Ad Andria la Giornata Internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra
Protagonisti gli studenti del Liceo classico e i bambini delle scuole elementari che hanno portato le loro riflessioni sulla guerra e l'ambiente
lunedì 6 novembre 2023
12.46
L'aggravarsi dei conflitti in varie parti del Pianeta hanno indotto l'Amministrazione Comunale a scegliere di accorpare la Festa delle Forze Armate (del 4 novembre) alla Giornata Internazionale delle Nazioni Unite per la prevenzione dello sfruttamento dell'ambiente in situazioni di guerra e di conflitto armato, istituzionalmente fissata dall'ONU per il giorno 6 novembre.
L'iniziativa combinata, si propone di sensibilizzare la collettività sul significato della Festa dell'Unità Nazionale ma anche sugli effetti dannosi prodotti dalle varie guerre sull'ambiente.
Non può esistere una pace duratura se vengono distrutte le risorse naturali e gli ecosistemi sui quali si basano i mezzi di sussistenza delle popolazioni.
Su questi aspetti, si è fatto un percorso di approfondimento e di coinvolgimento degli studenti, per tentare di renderli sempre più protagonisti consapevoli delle celebrazioni e/o festività a cui vengono chiamati ad assistere, condividendole nello spirito e nel significato più ampio.
Davanti al Monumento ai Caduti ha preso il via la manifestazione con la deposizione di una corona di alloro ai caduti di tutte le guerre; protagonisti gli studenti delle scuole primarie e del Liceo Classico per un momento di riflessione a cura delle istituzioni scolastiche cittadine; poi la preghiera commemorativa e di benedizione di tutte le vittime di guerra.
La conclusione è stata affidata alla Sindaca avv. Giovanna Bruno.
"In una guerra ci sono molte cose che possono accadere. Prima fra tutte, che l'ambiente e le persone finiscano sotto il maglio della speculazione ordita dalle potenze dell'economia mondiale.
E' quanto accade puntualmente, per esempio, nel continente africano, soprattutto negli ultimi periodi della contemporaneità.
Ma noi sperimentiamo pure che questo accade a due passi da casa nostra. A pochi chilometri dal confine europeo, infatti, nella vicina Ucraina, ancora tutta dentro il conflitto con la Russia che qualcuno aveva sin da subito annunciato sarebbe stato lungo e di difficile soluzione, l'industria dell'armamento ha eretto le proprie roccaforti dietro le legittime rimostranze di un popolo ex sovietico apparentemente allo stremo, che ha scelto in tempi oramai distanti la propria indipendenza dalla grande famiglia dell'ex URSS.
Non conta immaginare che dietro i bisogni bellici di una nazione possano essere stati celati anche i legittimi interessi dei popoli.
Nella nostra Costituzione, scritta col sangue e la fatica degli statisti che l'hanno pensata, vibra un profondo e deciso "NO" alla guerra, un "NO" che non ammette deroga alcuna. Un "NO" al quale anche la nostra politica dovrà finalmente decidere di adeguarsi, smettendo di rimpinguare armamenti, di variare i bilanci dello Stato per destinare più risorse alle azioni militari. Altrimenti quel "NO" della Costituzione darà sempre più l'idea di essere inteso come locuzione di circostanza, valido per tutte le età e le stagioni, ma mai realmente attuato.
Qui mi rivolgo a voi, cari studenti, augurandomi siate le nuove leve della politica locale e nazionale: non piegatevi mai alla logica delle cose che si dicono e non si fanno. Siate intransigenti sui valori essenziali del vivere civile: NO alla guerra significa solo e soltanto NO alle armi, agli eserciti, alle alleanze per fini militari. NO alla guerra significa solo e soltanto essere donne e uomini di pace, di dialogo, dimediazione, di ascolto, di equilibrio.
Poi arriva il momento di fare i conti con il dramma dei drammi, ovvero l'interminabile guerra tra Israele e Palestina che si è arricchita di un ultimo,
devastante capitolo andato in stampa. Col fragore delle mitragliatrici, è proseguito sotto il fuoco incessante delle bombe.
C'è chi parla di un nuovo fronte europeo; chi invece invoca un sostegno senza quartiere, nonostante le forze della ragione in campo siano evidentemente sbilanciate e, nel caso palestinese, coperte dal frastuono delle rappresaglie di Hamas.
Tace il buon senso, in un momento in cui la guerra si pone sempre più chiaramente come la fine di ogni umana ragionevolezza.
La raccomandazione del Santo Padre Francesco, che invoca il rispetto dell'ambiente in ogni tempo, come prima arma di pace vera e duratura tra i popoli, è stata ancora una volta disattesa in nome di principi che appaiono legittimi solo a chi invoca la ragione delle armi.
Noi italiani ne sappiamo di più, però.
Noi che abbiamo visto attraverso la cinematografia il dramma della Grande Guerra, l'annientamento umano di Sant'Anna di Stazzema, la bestialità delle Fosse
Ardeatine, la resistenza eroica dei militari internati e la resistenza civile sulle nostre montagne; noi, che i nostri padri quelle pagine le hanno vissute sulla pelle, noi...abbiamo il diritto di alzare la voce ed invocare lo scoppio della pace.
Un rumore perentorio, un grosso boato che copra questa confusione di fondo, un'arma di distrazione di massa che si serve dei mezzi di comunicazione come fosse la cosa più normale, in un momento in cui nulla è normale.
Gridiamo con forza il nostro NO alla guerra; NO definitivo e senza condizioni. Ne abbiamo bisogno come il pane. Come il Pianeta di un ambiente sano. Come una madre di non seppellire il proprio figlio. Come una moglie di veder tornare il proprio marito alla quiete domestica. NO alla guerra, ad ogni guerra. Ne abbiamo bisogno per tornare ad essere umani. Finalmente "umani".
Ecco un frammento video del suo discorso
"In una guerra ci sono molte cose che possono accadere. Prima fra tutte, che l'ambiente e le persone finiscano sotto il maglio della speculazione ordita dalle potenze dell'economia mondiale.
E' quanto accade puntualmente, per esempio, nel continente africano, soprattutto negli ultimi periodi della contemporaneità.
Ma noi sperimentiamo pure che questo accade a due passi da casa nostra. A pochi chilometri dal confine europeo, infatti, nella vicina Ucraina, ancora tutta dentro il conflitto con la Russia che qualcuno aveva sin da subito annunciato sarebbe stato lungo e di difficile soluzione, l'industria dell'armamento ha eretto le proprie roccaforti dietro le legittime rimostranze di un popolo ex sovietico apparentemente allo stremo, che ha scelto in tempi oramai distanti la propria indipendenza dalla grande famiglia dell'ex URSS.
Non conta immaginare che dietro i bisogni bellici di una nazione possano essere stati celati anche i legittimi interessi dei popoli.
Nella nostra Costituzione, scritta col sangue e la fatica degli statisti che l'hanno pensata, vibra un profondo e deciso "NO" alla guerra, un "NO" che non ammette deroga alcuna. Un "NO" al quale anche la nostra politica dovrà finalmente decidere di adeguarsi, smettendo di rimpinguare armamenti, di variare i bilanci dello Stato per destinare più risorse alle azioni militari. Altrimenti quel "NO" della Costituzione darà sempre più l'idea di essere inteso come locuzione di circostanza, valido per tutte le età e le stagioni, ma mai realmente attuato.
Qui mi rivolgo a voi, cari studenti, augurandomi siate le nuove leve della politica locale e nazionale: non piegatevi mai alla logica delle cose che si dicono e non si fanno. Siate intransigenti sui valori essenziali del vivere civile: NO alla guerra significa solo e soltanto NO alle armi, agli eserciti, alle alleanze per fini militari. NO alla guerra significa solo e soltanto essere donne e uomini di pace, di dialogo, dimediazione, di ascolto, di equilibrio.
Poi arriva il momento di fare i conti con il dramma dei drammi, ovvero l'interminabile guerra tra Israele e Palestina che si è arricchita di un ultimo,
devastante capitolo andato in stampa. Col fragore delle mitragliatrici, è proseguito sotto il fuoco incessante delle bombe.
C'è chi parla di un nuovo fronte europeo; chi invece invoca un sostegno senza quartiere, nonostante le forze della ragione in campo siano evidentemente sbilanciate e, nel caso palestinese, coperte dal frastuono delle rappresaglie di Hamas.
Tace il buon senso, in un momento in cui la guerra si pone sempre più chiaramente come la fine di ogni umana ragionevolezza.
La raccomandazione del Santo Padre Francesco, che invoca il rispetto dell'ambiente in ogni tempo, come prima arma di pace vera e duratura tra i popoli, è stata ancora una volta disattesa in nome di principi che appaiono legittimi solo a chi invoca la ragione delle armi.
Noi italiani ne sappiamo di più, però.
Noi che abbiamo visto attraverso la cinematografia il dramma della Grande Guerra, l'annientamento umano di Sant'Anna di Stazzema, la bestialità delle Fosse
Ardeatine, la resistenza eroica dei militari internati e la resistenza civile sulle nostre montagne; noi, che i nostri padri quelle pagine le hanno vissute sulla pelle, noi...abbiamo il diritto di alzare la voce ed invocare lo scoppio della pace.
Un rumore perentorio, un grosso boato che copra questa confusione di fondo, un'arma di distrazione di massa che si serve dei mezzi di comunicazione come fosse la cosa più normale, in un momento in cui nulla è normale.
Gridiamo con forza il nostro NO alla guerra; NO definitivo e senza condizioni. Ne abbiamo bisogno come il pane. Come il Pianeta di un ambiente sano. Come una madre di non seppellire il proprio figlio. Come una moglie di veder tornare il proprio marito alla quiete domestica. NO alla guerra, ad ogni guerra. Ne abbiamo bisogno per tornare ad essere umani. Finalmente "umani".
Ecco un frammento video del suo discorso