Alunni in presenza? Il punto di vista del Comitato Genitori Andriesi
La pandemia in atto ha limitato per tante famiglie andriesi quella socialità, necessaria per tutte le giovani generazioni
mercoledì 17 marzo 2021
Alunni in presenza? E' l'inizio della lettera aperta del Comitato Genitori Andriesi, che attraverso la sua rappresentante, la Sig.ra Rosa Di Candia, ci porta ad alcune rilevanti questioni, purtroppo drammaticamente emerse in questo frangente, legato alla terza ondata del covid 19.
«La pandemia da COV-SARS 19 tra gli innumerevoli stravolgimenti a cui ha sottoposto la nostra società civile ha messo nel vocabolario e linguaggio corrente termini che fino a poco più di un anno addietro erano ai più, se non agli addetti ai lavori, sconosciuti.
Se qualcuno ci avesse chiesto "cos'è una FFP2?" con ogni probabilità saremmo scoppiati a ridere.
Ora tutti, anziani, adulti e bambini anche in tenera età sanno cos'è una FFP2 e non suscita affatto ilarità.
La tragedia causata dal diffondersi del virus, la più grave dalla fine della seconda guerra mondiale, ha intaccato pressoché ogni aspetto del tessuto sociale. Basti pensare ai danni subiti da tutte le categorie produttive, in primis, le partite I.V.A.
Ovviamente non poteva essere risparmiata la scuola. L'elemento che alla pari della singola famiglia rappresenta la base di ogni società civile. E' lo strumento che forma le future generazioni di lavoratori, professionisti e classe dirigente in piena parità, fornendo uguali mezzi, indipendentemente dal ruolo che ognuno andrà a ricoprire nel suo futuro. La scuola è un diritto ed un dovere sancito dalla nostra suprema Carta Costituzionale. La scuola è istruzione. E cos'è l'istruzione se dovessimo rappresentarla in modo figurativo? A noi piace immaginare che l'istruzione sia una catena composta da tanti anelli. Il primo è il sorriso dell'insegnante di scuola dell'infanzia (che mai dimenticheremo) il primo giorno che col grembiulino teniamo in una mano quella di mamma o papà e nell'altra il cestino. L'ultimo è quello del giorno della consegna del diploma al termine degli studi o, per chi decidesse di continuare, quello del conseguimento della laurea con l'apposizione sul capo della corona d'alloro. In quale modo la pandemia si interpone in questa catena? Rischia di spezzarla? La risposta purtroppo è affermativa! Abbiamo detto in apertura che giocoforza abbiamo dovuto prendere confidenza con sigle prima del tutto sconosciute, ma che ahinoi! col tempo, sono divenute familiari. Per la scuola abbiamo imparato a conoscere il termine DAD (acronimo di Didattica a distanza). Essa si sostanzia nella lezione di classe che non avviene in presenza ma da remoto (l'insegnante da sola a scuola o da casa sua e ciascun alunno o studente altrettanto tramite linea internet davanti un monitor). La DAD ha salvato l'anno scolastico precedente. La tecnologia ci è venuta in aiuto e questo è fuor di dubbio. Ma ad oltre un anno di distanza la DAD poi divenuta DID (didattica integrata) e poi ancora oggi DAD, a cui si sono aggiunte altre sigle sulle quali non occorre soffermarsi, continua ad essere indispensabile? O al contrario a lungo termine può creare danni? Anche in questo caso la risposta è affermativa. La DAD è necessaria per un breve periodo, ma poi crea scompensi i quali se, nei minori prossimi alla maggiore età con una formazione mentale quasi completa ed in confidenza con le intelligenze artificiali, sono minimi, in quelli in tenera età possono diventare devastanti. Questo perché la scuola non è solo mera somministrazione di nozioni, ma è anche socialità. Gli scolari, gli studenti hanno bisogno del contatto in presenza sia coi loro insegnanti che coi propri compagni di classe. E' quello il momento in cui si forma la loro personalità. Fin quanto detto può sembrare del tutto ovvio. Infatti lo è!
Come è anche fuori da ogni discussione che tali danni sono ancor più incisivi in minori soprattutto in tenera età "diversamente abili" o che necessitino di bisogni educativi speciali.
Tralasciando tutto quanto appartiene al passato recente dal primo DPCM del Governo Conte (anche in quel caso imparammo una nuova parola "lockdown") fino alle ultime Ordinanze regionali, in quale modo le istituzioni stanno affrontando quest'ulteriore e si spera ultima ondata di contagi nell'attesa che il piano di vaccinazioni sia completato per quel che riguarda la scuola?
Il Governo centrale col DPCM dello scorso 2 Marzo a firma Draghi, affronta l'argomento all'art. 43.
Viene reintrodotta la DAD per ogni scuola di ordine a grado ad eccezione di soggetti "diversamente abili" o con Bisogni educativi speciali i quali potranno seguire le lezioni in presenza, da soli col proprio insegnante di turno, e ciò affinchè "si realizzi l'effettiva inclusione scolastica".
Ora provate ad immaginare un minore in tenera età che si trovi in un'aula vuota alla presenza del suo insegnante il quale, pur con tutte le amorevoli cure possibili, e su questo non si discute, dovendo badare a lui ed ai suoi compagni da remoto, come possa sentirsi. Possiamo parlare di inclusione? Crediamo proprio di no! Al massimo è il contrario! E' esclusione! Neanche Maria Montessori e Gianni Rodari, ove fossero in vita, riuscirebbero a trovare parole giuste per spiegare a quel bambino perché è lì da solo, mentre i suoi compagni sono collegati da casa. Sentirebbe ancor più il peso della sua "diversa abilità" o del suo bisogno educativo speciale.
Ma questo non danneggia soltanto lui, bensì anche i suoi compagni per i motivi prima rappresentati.
Visto con gli occhi del Governo, è un atto dovuto! Non si poteva fare altrimenti.
Invece no! Perché di fronte a richieste di chiarimenti ci sono stati funzionari del MIUR, ai quali vorremmo stringere la mano ed abbracciarli virtualmente per l'onestà intellettuale e coraggio dimostrati, che con Nota ministeriale N.662 del 12.03.2021, forse perché consapevoli del vuoto pedagogico di cui è affetto l'art. 43 DPCM 02.3021, hanno tentato di ampliarne il contenuto lasciando alle singole istituzioni scolastiche la valutazione, fatta salva l'autonomia scolastica, al fine di rendere effettiva l'inclusione (questa volta sì) dei soggetti "diversamente abili o con bisogni educativi speciali, di permettere "a turno" l'ingresso in aula, dunque in presenza, di altri alunni nel numero consentito eliminando alcun rischio di contagio, i cui genitori ne facciano richiesta.
Nulla di più semplice. Da una parte si mitiga il disagio dei soggetti diversamente abili o con bisogni educativi speciali e dall'altra quello degli altri componenti della classe, i quali a turno possono essere presenti in aula nel numero consentito in totale sicurezza.
Si sa però che i provvedimenti normativi rimangono provvedimenti normativi e le note ministeriali rimangono note ministeriali. Queste ultime non hanno potere dispositivo. Sono comunicazioni interne tra organi appartenenti allo stesso ramo della pubblica amministrazione di riferimento finalizzate a porre una linea di interpretazione e di indirizzo amministrativo, ma null'altro. Possono essere disattese. Non sono vincolanti.
Orbene cos'hanno deciso le istituzioni scolastiche della Città di Andria?
Sembrerebbe (il condizionale è d'obbligo) almeno per quello che a questo Comitato è dato sapere da notizie ed informazioni frammentarie che, dopo la giornata di necessaria riflessione e ricognizione interna di ieri lunedì 15, alla spicciolata, i vari plessi si stiano adeguando alla linea interpretativa della già citata Nota ministeriale 662 del 12.03.u.s.
Questo non può che farci piacere. Ce ne farebbe molto di più se all'unanimità tutti gli altri continuassero su questo trand.
Inutile dire che questo Comitato spontaneo di genitori, nel porgere i propri rispetti e riconoscenza nei riguardi del personale scolastico tutto: dirigenti; insegnanti; docenti; personale amministrativo di segreteria ed ATA, è disponibile ad ogni leale, e costruttivo confronto, infine pronto a fornire ogni chiarimento.
L'anello più importante della catena a cui abbiamo paragonato l'istruzione non saranno certamente le scuole di Andria ed i genitori dei loro alunni e studenti a farlo mancare. Anzi lo rafforzeranno», conclude la lunga lettera del Direttivo del Comitato Genitori Andriesi.
«La pandemia da COV-SARS 19 tra gli innumerevoli stravolgimenti a cui ha sottoposto la nostra società civile ha messo nel vocabolario e linguaggio corrente termini che fino a poco più di un anno addietro erano ai più, se non agli addetti ai lavori, sconosciuti.
Se qualcuno ci avesse chiesto "cos'è una FFP2?" con ogni probabilità saremmo scoppiati a ridere.
Ora tutti, anziani, adulti e bambini anche in tenera età sanno cos'è una FFP2 e non suscita affatto ilarità.
La tragedia causata dal diffondersi del virus, la più grave dalla fine della seconda guerra mondiale, ha intaccato pressoché ogni aspetto del tessuto sociale. Basti pensare ai danni subiti da tutte le categorie produttive, in primis, le partite I.V.A.
Ovviamente non poteva essere risparmiata la scuola. L'elemento che alla pari della singola famiglia rappresenta la base di ogni società civile. E' lo strumento che forma le future generazioni di lavoratori, professionisti e classe dirigente in piena parità, fornendo uguali mezzi, indipendentemente dal ruolo che ognuno andrà a ricoprire nel suo futuro. La scuola è un diritto ed un dovere sancito dalla nostra suprema Carta Costituzionale. La scuola è istruzione. E cos'è l'istruzione se dovessimo rappresentarla in modo figurativo? A noi piace immaginare che l'istruzione sia una catena composta da tanti anelli. Il primo è il sorriso dell'insegnante di scuola dell'infanzia (che mai dimenticheremo) il primo giorno che col grembiulino teniamo in una mano quella di mamma o papà e nell'altra il cestino. L'ultimo è quello del giorno della consegna del diploma al termine degli studi o, per chi decidesse di continuare, quello del conseguimento della laurea con l'apposizione sul capo della corona d'alloro. In quale modo la pandemia si interpone in questa catena? Rischia di spezzarla? La risposta purtroppo è affermativa! Abbiamo detto in apertura che giocoforza abbiamo dovuto prendere confidenza con sigle prima del tutto sconosciute, ma che ahinoi! col tempo, sono divenute familiari. Per la scuola abbiamo imparato a conoscere il termine DAD (acronimo di Didattica a distanza). Essa si sostanzia nella lezione di classe che non avviene in presenza ma da remoto (l'insegnante da sola a scuola o da casa sua e ciascun alunno o studente altrettanto tramite linea internet davanti un monitor). La DAD ha salvato l'anno scolastico precedente. La tecnologia ci è venuta in aiuto e questo è fuor di dubbio. Ma ad oltre un anno di distanza la DAD poi divenuta DID (didattica integrata) e poi ancora oggi DAD, a cui si sono aggiunte altre sigle sulle quali non occorre soffermarsi, continua ad essere indispensabile? O al contrario a lungo termine può creare danni? Anche in questo caso la risposta è affermativa. La DAD è necessaria per un breve periodo, ma poi crea scompensi i quali se, nei minori prossimi alla maggiore età con una formazione mentale quasi completa ed in confidenza con le intelligenze artificiali, sono minimi, in quelli in tenera età possono diventare devastanti. Questo perché la scuola non è solo mera somministrazione di nozioni, ma è anche socialità. Gli scolari, gli studenti hanno bisogno del contatto in presenza sia coi loro insegnanti che coi propri compagni di classe. E' quello il momento in cui si forma la loro personalità. Fin quanto detto può sembrare del tutto ovvio. Infatti lo è!
Come è anche fuori da ogni discussione che tali danni sono ancor più incisivi in minori soprattutto in tenera età "diversamente abili" o che necessitino di bisogni educativi speciali.
Tralasciando tutto quanto appartiene al passato recente dal primo DPCM del Governo Conte (anche in quel caso imparammo una nuova parola "lockdown") fino alle ultime Ordinanze regionali, in quale modo le istituzioni stanno affrontando quest'ulteriore e si spera ultima ondata di contagi nell'attesa che il piano di vaccinazioni sia completato per quel che riguarda la scuola?
Il Governo centrale col DPCM dello scorso 2 Marzo a firma Draghi, affronta l'argomento all'art. 43.
Viene reintrodotta la DAD per ogni scuola di ordine a grado ad eccezione di soggetti "diversamente abili" o con Bisogni educativi speciali i quali potranno seguire le lezioni in presenza, da soli col proprio insegnante di turno, e ciò affinchè "si realizzi l'effettiva inclusione scolastica".
Ora provate ad immaginare un minore in tenera età che si trovi in un'aula vuota alla presenza del suo insegnante il quale, pur con tutte le amorevoli cure possibili, e su questo non si discute, dovendo badare a lui ed ai suoi compagni da remoto, come possa sentirsi. Possiamo parlare di inclusione? Crediamo proprio di no! Al massimo è il contrario! E' esclusione! Neanche Maria Montessori e Gianni Rodari, ove fossero in vita, riuscirebbero a trovare parole giuste per spiegare a quel bambino perché è lì da solo, mentre i suoi compagni sono collegati da casa. Sentirebbe ancor più il peso della sua "diversa abilità" o del suo bisogno educativo speciale.
Ma questo non danneggia soltanto lui, bensì anche i suoi compagni per i motivi prima rappresentati.
Visto con gli occhi del Governo, è un atto dovuto! Non si poteva fare altrimenti.
Invece no! Perché di fronte a richieste di chiarimenti ci sono stati funzionari del MIUR, ai quali vorremmo stringere la mano ed abbracciarli virtualmente per l'onestà intellettuale e coraggio dimostrati, che con Nota ministeriale N.662 del 12.03.2021, forse perché consapevoli del vuoto pedagogico di cui è affetto l'art. 43 DPCM 02.3021, hanno tentato di ampliarne il contenuto lasciando alle singole istituzioni scolastiche la valutazione, fatta salva l'autonomia scolastica, al fine di rendere effettiva l'inclusione (questa volta sì) dei soggetti "diversamente abili o con bisogni educativi speciali, di permettere "a turno" l'ingresso in aula, dunque in presenza, di altri alunni nel numero consentito eliminando alcun rischio di contagio, i cui genitori ne facciano richiesta.
Nulla di più semplice. Da una parte si mitiga il disagio dei soggetti diversamente abili o con bisogni educativi speciali e dall'altra quello degli altri componenti della classe, i quali a turno possono essere presenti in aula nel numero consentito in totale sicurezza.
Si sa però che i provvedimenti normativi rimangono provvedimenti normativi e le note ministeriali rimangono note ministeriali. Queste ultime non hanno potere dispositivo. Sono comunicazioni interne tra organi appartenenti allo stesso ramo della pubblica amministrazione di riferimento finalizzate a porre una linea di interpretazione e di indirizzo amministrativo, ma null'altro. Possono essere disattese. Non sono vincolanti.
Orbene cos'hanno deciso le istituzioni scolastiche della Città di Andria?
Sembrerebbe (il condizionale è d'obbligo) almeno per quello che a questo Comitato è dato sapere da notizie ed informazioni frammentarie che, dopo la giornata di necessaria riflessione e ricognizione interna di ieri lunedì 15, alla spicciolata, i vari plessi si stiano adeguando alla linea interpretativa della già citata Nota ministeriale 662 del 12.03.u.s.
Questo non può che farci piacere. Ce ne farebbe molto di più se all'unanimità tutti gli altri continuassero su questo trand.
Inutile dire che questo Comitato spontaneo di genitori, nel porgere i propri rispetti e riconoscenza nei riguardi del personale scolastico tutto: dirigenti; insegnanti; docenti; personale amministrativo di segreteria ed ATA, è disponibile ad ogni leale, e costruttivo confronto, infine pronto a fornire ogni chiarimento.
L'anello più importante della catena a cui abbiamo paragonato l'istruzione non saranno certamente le scuole di Andria ed i genitori dei loro alunni e studenti a farlo mancare. Anzi lo rafforzeranno», conclude la lunga lettera del Direttivo del Comitato Genitori Andriesi.