È ancora polemica sulla legge contro l'omofobia: educazione alle differenze o indottrinamento?

Generazione Famiglia continua la promozione di una petizione per bloccarlo

mercoledì 17 ottobre 2018 9.58
A cura di Sara Suriano
Continua a far polemica la legge "Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale o dell'identità di genere", approvata dalla Giunta Emiliano nel novembre 2017.

A fare propaganda contro il ddl erano state le associazioni Pro Vita e Generazione Famiglia, la quale si è impegnata (e tutt'ora continua) nella promozione della petizione "No alla propaganda gender nelle scuole".

Nel testo della petizione si legge: "La proposta di Emiliano è stata scritta consultando solo esponenti delle associazioni LGBT, escludendo del tutto associazioni che rappresentano famiglie, genitori e categorie sociali, cioè chi sarà investito dai suoi effetti, se approvata".

Tuttavia, ciò risulta falso alla luce dell'art. 3, che stabilisce "il sostengono ad attività di formazione e aggiornamento per gli insegnanti e per tutto il personale scolastico in materia di contrasto degli stereotipi di genere e di prevenzione del bullismo motivato dall'orientamento sessuale, dall'identità di genere o da una condizione intersessuale" e aggiunge che tali attività "sono rivolte anche a favore di genitori e studenti".

La petizione parla inoltre di "indottrinamento scolastico" e "colonizzazione ideologica", citando le parole si Papa Francesco, e di "provvedimento liberticida". Ricordando che l'articolo 7 della Costituzione sancisce la separazione tra Stato e Chiesa, va precisato che l'articolo 8 della legge, in merito alla comunicazione e all'informazione, si impegna semplicemente a "rilevare [...] contenuti discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta" e "garantire adeguati spazi di informazione e di espressione in ordine alla trattazione delle tematiche" della legge".

Il provvedimento pugliese di tutela delle diversità, giunge all'indomani delle leggi già adottate dalla Toscana (L.R. 15 novembre 2004, n. 63), in Liguria (L.R. 10 novembre 2009, n. 52), in Piemonte (L.R. 23 marzo 2016, n. 5), in Umbria (L.R 11 aprile 2017, n.3), Emilia Romagna (L.R. 22 dicembre 2009, n. 24, art. 48) e alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che annovera tra le violenze anche anche l'obiezione di coscienza.

"Temi quasi sempre di natura prettamente politica e ideologica introdotti forzatamente nelle classi dei figli dei pugliesi contro l'opinione comune dei cittadini", continua il testo della petizione che, comunque, ha raccolto poco più di 6 mila firme dal novembre 2017.

Abbiamo chiesto un confronto al presidente Arcigay Bat, Luciano Lopopolo, che così si è espresso in merito alle citate contestazioni: "I progetti di educazione alle differenze sono finalizzati alla prevenzione dei fenomeni di violenza e bullismo nelle scuole. La mancata educazione a percepire e valorizzare la specificità dell'altro e dell'altra nelle differenze individuali produce fenomeni sociali di preoccupante rilevanza dalla violenza di genere alle varie forme di discriminazione e marginalizzazione. In questo contesto si colloca il lavoro che le associazioni come Arcigay fanno per prevenire le forme di bullismo per orientamento sessuale e identità di genere. Il fenomeno della violenza è fortemente sottostimato e non può essere esclusivamente legato alle statistiche di denuncia soprattutto nel caso di omofobia e transfobia in cui la denuncia presuppone un coming out che soprattutto in età scolare non è detto che sia sempre possibile agli studenti. Pertanto è urgente intervenire con contenuti e processi specifici nel mondo della scuola sia rispetto ai docenti che agli studenti ed alle loro famiglie per fornire elementi che consentano di arginare la portata socialmente distruttiva che la violenza sta assumendo come cifra caratteristica del mondo contemporaneo".

A comprova di tale insopportabile situazione, l'ISTAT ha rilevato (nel 2011, diffusione dei dati maggio 2012) che il 61,3% dei cittadini tra i 18 e i 74 anni ritiene che in Italia le persone omosessuali siano molto o abbastanza discriminate e che 1'80,3% ritiene che identica discriminazione colpisca le persone transessuali. Dal punto di vista della sensibilità, dai dati ISTAT si rileva che la condanna sociale dei comportamenti discriminatori appare molto diffusa: il 73% è in totale disaccordo con il fatto che non si assuma una persona per motivi legati all'orientamento sessuale o all'identità di genere ovvero non si affitti un immobile per lo stesso motivo.