si è mobilitata una gran parte del Paese. ALI ha condotto una battaglia tenace e collettiva, assumendo un ruolo cardine in questo percorso, unitamente a tante altre organizzazioni e movimenti che hanno percepito la gravità di questa legge.
Con tantissimi sindaci di tutta Italia ci siamo battuti in lungo e in largo sgomberando il campo dalla sterile polemica nord/sud e puntando sul merito delle competenze regionali, sulle dotazioni economiche, sulla urgenza di salvaguardare il principio di uniformità territoriale in merito ad alcuni ambiti.
Ben 4 regioni (Puglia, Toscana, Campania e Sardegna) hanno presentato ricorso avverso questo scempio costituzionale. Ecco arrivare l'accoglimento parziale della Corte su diverse doglianze: 7 parti della Legge vengono dichiarate illegittime facendo cadere di fatto l'intero impianto. Sono le parti salienti, quelle riguardanti l'attribuzione delle competenze alle Regioni e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep).
Il Parlamento è ora chiamato ad intervenire per sanare la situazione; ciò che è dichiarato illegittimo non è piú in vigore, quindi la legge è monca.
In attesa del deposito della sentenza della Corte Costituzionale, confidiamo sin da subito in un briciolo di buon senso e sana umiltà, che non guasterebbe, facendo tornare sui propri passi chi si è ostinato a non ascoltare un intero Paese in subbuglio.
In caso contrario, procederemo la nostra convinta azione per salvare l'Italia dal pericolo della sua disgregazione.
Auspichiamo, altresì, che non si sollevi il solito coro sulla magistratura politicizzata, ritornello abusato da chi vuole spostare l'attenzione da un tema tanto importante quanto sensibile, per giunta in un momento delicatissimo per il Paese, gettando discredito su chi autorevolmente svolge il proprio compito istituzionale».