A sessant’anni dal Concilio, un anelito all’unità

Riflessione di Gennaro Piccolo, referente del centro Igino Giordani di Andria

lunedì 10 ottobre 2022
E' forse l'anniversario più importante di quest'anno: il sessantesimo dall'apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, l'11 ottobre 1962. A partire da quell'evento ebbe inizio una nuova epoca della Chiesa e perciò dell'umanità. Durante il suo svolgimento Paolo VI – quasi a simboleggiare il ritorno alle origini – si recò, primo papa, in Terra Santa, dove era nato il Vangelo. "Rivoluzione, lampo nella notte, fiamma…, ma anche Concilio dei laici, atto d'amore verso Dio, verso la Chiesa, verso l'umanità": così papa Paolo VI definiva quell'esperienza. Allora, come oggi, "quella fiamma vampa ancora in un'ora di suprema desolazione: il Getsemani dell'umanità", direbbe Igino Giordani.

Con il Concilio la Chiesa demolì tante pareti divisorie e si ripresentò al mondo nella sua genuina semplicità e povertà agli uomini e donne che, lieti, rividero la Madre! Grazie al Concilio, religiosi, suore di clausura, sacerdoti e, soprattutto laici, tutti ritrovarono la loro dignità, ricompresi nell'unica comunità di fratelli, con nel cuore un supplemento di aspirazione alla santità individuale e collettiva. Un moto di gioia ci attraversa nel constatare che oggi, come allora, soprattutto i laici sono incoraggiati ad "uscire" dai propri recinti e andare a cercare i fratelli, a cercare il mondo, come – del resto – fece Gesù, che usciva in piazza, parlava, curava piaghe. Questo anniversario ci porti a sperimentare l'adamantina certezza che "la Chiesa è fatta per l'umanità, fatta per accompagnarne la marcia, pur tra crolli e disorientamenti, verso un progresso di civiltà che è progresso della carità, nella carità" (Aldous Huxley).

Scriveva profeticamente il Servo di Dio Igino Giordani: "Rinasce, in dimensioni cosmiche l'anelito all'unità, nonostante il pericolo di guerra atomica, con la minaccia di sterminio universale, alimenta la coscienza dell'universale solidarietà. Questa coscienza dell'universale solidarietà, questa grazia che ci fa attuare – in terra prima, in Cielo poi – la fraternità universale, ricostituisce indefinitamente l'unità spirituale della famiglia umana, divenuta – pare – per gli spurghi dell'odio, un serraglio di belve fameliche".

Papa Francesco parla così del Concilio: "Un evento di grazia per la Chiesa e per il mondo, i cui frutti non si sono esauriti e che non è stato ancora interamente compreso, vissuto e applicato", e ne collega la memoria con il Sinodo che la Chiesa sta vivendo oggi: "Dal Concilio Ecumenico Vaticano II abbiamo ricevuto molto. Abbiamo approfondito, ad esempio, l'importanza del popolo di Dio, categoria centrale nei testi conciliari, che ci aiuta a comprendere il fatto che la Chiesa non è un'élite di sacerdoti e consacrati e che ciascun battezzato è un soggetto attivo di evangelizzazione. Non si comprenderebbe il Concilio e nemmeno l'attuale percorso sinodale, se non si mettesse al centro di tutto l'evangelizzazione".

Noi e la Chiesa. Noi nella Chiesa. La Bellezza della Chiesa che include il tempo nell'eternità. Mentre si apre la seconda fase del Sinodo, l'auspicio è che la Chiesa – finalmente – abbia piena consapevolezza degli insegnamenti del Concilio e moltiplichi i suoi frutti. Che non capiti ancora come a quel viandante che moriva di sete mentre aveva a due passi una cisterna!