7 dicembre 1943, un sì per sempre

Riflessione della comunità dei focolarini di Andria

martedì 7 dicembre 2021
«Avevo 19 anni ed una grande sete di Dio», esordisce Chiara Lubich. Ed è così forte questa sua sete che ogni volta che incontra un sacerdote gli chiede: «Mi parli di Dio». Spinta sempre da quella sete intende frequentare l'università cattolica e siccome la sua famiglia non ne ha i mezzi, partecipa ad un concorso per ottenere una borsa di studio, ma per un punto non vi rientra. «Ricordo il pianto che ho fatto, perché credevo che all'università cattolica parlassero di Dio. E ricordo, che in mezzo al pianto, in quel salotto con mia madre, dentro di me ho sentito qualcuno che mi diceva: "Sarò io il tuo Maestro"». Pochi mesi dopo, con il gruppo delle studentesse cattoliche che frequenta, si reca a Loreto, una città del centro Italia dove c'è un grande santuario che custodisce una piccola costruzione che la tradizione sostiene si tratti della casetta di Nazareth dove ha vissuto la Sacra Famiglia.

Chiara racconta che quando è entrata in quella casetta, dentro di lei è successo qualcosa di straordinario. «Sono stata presa da una commozione così grande, così grande, che mi sembrava di essere schiacciata dal divino che contemplavo attorno a me. Perché era così viva in me l'idea che di lì era passato magari Gesù, che quelle mura forse avranno sentito riecheggiare la voce di Maria, il suo canto, Giuseppe, l'Annunciazione, l'Angelo … era così viva questa sensazione che io non facevo che piangere». Un pianto, quello di Chiara, provocato «dal peso del divino che mi schiacciava». Durante quei giorni a Loreto, ella racconta che "appena poteva scappava" per andare alla casetta, avvertendo la forte sensazione che Dio stava aprendo una nuova strada che aveva a che fare con quel luogo e con la Sacra Famiglia che l'abitava.

Il giorno prima di partire, Chiara entra nel Santuario e lo trova pieno di gente. Rimane in fondo alla chiesa ed è in quel momento che nel cuore sente la voce di Dio: «Ti seguirà una schiera di vergini». Con gli anni capirà che sono i prodromi della nuova via che il Signore sta preparando: il focolare. Dopo quattro anni, nel 1943, avviene un altro fatto, semplice ma decisivo: è inverno, a casa sua manca il latte. La mamma chiede alle figlie più piccole di andare a prenderlo, ma fa freddo. Chiara, pur intenta a studiare, coglie l'invito della madre e si offre di andare lei a prendere il latte, come un gesto di carità nei riguardi delle sorelline.

«Lungo la strada – racconta –, sento come se Dio mi dicesse: "Datti tutta a me, datti tutta a me". Mi fermo sorpresa. Vado a prendere il latte, torno a casa, e scrivo una lettera infuocatissima ad un sacerdote», in cui racconta ciò che aveva avvertito nella sua anima. In quel tempo, a chi esprimeva il desiderio di consacrarsi a Dio veniva consigliato di farlo per un certo tempo e di ripeterlo più volte finché il proposito fosse ben certo. In quella lettera Chiara era così determinata e così presa dall'amore di Dio, da convincere il sacerdote ad autorizzarla a consacrarsi subito e per tutta la vita. È il 7 dicembre 1943 quando si reca, sola e di buon mattino, in chiesa, mentre "infuria una grande bufera". «Avevo l'impressione di avere il mondo contro», ricorderà Chiara. E ancora:

«Mi era stato preparato un panchetto vicino all'altare e avevo un messalino in mano piccolino. Mi fanno pronunciare la formula che mi do totalmente a Dio per sempre. Ero talmente felice che non mi rendevo conto neanche di quello che facevo, perché ero giovane. Solo quando ho pronunciata la formula ho avuto l'impressione come se un ponte cadesse dietro di me, che non potevo più tornare indietro perché ormai ero tutta di Dio. E lì è caduta una lacrima sul messalino. Però la felicità era immensa!».

Chiara conclude così il racconto di quel 7 dicembre 1943 che segna la nascita del Movimento dei Focolari: «Sposo Dio, quindi mi aspetto tutto il bene possibile. Sarà una divina avventura. Io sposo Dio! E in seguito abbiamo visto che è stato proprio così».